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Duro atto di accusa di Amnesty International contro Hamas: nei 50 giorni di guerra contro Israele, nel 2014, il Movimento di resistenza islamico si è reso responsabile, secondo l’ong, di veri e propri crimini di guerra: sequestri, torture e omicidi extragiudiziali di palestinesi accusati di collaborazionismo con Israele.
Il rapporto che si intitola “Strangolare colli” sostiene che nei giorni e settimane in cui “le truppe di Israele infliggevano morte e distruzione alla popolazione di Gaza, Hamas ne approfittava per regolare i conti spietatamente”. Alcuni vennero giustiziati pubblicamente (sei uomini fatti inginocchiare incappucciati di fronte a una moschea davanti alla folla), altri morirono in prigione in circostanze sospette, altri ancora sparirono.
Chi era anche solo “percepito come un avversario politico”, uomini di Fatah o ex componenti delle forze di sicurezza dell’Anp a Gaza, è finito sequestrato, torturato o assalito. Alcuni magari si trovavano già in prigione da prima che iniziasse l’offensiva di Israele. L’accordo tra Hamas e Fatah Hamas e Fatah nell’aprile del 2014 hanno firmato un accordo di riconciliazione che si è formalizzato in un governo di unità nazionale, mai concretizzatosi davvero; e di fatto il confronto tra il movimento islamista, che ha il controllo dell’enclave costiera, e quello nazionalista, al governo in Cisgiordania, continua tuttora.
«Queste azioni che fanno rabbrividire, alcune delle quali rientrano fra i crimini di guerra – afferma il rapporto – sono state concepite per motivi di vendetta e nell’intento di disseminare paura nella Striscia di Gaza».
«La leadership di Hamas a Gaza – nota Amnesty – invoca i diritti e la giustizia per i palestinesi di Gaza e altrove, ma non sempre agisce in una maniera che mostri rispetto per i diritti, la giustizia e la supremazia della legge».