di Paolo Salom
[Voci dal lontano Occidente]
Non so voi, ma io in questo momento non so se dirmi più sgomento o incredulo. Il lontano Occidente non mi è mai parso tanto (moralmente) distante.
Da settimane, ormai, le maggiori università d’America e d’Europa – Italia compresa – sono teatro di occupazioni, manifestazioni, scontri, rivendicazioni, esclusioni (degli studenti ebrei o israeliani). Abbiamo seguito, lo scorso inverno, alle vergognose audizioni al Congresso dei presidenti delle maggiori istituzioni culturali d’America e pensavamo di aver assistito al peggio. Non era così. Il peggio è ora davanti agli occhi. Vi dirò che, con tutta franchezza, mi aspettavo i cori contro la Brigata Ebraica ai cortei del 25 Aprile. Un’abitudine consolidata anche nei periodi di tranquillità in Medio Oriente. Ma assistere ai contorcimenti verbali, e visivi, di studenti e professori impegnati a sostenere giorno e notte la “resistenza palestinese” contro il “genocidio di Israele” è davvero troppo.
Perché è troppo? Perché c’è stato il 7 ottobre. Ecco perché. Perché la guerra che ha devastato Gaza è nata da un atto orrendo e senza precedenti di un gruppo terroristico spietato e genocidario (loro sì: lo dichiarano anche nella loro “costituzione”), ovvero Hamas, che ha ucciso senza pietà, ha stuprato e seviziato, non ha risparmiato donne, vecchi e bambini. Per molto meno, altre nazioni (leggi: gli Stati Uniti) hanno raso al suolo i loro nemici, senza aspettarsi altro che una resa totale e incondizionata.
Invece, adesso, Israele è trattenuta dal mondo intero e gli è impedito di fare quello che qualunque Stato farebbe al posto suo: sconfiggere i nemici. Dunque, tornando alle università e agli studenti che gridano ossessivamente contro i “sionisti”, lo sgomento che provo in questi giorni è semplice da spiegare. È come se, dopo l’invasione nazista e l’inizio della soluzione finale – lo sterminio degli ebrei –, l’opinione pubblica occidentale avesse deciso di schierarsi con i tedeschi e i loro alleati, accusando gli ebrei di essere “nemici dell’umanità, meritevoli della loro sorte”. Ed è in effetti quello che si dice nei cortei di questi studenti che gridano senza vergogna il loro sostegno ai terroristi di Hamas.
Il mondo all’incontrario, ecco cosa non funziona nelle manifestazioni di solidarietà alla “causa palestinese”. Primo, è fondata su una menzogna: gli ebrei avrebbero “rubato la terra” ai legittimi proprietari. Non è così ed è facile da verificare: a parte tutte le proprietà acquistate dall’agenzia ebraica con denaro contante, Israele è uno Stato legittimo, il primo a ricevere l’imprimatur da una risoluzione dell’Onu. Secondo, questo sentimento è rivolto alla parte considerata “più debole” (e dunque proprietaria in quanto tale della “ragione storica”: ma perché?), i palestinesi arabi. Ma anche questa è una fandonia: basta aprire un atlante e fare la tara alle proporzioni tra lo Stato ebraico e i Paesi che lo circondano; per non dire del fatto che se gli arabi smettessero ogni azione terroristica o di guerra, le frontiere sparirebbero, a maggior ragione i posti di blocco. Terzo, i palestinesi, nella loro maggioranza, non vogliono “due Stati per due popoli”, come si ostinano a credere le anime belle dell’Occidente. E i loro alleati universitari lo ripetono senza vergogna: “Palestina libera dal fiume al mare”. Israele è l’unico Stato al mondo di cui viene chiesta la cancellazione: e l’assurdo è che nessuno trova tutto questo “genocidario”.
Ecco perché non riesco a credere a quello che sta accadendo in giro per questo insano mondo. In passato abbiamo assistito ad altri momenti difficili, in occasione di guerre e interventi di Israele in Libano o nei Territori. Altre manifestazioni di odio hanno percorso le strade delle nostre città. Ma mai e poi mai all’indomani dell’uccisione crudele e indiscriminata di tante anime inermi e innocenti, come è avvenuto il 7 ottobre. Ecco perché io ripeto, ancora una volta, che Israele è meritevole della nostra solidarietà senza se e senza ma. E a chi obietta: ma anche gli israeliani fanno errori, io dico che sì, è vero. Ma non farli, non fare nulla, rinunciare a difendersi porterebbe a disastri irreparabili. Non è il momento di spaccare il capello in quattro. È il momento di fare ciascuno il suo. Senza esitazioni.