Il mondo perduto di Oszpizin (Auschwitz)

Personaggi e Storie

di Raffaele Picciotto


Auschwitz - foto di Antonio Manno
Auschwitz - foto di Antonio Manno

Alfons Haberfeld era un industriale che possedeva una fabbrica di vodka e liquori in Polonia; essa era una delle fabbriche più  importanti della città insieme ad un’industria chimica la  AgroChemia.  La fabbrica prosperava e lui partecipava spesso alle Fiere Internazionali del settore. Egli era anche il Presidente della locale Comunità Ebraica.

Nel 1936 si era sposato con una ragazza ebrea di Cracovia, Felicia Spierer. Nel luglio del 1939, essi partirono per una Fiera negli Stati Uniti, lasciando la loro figlia di 2 anni, Francziska Henryka  insieme con i nonni materni .

Erano negli Stati Uniti, quando appresero dello scoppio della guerra. Immediatamente si imbarcarono per fare ritorno;  48 ore prima di arrivare a Gdynia la loro nave fu costretta dalle autorità britanniche a fare scalo ad Inverness in Scozia;  essi non avrebbero più fatto ritorno nella loro cittadina. Dopo poco riuscirono ad avere i visti necessari e ritornarono negli Stati Uniti. Dopo poco non ebbero più notizie della loro famiglia. In seguito vissero a Baltimora e poi a Los Angeles, mantenendo vivo il ricordo del loro mondo perduto.

Il loro paese  era una località destinata a diventare tristemente famosa: Oswiecim, chiamato anche familiarmente dagli Ebrei Oszpizin, un nome che ricorda gli Ushpisin, i sette ospiti che la tradizione vuole che siano ospiti nella Succà durante la festa ed in onore dei quali la Succà viene decorata e resa accogliente.

Oswiecim era infatti sede, prima della guerra, di una vibrante comunità ebraica. Nel 1939 la cittadina contava circa 14.000 abitanti di cui 8.200 ebrei (circa il 60% della popolazione).

Il 3 settembre del 1939 le truppe tedesche catturarono Oswiecim; la città fu rinominata Auschwitz e annessa al Reich insieme alla contea a cui apparteneva, la contea di Bielsko (Amtbezirk Auschwitz, Kreis Bieliz, Oberschlesien).

La casa di 40 stanze degli Haberfeld fu trasformata nel quartier generale dell’esercito tedesco.  Una caserma dell’esercito polacco fu adibita inizialmente a campo per prigionieri; sarebbe poi diventata famosa come il campo di Auschwitz 1, con all’ingresso la scritta ormai divenuta un simbolo Arbeit macht frei.

La figlia di Jacob e Felicia, Franciszka Henryka fu nascosta  insieme alla nonna nel ghetto di Cracovia,  ma purtroppo furono scoperte dai tedeschi  e mandate a morire a Belzec.

Ad Oswiecim i tedeschi proibirono agli Ebrei di esercitare attività commerciali e incendiarono la grande Sinagoga;  fu nominato un Consiglio degli Anziani e inizialmente fu costituito un Ufficio Centrale per l’Emigrazione con lo scopo di aiutare gli Ebrei ad andarsene, dopo averli naturalmente depredati di tutti i loro beni. Un’emigrazione che  non ebbe mai luogo: all’inizio del 1941 le case degli Ebrei furono espropriate per i lavoratori dell’industria chimica IG Farben di Monowice (dove avrebbe lavorato tra gli altri anche Primo Levi) .

La popolazione ebraica fu espulsa tra Marzo ed Aprile del 1941 e deportata verso le località di Chrzanów, Będzin and Sosnowiec. Nell’estate del 1942 i ghetti furono liquidati e gli Ebrei di Oswiecim vennero  inviati al campo di Auschwitz. Per un tragico scherzo del destino la maggior parte degli abitanti ebrei di Oswiecim trovarono la propria fine proprio nel luogo natio.

