di Roberto Zadik
Estremista o assassino? Arriva il thriller giudiziario ebraico francese “Il caso Goldman” che racconta le peripezie del controverso militante Pierre Goldman accusato di duplice omicidio nella Francia anni ’70
Pellicola a tinte forti, sospesa fra legal thriller, dramma e meticolosa ricostruzione storica, la nuova pellicola Il Caso Goldman uscirà nelle sale italiane il prossimo 30 maggio e sta già facendo discutere. Diretto dal bravo Cedric Kahn, autore raffinato che fra le sue opere ha realizzato la trasposizione cinematografica del romanzo La Noia di Alberto Moravia, il film si concentra su una vicenda decisamente complessa che sconvolse la Francia e il mondo ebraico transalpino a metà degli anni ’70.
Protagonista della trama è un tipo decisamente sinistro come l’ebreo francese di origine polacca, Pierre Goldman, fratellastro di uno dei più celebri cantautori francesi, Jean Jacques Goldman. Morto a soli trentacinque anni, assassinato in circostanze mai chiarite del tutto, il 20 settembre 1979, dopo una gioventù scapestrata passata a Cuba nelle frange vicine al dittatore Fidel Castro, Pierre torna in patria, segnalandosi sia come intellettuale spregiudicato sia come temibile rapinatore seriale animato dallo spirito ribelle contro le ingiustizie della Francia dell’epoca.
Nella parte uno straordinario Arieh Worthaler che ripercorre con grande espressività l’inquieta quotidianità del suo personaggio che, dopo una spirale di processi e violenze, finisce in carcere con l’accusa particolarmente grave di aver ucciso due persone come conseguenza disastrosa di una delle sue numerose rapine.
Accusato di duplice omicidio ai danni di due farmacisti uccisi in una rapina a mano armata, in galera da sei anni, il film racconta di un Goldman segnato ma battagliero che, difeso dall’avvocato correligionario Georges Kiejman, sostiene con veemenza la propria innocenza, durante l’ennesima udienza a suo carico nel 1976, cercando l’assoluzione dalle imputazioni per omicidio.
Criminale ma anche omicida? Estremista politico, violento e spietato ma fino a che punto? Il film con ritmo serrato e suspence fino all’ultimo si interroga sul recente passato francese, sui confini fra colpevolezza reale e sospetto infondato e manipolato da stereotipi e pregiudizi e sulla complessa e misteriosa personalità di Pierre Goldman che ai suoi impulsi criminosi alternava una personalità intellettuale e curiosa.
Interessato alla letteratura e alla scrittura, divenne amico dello scrittore Jean Genet, dedito sia ai libri che al furto, che gli suggerì di scrivere dal carcere il diario Ricordi di un ebreo polacco nato in Francia. Figlio di ebrei polacchi (suo padre fu un valoroso partigiano membro della Resistenza e sua madre sfuggì ai pogrom), prima di sprofondare nella criminalità, il giovane estremista visse un’infanzia molto problematica segnata dal divorzio dei genitori, sviluppando una personalità estremamente impetuosa e aggressiva.
Il film scruta non solo nelle pieghe della vicenda ma allude anche alla complessa personalità del protagonista, rivelandosi un’opera preziosa che ha attirato l’elogio della critica già l’anno scorso alla presentazione in anteprima al Festival di Cannes. Ambientato interamente in un’aula di Tribunale, il film spicca per la regia puntuale e serrata di Kahn e per le interpretazioni degli attori e la sceneggiatura solida di Nathalie Hertzberg.