di Rav Alfonso Arbib
I giorni tra Rosh Hashanà e Kippùr vengono chiamati Yamim noraìm (giorni terribili, giorni temibili). In queste giornate viene enfatizzato un concetto fondamentale della tradizione ebraica, quella del timore di Dio. In un verso della Torà è scritto che tutto ciò che Dio chiede al popolo ebraico è di temerlo.
Rav Soloveitchik racconta che un giorno uno psicologo ebreo lo avvicinò e gli chiese come mai si sottolineasse così tanto la necessità del timore, e disse “il mio mestiere mi ha insegnato che la paura è in genere fortemente negativa e può avere un effetto molto pericoloso sugli esseri umani”. Rav Soloveitchik rispose che in realtà noi non parliamo di paura né semplicemente di timore ma di timore di Dio (yiràt Hashèm) e gli disse che se uno arriva ad avere timore di Dio smetterà di aver paura di tutto il resto perché se crede profondamente che la propria vita e la vita del mondo dipendano da Dio non avrà più senso aver paura degli uomini.
La nostra vita è caratterizzata da una serie di paure, alcune individuali (il timore di non avere abbastanza denaro, di non poter assicurare un futuro ai propri figli e timori che derivano dalla violenza e dai pericoli che ci circondano) e alcune collettive. Viviamo in un’epoca in cui sono riemersi alcuni elementi di pericolo che credevamo di aver superato, uno per tutti il risorgente antisemitismo di cui fa parte anche la crescente ostilità verso lo Stato d’Israele. Tutte queste sono preoccupazioni reali di cui dobbiamo tenere conto, che dobbiamo affrontare e non nascondere.
Ma la nostra presa d’atto di una realtà difficile e potenzialmente pericolosa non deve trasformarsi in paura, la paura può essere paralizzante e impedirci di agire.
Rabbi Nachman di Breslav diceva che il mondo è un ponte molto stretto (quindi può fare paura) ma l’importante è non avere paura. Timore di Dio invece vuol dire avere piena coscienza di ciò che è giusto fare e agire per realizzare i nostri valori e la nostra tradizione. Il timore di Dio non è paura ma coscienza del profondo rapporto tra noi e Hakkadòsh Barùkh Hu. Un rapporto che ha tenuto in vita il popolo ebraico nel corso della sua millenaria storia.
Auguro a tutti noi che questi giorni speciali siano l’occasione per rafforzare e approfondire questo rapporto sia attraverso le mitzvòt che riguardano il rapporto con Dio sia attraverso quelle che riguardano i rapporti con il nostro prossimo.
Gmar chatimà tovà!