Il 27 gennaio 1945, Auschwitz venne raggiunta dalle prime unità dell’Armata Rossa  all’inseguimento dell’esercito tedesco in ritirata.

Uno sparuto gruppo di superstiti ritornò al paesello natio; erano solo 28 alla fine della guerra e 186 nel settembre del 1945. Ma tornare a vivere in un luogo chiamato Auschwitz evidentemente era difficile poiché le loro famiglie, le loro case e soprattutto il mondo che ricordavano come era prima dello Shoah era finito per sempre.  La maggioranza lasciò definitivamente la cittadina; nel novembre del 1946 vi erano solo 40 ebrei.

Ma qualcuno decise di restare; Leon Schonker venne  eletto a capo della sparuta comunità ebraica e tentò di ricostruire l’azienda di famiglia, la famosa Agrochemia d’anteguerra. Ma non aveva fatto i conti con il nuovo regime comunista polacco. Nel 1949  venne arrestato e imprigionato per “abusi economici”. In realtà il regime voleva mettere le mani sui suoi beni Nel 1955 egli abbandonò definitivamente Oswiecim con la sua famiglia ed emigrò prima a Vienna, poi in Israele dove morì a Holon nel 1965 all’età di 62 anni.

Szymon Kluger ebbe invece un destino diverso. Emigrato in Svezia nel 1945, nel 1961 tornò e si stabilì nuovamente ad Oswiecim nella vecchia casa natia,vicino all’unica sinagoga rimasta, la Chevra Lomdei Mishnayot, ultimo superstite degli abitanti ebrei; vi restò fino alla morte il 26 maggio 2000. Egli fu l’ultimo abitante Ebreodi Oswiecim e fu sepolto, a differenza di tanti suoi coreligionari nel locale cimitero ebraico.

Eppure questo era stato uno dei tanti villaggi in Polonia in cui la vita ebraica era prosperata nel corso dei secoli.

Le prime notizie di insediamenti ebraici sono del 1549, gli ebrei provenivano dalla Germania, dalla Boemia e dalla Moravia. La cittadina era situata sulla strada che portava il sale dalle miniere a Breslavia, così occupazione principale era il commercio del sale; alcuni si occuparono anche della fabbricazione delle bevande alcoliche.

Come in tutta la Polonia,  il destino degli Ebrei dipendeva dai privilegi accordati dai Re, così a periodi di prosperità seguivano anche periodi oscuri; così nel 1563 il Re Zygmunt August (Sigismondo Augusto) emanò un decreto per proibire l’immigrazione di nuovi Ebrei e un anno dopo solo 5 Ebrei abitavano la cittadina. Anche le accuse di profanazione delle ostie e di omicidio rituale non mancavano.

Tuttavia la comunità ebraica di Oswiecim  si sviluppò,  fu costruita la prima sinagoga e il cimitero e venne costituita la Kehillà divenendo uno dei 23 centri importanti della regione della Piccola Polonia (Malopolska); la vicinanza di Cracovia e di altri centri della Slesia aiutò questo sviluppo.

Nel 1565 la cittadina subì l’invasione svedese. Fu rasa al suolo e ancora una volta si dovette ricominciare.

Con la spartizione della Polonia la regione venne a far parte dell’impero austro-ungarica nella regione della Galizia. L’economia della città rimaneva tuttavia stagnante e si basava sull’artigianato, la fabbricazione di vodka ed il commercio del sale. Anche le guerre napoleoniche portarono un ulteriore sconquasso nella vita cittadina.

Il vero punto di svolta si ebbe quando a metà del 19° secolo,  la città divenne un importante nodo con la confluenza di tre linee ferroviarie al confine di Austria, Russia e Prussia; quello che sembrò l’inizio della prosperità avrebbe invece avuto  pesanti conseguenze non solo per la comunità ebraica locale ma per l’intero ebraismo europeo. La presenza del nodo ferroviario fu uno dei fattori che fecero di Auschwitz una scelta ideale per trasportarvi gli Ebrei deportati.

