di Paolo Salom
Oggi vi racconto un episodio molto significativo, a mio parere, sul valore della comunicazione e su come la storia sia – quasi ovunque – un “fatto politico”. È accaduto nel lontano Oriente – nella Repubblica Popolare per la precisione – e perciò mi prendo una piccola licenza sul titolo del blog: spero non me ne vorrete. I fatti sono questi. Chiacchierando del più e del meno con la mia guida (cinese) durante una visita in Tibet scopro che il giovane, in passato, è stato in Israele. Ma la maggior parte del tempo lo ha passato nei Territori. Dunque mi descrive con dispiacere della presenza del muro di separazione, del “male che arreca ai palestinesi”, e del fatto che, in fin dei conti, con che diritto è stato costruito?
La mia risposta è la solita: è servito e serve a salvare vite, le vite degli israeliani. Quando non sarà più necessario, potrà essere abbattuto. Questo accade ai muri. Ma una vita, una volta che è tolta, è persa per sempre. Il mio interlocutore sembra convinto. Ma poi replica con un’affermazione che mi lascia interdetto. Questa (più o meno, vado a memoria): “In ogni modo – mi dice – con che diritto è nato lo Stato di Israele? Gli ebrei non sono mai stati lì, è solo una leggenda che raccontano per occupare terre non loro…”. Qui, vi confesso, ho dovuto fare forza su me stesso per mantenere il dialogo sui binari della cortesia e della correttezza. Ma ci sono riuscito (in fin dei conti, l’esperienza nel lontano Occidente servirà a qualcosa, no?). E ho risposto citando la Storia, e soprattutto, a riprova delle mie parole, tutti i ritrovamenti archeologici che parlano di una realtà semplice e diretta, realtà che chiunque può toccare con mano.
La guida cinese ha abbozzato, confessando di non conoscere molto a riguardo. Perciò si è fidato delle mie parole. D’altra parte, quello che io gli ho detto poteva facilmente essere verificato in ogni momento. Il contrario, invece, no.
Ma questo è quanto gli arabi che vivono nei Territori vanno raccontando ai loro ospiti che vengono da vicino e da lontano. La loro versione dei fati ignora qualunque vicenda che coinvolga gli ebrei. Ovvio: il farlo delegittimerebbe istantaneamente tutte le loro pretese di una “Palestina libera dal fiume al mare”. Un’opera di disinformazione che va avanti da anni e che, unita alle immagini di Pallywood, contribuisce a minare l’esistenza stessa dello Stato di Israele. Non che nel lontano Occidente i detrattori abituali ne abbiano bisogno. Però, visto gli scambi sempre più intensi tra Est e Ovest, sarebbe bene alzare lo sguardo. E lavorare sull’immagine (e la conoscenza) anche in Oriente. Quello lontano per davvero.