di Esterina Dana
“Scrivere è cercare la calma, e qualche volta trovarla.
È tornare a casa. Lo stesso che leggere”.
Anna Maria Ortese
Sulla copertina, il piano americano di una donna senza volto colta nell’atto di svestirsi; un gesto quotidiano espresso con la pittura densa e seduttiva di Gideon Rubin (Untitled, 2017). I colori tenui e la pennellata fluida evocano un’atmosfera di impalpabile intimità e innescano empatia con l’osservatore immergendolo in una dimensione di lentezza e quiete. È così che il lettore è introdotto all’ultimo libro di Eshkol Nevo edito nella nuova collana Gramma di Feltrinelli.
Presentato al Salone del libro di Torino il 9 maggio e in diverse città quali Milano, Roma, Napoli, consiste di venti racconti scritti tra il 2010 e il 2023. Il titolo Legàmi (ma anche Légami nel senso fisico di “stringimi a te”) non corrisponde a quello originale ebraico di Lev Raev (cuore affamato) ma lo completa. Perché a unire le storie è il desiderio che spinge verso gli altri e plasma le relazioni che tessiamo, dice Nevo; è una forza primaria, talvolta limpida e gioiosa, talaltra oscura e inquietante. Perché i legami rafforzano e uniscono, ma espongono anche al rischio dell’altro.
Il nostro cuore, come l’hungry hurt di Bruce Springsteen che titola il primo racconto della raccolta, è affamato di avventura e di relazioni, ma anche di pace e speranza. E di contatto fisico. La fisicità, dalla sensualità all’erotismo alla malattia, domina in tutti gli scritti; il corpo è “la più bella espressione della nostra anima”, dice lo scrittore, e ha la capacità di “incarnare” i legami.
Israele resta sotto traccia, linfa che nutre di intensità la narrazione. Spiccano, come istantanee offerte da uno sguardo pieno di compassione e di calore, i sentimenti inespressi, le ferite, la fragilità dei personaggi. Il volume, pubblicato in Israele poco prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, fu considerato un libro pieno di dolore; dopo è diventato un taumaturgico conforto. L’amore, deterrente al dolore, ha una valenza salvifica, favorisce l’elaborazione del lutto e conduce alla rinascita. I personaggi condividono la ricerca di connessioni umane significative per superare l’isolamento emotivo, rivelando il bisogno di compassione e vicinanza.
Il primo racconto mette a fuoco gli ultimi momenti, condivisi con il figlio, di un padre morente il cui cuore affamato è gioioso di vivere a fondo il tempo che gli resta: un addio a tempo di rock and roll sulle note di Hungry Heart al concerto di Bruce Springsteen e un ultimo rapporto sessuale. Nel cuore del cinema fotografa un matrimonio di lunga data, con le sue abitudini quotidiane foriere di reciproche insofferenze, alla prova con un infarto; ma ci “sono sofferenze che non si possono… non si possono sopportare da soli.” (p. 65). A volte, i legami sono troppo stretti da tollerare. Succede a due giovani, il cui amore viene messo alla prova durante la pratica del watsu, (n.d.r una terapia acquatica che unisce massaggi shiatsu e movimenti dolci). Un ictus colpisce un paziente in piscina; il trauma suscita la consapevolezza di una un’eccedenza emotiva che determina la rottura della loro relazione. Perché «ci sono persone per cui la vita è troppo… Tutto gli penetra dentro, senza filtri, senza meccanismi di difesa, tutto gli trafigge il cuore» (p. 165). Della relazione tra un padre vedovo e la figlia Alma, che lui cresce da solo, tratta il racconto Non ti piacerà. È l’incipit ricorrente delle confessioni di Alma, ragazzina e poi donna che, con il passare degli anni, mettono a dura prova la resilienza del padre, radicando un momento doloroso della sua vita: la moglie, in punto di morte, gli aveva confessato un tradimento usando la stessa formula. «Non ti piacerà, mi aveva preavvisato. Le avevo risposto … forza, parla» (p. 274). L’aveva ascoltata (e perdonata). Perché l’importante resta la disposizione all’ascolto dell’altro. E poi ci sono le opportunità mancate, come in Forty-love: una partita di tennis con una sposa in fuga, un breve incontro che suggerisce un potenziale legame subito interrotto.
Due ulteriori fili conduttori scorrono tra le pagine del volume: il tempo e il cambiamento che trasformano le relazioni. Talvolta è il tempo di una vita declinato con ampiezza, talaltra condensato in un’unica pagina, dove passato, presente e futuro convivono, alimentati da memoria e speranza che sublimano le ferite individuali e collettive. È paradigmatico il racconto più lungo della raccolta intitolato Ogni cosa è fragile, una storia complessa dallo sfondo sociale e politico dove relazioni interpersonali come quella tra Yonathan e Dave, i protagonisti che si ritrovano dopo dieci anni di incomprensibile silenzio, sebbene un tempo migliori amici, rivelano ferite profonde e inguaribili incastonate nella storia stessa di Israele. Come quella dell’ospedale psichiatrico di Kfar Shaul, eretto sulle rovine del villaggio palestinese di Deir Yassin distrutto nel 1948. “La verità non scompare mai, – dice Yonathan a Dave – se provi a cancellare il passato, ti esplode in faccia” (p.157).
Anche in Johannesburg, frutto di un viaggio in Sudafrica e scritto tre anni prima della guerra, emergono tematiche relative alla crisi del paese: Gaza, i conflitti sociali e il razzismo. “Penso che il ruolo della letteratura sia di fare luce su queste zone oscure di cui nessuno vuole parlare, – dice Nevo – in questo caso, il tentativo di reprimere un sentimento che ci disturba”. Come il problema dello stress post-traumatico di un ex-pilota, fatto prigioniero in Egitto durante la guerra d’attrito (combattuta tra Egitto e Israele dal 1967 al 1970, ndr), che sfocia in attacchi di panico in Escape room. O, su un piano individuale, quello della violenza domestica di Nessuna tolleranza, laddove l’incapacità patologica di controllare l’ira di una madre si scarica su marito e figlia. Campane, l’ultimo racconto, ambientato a Torino, chiude la raccolta con un gesto di gentilezza, che trasmette un messaggio di pacificazione e di speranza. L’intento dello scrittore è di consentire alle persone, attraverso la letteratura, di provare empatia e di restare umani per trovare una modalità di convivenza con gli altri.
La forma espressiva è “naturalmente” raffinata sia nella delicatezza del periodare, sia nella costruzione del discorso narrativo, sia nel ritmo scandito da pause accuratamente calibrate e prive di forzature. La scelta del corredo lessicale, volto a creare un’atmosfera emotiva rassicurante e consolatoria, è estremamente controllata, felice frutto dell’ormai storica “simbiosi” letteraria fra l’autore e la sua traduttrice. In alcuni racconti l’autore non conclude. Lungi dall’essere un espediente tecnico che strizza l’occhio al lettore, risulta invece uno spazio aperto su un futuro da costruire, un segno di fiducia per il lettore.
Eshkol Nevo, Legami, trad. Raffaella Scardi, Gramma/Feltrinelli, pp. 320, euro 19,00