Sorsero nuove fabbriche  per la maggior parte appartenenti a Ebrei, fra questi  Jakob Haberfeld che fondò nel 1804 una fabbrica di vodka e liquori e la AgroChemia. La popolazione crebbe: nel 1910 vi erano 10.106 abitanti di cui il 52,9% ebrei.

La comunità ebraica era composita, vi erano progressisti e tradizionalisti questi ultimi divisi fra Ortodossi e Hassidim. Shlomo Halberstam che fu rabbino capo di Oswiecim dal 1874 al 1879 fondò la corte dei Bobover Hassidim.

All’inizio del 20° secolo vi erano 15 sinagoghe a Oswiecim e nei villaggi vicini. La vita ebraica prosperava anche dopo che la Polonia divenne indipendente thra le due guerre mondiali; vi erano attività sociali, religiose e culturali.

Gli Ebrei lavoravano nel piccolo commercio e nell’artigianato. Il trasporto pubblico fu sviluppato da imprenditori ebrei e vi erano anche alcune fabbriche. La comunità ebraica era dominata da Ortodossi e Hassidim, questi ultimi seguaci dei Bobover e Sanzer Rebbe. Vi erano anche rappresentati i diversi partiti Sionisti e no.

Alla vigilia della guerra questo piccolo mondo ebraico esisteva ancora. Lo Shoah lo distrusse definitivamente.

Il ricordo di quanto passato ancora è nella memoria di quanti persero i propri cari e si salvarono diventando così i superstiti del genocidio perpetrato; molti di essi hanno trovato una nuova patria in Israele.

Oggi esiste un Centro Ebraico ad Oswiecim con sede nell’edificio che ospitava  l’unica sinagoga rimasta la Chevra Lomdei Mishnayot. Il Centro Ebraico consiste in un Museo, una Sinagoga ed un Centro Educativo. Ma molti edifici storici non esistono più: così la casa e la fabbrica degli Haberfeld è stata abbattuta perchè  sul punto di crollare e l’edificio che ospitava la yeshivà dei Hassidim di Bobov non esiste più. La stessa sede del Centro Ebraico e l’adiacente edificio che fu abitato da Szymon Kluger è pericolante.

Chi si reca a visitare Auschwitz per ricordare ed onorare quanti sono periti nello Shoah, visiti anche la cittadina e ricordi che questo fu un luogo di  vita e non solo di morte.

Commenti

Alisa Majer:

Mio padre era nato ed è cresciuto ad Oswiecim; la sua famiglia erano chassidim di Rodomsk e industriali e quando scoppiò la guerra scapparono, ritrovandosi nella zona russa, dove furono mandati in Siberia. Dopo la guerra mio padre si stabilì a Milano e i suoi zii e cugini emigrarono in Canada: provarono a tornare a Oswiecim per recuperare i loro beni e vedere che ne avevano fatto delle fabbriche, ma si ritrovarono davanti a polacchi che li cacciarono. Mio bisnonno materno era uno dei dayanim a Oswiecim, non erano chassidim ma mitnagdim: rav Eliezer Landau e lui con sua moglie e tutti i figli, nuore e generi e nipoti, furono uccisi ad Aushwitz. Mio nonno si trovava ad Anversa e si salvò…

Le persone anziane nelle foto sono il Dayan Eliezer Landau e sua moglie Sarah Feiga. L’uomo con la barba nera è un figlio, credo Nussen (Natan). L’uomo senza barba è mio nonno, Shlomo Landau Z”L, unico sopravvissuto della famiglia dopo la guerra. Abitava in Svizzera, a Zurigo, dov’è riuscito ad entrare in forma ufficiale eccezionalmente nel 1942, dove sua moglie e figli (tra cui mia mamma) vivevano già.
Le donne nella foto sono una figlia e la nuora (col cappello), moglie di Nussen e i loro figli. La casa dietro agli uomini era la sinagoga Chevre “Kove’a Itim” di mio bisnonno, dove era Dayan (conosciuto come Dayan of Kety, R’ Eliezer Landau).