di Anna Balestrieri
Aggiornamento: Dopo aver procrastinato il rilascio degli ostaggi previsto per sabato 25 novembre, alla fine della giornata su sollecitazione di Qatar ed Egitto, anche il secondo gruppo di 13 israeliani è stato liberato.
Tredici ostaggi israeliani, detenuti da Hamas a Gaza dal 7 ottobre, sono stati consegnati alla Croce Rossa ed hanno attraversato il confine di Rafah con l’Egitto, per poi essere ricondotti in Israele da Tzahal. Contemporaneamente è stato rilasciato anche un gruppo di 11 cittadini tailandesi ed un filippino. Israele ha rilasciato in cambio 39 detenuti palestinesi. La significativa svolta diplomatica nel conflitto è avvenuta grazie al ruolo giocato dal Qatar e dagli Stati Uniti nella finalizzazione dell’accordo dopo settimane di intensi negoziati. Il rilascio del secondo gruppo, previsto per il pomeriggio del 25 novembre, è stato ritardato da Hamas.
La tregua e il rilascio dei primi 13 ostaggi israeliani
La tregua di quattro giorni tra Israele e Hamas è iniziata venerdì alle 7:00 ora locale (le 8 in Italia), rappresentando la prima cessazione prolungata delle ostilità dopo quasi sette settimane di conflitto. L’IDF ha completato i preparativi per accogliere gli ostaggi: è stato predisposto supporto medico per la prima accoglienza, dopodiché gli ostaggi si sono riuniti alle famiglie negli ospedali. L’IDF sollecita il rispetto della loro privacy, chiede di fare affidamento solo sugli aggiornamenti ufficiali e scoraggia qualsiasi speculazione.
Il viaggio di ritorno dall’Egitto è stato effettuato tramite quattro elicotteri equipaggiati di personale preparato a gestire la delicata missione.
Le identità degli ostaggi rilasciati
Tra i volti più celebri del 7 ottobre spicca quello di Yaffa Adar, 85 anni, rapita da casa sua e portata in trionfo a Gaza su uno scooter per disabili guidato da sette terroristi. Il suo sguardo fiero e impassibile, la compostezza della bisnonna avvolta in una coperta fiorita sono tra le immagini più celebri dell’aberrazione di quel giorno. Adar, sopravvissuta all’Olocausto, ha tre figli, otto nipoti e sette pronipoti. Uno dei suoi nipoti, Tamir Adar, 38 anni, rimane prigioniero a Gaza.
Doron Katz-Asher, 34 anni, e le sue figlie Raz, 4, e Aviv, 2 sono stati rapite mentre visitavano il Kibbutz Nir Oz vicino al confine con Gaza. La madre di Katz-Asher, Efrat Katz, è stata assassinata il 7 ottobre. Il compagno di Efrat, Gadi Mozes, è stato rapito a Gaza insieme alla sua ex moglie, Margalit Mozes.
Daniel Aloni, 44 anni, e sua figlia Emilia, di 5 anni, hanno avuto la stessa sorte e sono finite a Gaza insieme a Sharon, al marito di Sharon, David Konio, e alle figlie gemelle di 3 anni della coppia, Yuly ed Ema. Erano in visita a Nir Oz presso la sorella di Daniel, Sharon Aloni Konio, per celebrare la festa di Simchat Torah.
Keren Munder, 54 anni, e suo figlio Ohad, 9 anni, stavano visitando i suoi genitori, Ruth, 78 anni, e Abraham, nel Kibbutz Nir Oz, quando Ruth, Keren e Ohad sono stati rapiti dai terroristi di Hamas, mentre il fratello di Keren è stato ucciso nell’attacco terroristico.
Hanna Katzir, 76 anni, nata nel Kibbutz Ein Carmel, è una delle fondatrici del Kibbutz Nir Oz, madre di tre figli e nonna di sei. Il figlio Elad è stato rapito, mentre il marito Rami meccanico di trattori, è stato assassinato. È stata maestra nella casa dei bambini del kibbutz. È disabile e necessita di cure mediche.
