di Ettore Gad Scandiani
È stato uno Shabbat molto particolare e suggestivo quello di venerdì 21 e sabato 22 ottobre, a Bova Marina, in provincia di Reggio Calabria. Il tutto scaturito e realizzato in 3-4 ore. Chiamata, ricerca di chi poteva “esserci” a costituire un Minian, biglietti e, prima dell’alba di venerdì, partenza.
Uno Shabbat celebrato sui resti di una Sinagoga che risale a 1600 anni fa. Un’emozione indescrivibile poter leggere la Parashà della settimana, una delle ultime del 5776 in concomitanza con la fine di Sukkot, là dove i nostri fratelli del meridione hanno professato la loro fede per diversi secoli fino alla loro scomparsa, con gli editti del 1500. Lasciando però una scia di religiosità e di “appartenenza” tangibile ancor oggi e che piano piano sta riprendendo vigore.
Una scoperta, quella dei resti della Sinagoga, e più in generale della presenza ebraica, che risale ad alcuni anni fa, e riportata alla luce dal Professor Giovanni Iriti, responsabile del Parco Archeologico di Bova e delle zone adiacenti, che ha individuato le pietre che delimitavano spazi privati e comuni della presenza ebraica e non ultima, la stessa Sinagoga. Ha raccolto e catalogato informazioni, creando anche un piccolo Museo al cui interno sono alloggiati resti di mosaici, oggetti, monete, incisioni che raccontano la presenza ebraica. In particolare sono state rinvenute e riconosciute varie tessere di un mosaico che costituiva parte della pavimentazione della Sinagoga, e che rappresentava il Sigillo di Re Salomone, una Menorah e proprio la festa di Sukkot con il Lulav e il cedro, coltivato sulla costa ionica in provincia di Cosenza. E infatti, realizzare una piccola Sukkà è stato il primo impegno a cui siamo stati chiamati, il venerdì nella tarda mattinata, appena arrivati. Dalle spiegazioni che Giovanni ci ha poi dato, abbiamo scoperto che in quei secoli, la Calabria pullulava di piccoli centri ove era riscontrabile la presenza di una forte entità ebraica. Così come si sta sviluppando in tutto il Meridione il “ritorno alle origini”, ora anche Bova Marina ha il suo passato.
La sera poi, recitare Minchà e Arvit sotto il cielo, in riva al mare, con la luce tenue del sole che scendeva alle nostre spalle, ci ha trasportato in una dimensione irreale, fantastica, facendo riemergere dal passato le preghiere e i canti sabbatici che si intonavano diversi secoli fa su quelle coste, estremo lembo della Calabria. Voci e canti che sono poi proseguiti a tavola dopo l’accensione delle candele, il Kiddush, l’Hamotzi, la Birkat Hamazon. Cadenze e nenie con intonazioni romane, a volte milanesi e a volte ladine.
L’anfitrione, il fautore principale dell’evento è stato Haim Roque Pugliese, dottore argentino di nascita ma con antenati calabresi, il quale risiede da tempo nella terra dei suoi avi, e che ha fortemente voluto celebrare lo Shabbat in questa ambientazione. Sotto il suo controllo sono stati realizzati i pranzi strettamente Kasher, a base di pesce, formaggi e verdure, preoccupandosi anche di fornire pentole e tegami di sua proprietà. E non potevano logicamente mancare le Challot, preparate in loco.
Della sua famiglia era anche il Sefer Torà, di oltre 100 anni, sul quale è stata letta sabato mattina la Parashà di Sukkot, a cui è seguita la relativa Aftarah. Particolarmente emozionanti sono state le “chiamate al Sefer” con cui Rav Elyasaf ha voluto gratificare tutti per la nostra presenza e Mizvà, raccogliendoci poi sotto il suo talled per la Birkat Coanim. Molto sentito e carico di significati, anche il Kiddush seguente che è stato recitato in Sukkà alla presenza di circa 25 fedeli.
Haim Roque nell’impresa è stato supportato da diverse persone che abitano nella zona, nipoti e pronipoti di Marrani, le quali sentono ancora oggi una fortissima appartenenza all’ebraismo, ed hanno riempito l’atmosfera di una intensità religiosa che noi siamo generalmente abituati a sentire nelle feste più importanti, e forse di più. Rosh Ha Shanà, Kippur, Hannucha, Pesach … Su tutte le persone che hanno reso possibile questo evento, ci preme ricordare Licia Bevilacqua, Tina Russo, Ivana Pezzoli, Michele D’Angelo e Massimo Misefari che ha detto: “Ringrazio sentitamente ognuno di voi che ha reso possibile la celebrazione di un simile evento, più che impensabile per questi luoghi. Evento della cui importanza e spiritualità, probabilmente, non ci si rende ancora conto”.
Per riuscire a comporre il Minian necessario alle funzioni, Haim Roque ha ricevuto collaborazione dalla Comunità di Roma, nella persona di Rav Umberto Piperno, Capo Rabbino del Sud Italia che fa capo alla Comunità di Napoli, e dalla sua presidente, Lidia Saphirer. Rav Piperno ha fatto intervenire tre bravissimi ragazzi di Roma (David, Daniel e Davide) che hanno poi condotto magistralmente la funzione del Sabato, guidati da Rav Elyasaf Shaer spesso presente nelle varie “entità ebraiche” del meridione. A completare il Minian, oltre ai tre milanesi (Roberto Polacco, Manuel Scandiani e il sottoscritto), “inviati” dall’Assessore al Culto, Sara Modena, vi erano correligionari di Palermo (Joseph), Catania (Carlo) e della Calabria (Igor) e Agazio Fraietta con il suo enorme bagaglio di spiritualità e storicità (suggeriamo di visionare su Facebook, la pagina: ASKENEZ – Ebraismo in Calabria e nel Sud)
La sera, dopo Minchà, Arvit e Havdalah, riuniti ancora a tavola, ci si scambiava i pensieri e le sensazioni di uno storico Shabbat, assieme a tanti nuovi ospiti che si erano aggiunti. Pensieri e sensazioni che ognuno in cuor suo aveva elaborato.
Saluti, foto come da rituale e da amici di lunga data, con l’intento di non perdere i contatti. Tutto ciò perché è potuto accadere? Perché spesso l’Uomo ricorda le proprie origini in modo talmente forte ed emozionale che le difficoltà per riportarle alla luce e diffonderle, spariscono.