di Ilaria Myr
Una notizia inedita su dei fatti che rischiano di cambiare la scena politica internazionale: non si può definire altrimenti la news uscita oggi sul sito israeliano Debka (www.debka.org), che riguarda un dispiegamento di forze Usa in Iraq e nel Golfo.
Secondo il sito di strategia militare, gli Stati Uniti questa settimana avrebbero infatti cominciato a trasferire in Iraq e nel Golfo delle unità d’elite della 82 Airborne Division. Fonti militari di Debka riferiscono che il primo lotto di 500 ufficiali e uomini sarà schierato a Baghdad e nella capitale della repubblica curda di Irbil, seguito da un altro di 500 nel mese di luglio e 250 nel mese di dicembre. Complessivamente, fino alla fine del 2015, gli Stati Uniti avrebbero inviato altri 1.250 ufficiali e soldati per aumentare la forza americana già presente nella base di Ner Habbaniya nella provincia di Anbar, nell’ Iraq occidentale.
Di conseguenza entro la fine dell’anno il numero delle truppe americane sul terreno in Iraq salirà a diverse migliaia. “Le nostre fonti militari definiscono che la loro missione è di intensificare i raid contro i comandanti ISIS, centri di comando e basi e colpire le colonne in movimento – riporta il sito Debka -. Le loro operazioni si baseranno sull’attacco di successo montato da un commando SEAL il 16 maggio, nel cuore della roccaforte islamista in Siria orientale, nel quale rimase ucciso il capo delle finanze del gruppo. Secondo fonti americane, le truppe americane riuscirono a portare via molti dati digitali e telefonici sulle tattiche e la struttura dello Stato islamico”.
Secondo quanto riporta il sito, la divisione 82° appena stanziata ha un’importante esperienza di combattimento nell’area irachena. Tra l’invasione statunitense del 2003 e fino al 2009, i suoi membri hanno combattuto in scontri critici, soprattutto nella provincia di Anbar, dove ISIS ha creato il suo deposito principale per le grandi concentrazioni di militari e un trampolino di lancio per gli attacchi in tutto l’Iraq.
La cifra di 3.000 soldati americani in Iraq minimizza però l’operazione americana in atto: un pool molto più grande di unità di combattimento è infatti già disponibile per l’inserimento nel ciclo di guerra ISIS.
Stanzionato in Giordania appena oltre il confine da Anbar è un numero considerevole di forze per operazioni speciali, insieme a unità aeree di F-16 e elicotteri d’assalto UH-60 Black Hawk. Il loro numero non è però noto. Altre diverse migliaia di truppe sono di stanza in Kuwait.
In sostanza, il Pentagono ha una forza di riserva presente e disponibili per entrare in azione, una volta che il presidente Obama avrà deciso di fare entrare l’esercito statunitense in lotta contro gli islamisti in Iraq e in Siria.
Dal canto suo, l’Isis si è mostrato impassibile davanti ai movimenti degli Stati Uniti, sempre più vicini a uno scontro diretto. E secondo quanto noto a Debka, “nelle città iraniane inclusa Teheran è stato posto lo stato di allerta terrorismo, dopo che l’intelligence ha scoperto che lo Stato Islamico aveva iniziato l’invio di squadre di terroristi e kamikaze solitari per eseguire attacchi terroristici sulle aree urbane in Iran”.
Sembra anzi che gli strateghi ISIS si siano sentiti talmente incoraggiati dal successo ottenuto nel far saltare in aria due moschee sciite nella provincia orientale dell’Arabia Saudita nelle ultime settimane, che abbiano deciso di colpire anche le città iraniane.
Inoltre martedì 9 giugno, ISIS in un nuovo video ha annunciato di volere prendere Baghdad, non per conquistarla, ma per “liberarla”.