di Daniele Cohenca
Era la notte di Yom Kippur, il momento più sacro dell’anno. Come tutti gli ebrei, i chassidìm si stavano radunando nella Sinagoga attendendo ansiosamente l’arrivo del loro rebbe, Rabbi Shneur Zalman, noto anche come l‘Alter Rebbe, per iniziare la preghiera; egli tuttavia aveva misteriosamente lasciato il piccolo villaggio e tardava ad arrivare. Alcuni dei suoi devoti allievi specularono sul fatto che il loro amato leader si fosse recato in Cielo, per comunicare con Dio e le sue schiere di Angeli in preparazione del giorno più santo dell’anno.
Dove era il loro amato rebbe? Mentre i suoi chassidim lo attendevano nella Sinagoga oramai preoccupati, il rebbe risaliva il bosco, con un sacco sulla schiena ed un’accetta per tagliare legna. A notte inoltrata e senza dire una parola, il rebbe si presentò finalmente in Sinagoga.
Più tardi, vennero a sapere che il rebbe, dopo aver provveduto a tagliare la legna, portò i ceppi in una piccola casa isolata in cui vivevano una vedova, che aveva partorito di recente, ed i suoi cinque figli: accese il fuoco, consegnò il cibo che aveva portato e nutrì i piccoli, mentre dedicava parole di conforto alla vedova.
Tagliare legna ed accendere un fuoco sono attività normalmente proibite nei giorni consacrati, ma sono permesse quando si tratta di salvare delle vite.
La vera bontà e la capacità di dare, spesso comportano attività che non sono conclamate in pubblico e che molto spesso rimangono sconosciute.
Che cosa è la vera bontà? Che cosa significa dare per davvero?
L’ebraismo ci insegna che la vera bontà non si manifesta in un tripudio di gloria, ma spesso comporta un coinvolgimento per nulla manifesto, per esempio prendendosi cura di persone bisognose in modo invisibile.
Spesso quando è difficile; spesso quando fa male; spesso quando non è “affar nostro”.
Le azioni che hanno effetto sul mondo in cui viviamo, non sono quelle di un cavaliere in armatura, o dei divi ritoccati divi di Hollywood.
È responsabilità e diritto di ogni uno di noi — con tutte le nostre potenzialità e punti di forza e, sì, con tutte le nostre debolezze, lasciare un segno tangibile della nostra presenza.
Anche se nessuno lo vede.
Elaborato da chabad.org