Adina Moshe, 72 anni, è stata rapita dalla sua casa a Nir Oz. Suo marito, Said (David) Moshe, è stato assassinato.
Margalit Mozes, 78 anni, è stata rapita dalla sua casa nel Kibbutz Nir Oz: l’ex marito Gadi, che viveva nelle vicinanze, è stato rapito e il suo compagno Efrat è stato assassinato.
Channa Peri di 79 anni, è stata rapita dalla sua casa nel Kibbutz Nirim, da cui era immigrata dal Sud Africa da giovane. Ha tre figli: Nadav è stato rapito, Roey è stato assassinato mentre Ayelet, residente nel Kibbutz Yagor, non era a Nirim il giorno del massacro.
Le famiglie degli ostaggi
Le famiglie delle persone detenute a Gaza hanno vissuto e continuano a vivere un intenso viaggio emotivo: delle “montagne russe” secondo il professor Hagai Levine del Forum Hostages and Missing Families. Questo gruppo di volontari, formatosi dopo gli attacchi del 7 ottobre, è responsabile di una campagna mediatica che ha fatto presa sull’opinione pubblica e sul governo. Tra loro i parenti che sono stati informati la sera del 23 novembre che i loro cari sarebbero stati rilasciati l’indomani. Secondo il professor Levine, alcune famiglie affrontano la sfida di assistere al rilascio effettivo dopo un’attesa di sette settimane, mentre altre hanno ricevuto messaggi che indicavano che i loro cari potrebbero non essere liberati. Esprimendo la necessità di un’assistenza personalizzata, soprattutto per i bambini coinvolti, il prof. Levine ha sottolineato la necessità di un’attenzione e di un sostegno personalizzati per queste famiglie. I familiari di coloro che sono stati liberato affermano con forza che la battaglia non sarà vinta fino a che non saranno liberati tutti.
La mediazione per il rilascio degli ostaggi stranieri
Parallelamente ai 13 ostaggi israeliani, sono stati liberati 10 cittadini tailandesi ed un filippino, rapiti il 7 ottobre dalle squadre di Hamas. Ne ha dato comunicazione il primo ministro thailandese Sretthuna Thavisin.
Si crede altri 11 loro connazionali siano rimasti prigionieri di Hamas, mentre 32 sono morti a causa dell’aggressione del 7 ottobre. L’accordo è stato siglato grazie alla mediazione di Egitto, Qatar, Iran e Malesia.
I detenuti palestinesi scarcerati
Le famiglie dei 39 detenuti palestinesi, donne e adolescenti, alcuni condannati per reati vari, accoltellamenti e tentativi di atti terroristici, altri in attesa di giudizio, la cui scarcerazione era parte del patto per la tregua, hanno accolto festosamente i familiari graziati dalla tregua.
Lo stato della guerra
Il capo di stato maggiore dell’IDF Herzi Halevi ha dichiarato che l’esercito tornerà a colpire la Striscia una volta terminata la tregua e che la guerra non finirà fino a che tutti gli ostaggi non saranno tornati a casa. Halevi ha comunicato ai giornalisti che l’IDF utilizzerà la pausa nei combattimenti per “studiare, per preparare meglio le nostre capacità e anche per riposarci un po’. E ritorneremo immediatamente alla fine del cessate il fuoco a manovrare a Gaza per smantellare Hamas”, ha detto.
L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha affermato che oggi a Gaza sono stati scaricati 137 camion di aiuti umanitari e forniture. Si tratta della più grande consegna di rifornimenti dagli attacchi di Hamas contro Israele del 7 ottobre e dagli attacchi israeliani contro Gaza. L’Unrwa ha affermato che a Gaza sono stati consegnati anche 129.000 litri di carburante, richiesto con urgenza per alimentare ospedali e telecomunicazioni.