di Marina Gersony
Segnata da tragedie famigliari e suicidi, l’esistenza della giovane ebrea berlinese trovò un senso nel colore e nel racconto per immagini. La deportazione ad Auschwitz mise fine a una grande artista di cui oggi possiamo conoscere la stupefacente vitalità attraverso la sua opera omnia, grazie all’editore Castelvecchi
Una giovane donna fuori dagli schemi, dotata di genialità, inventiva, empatia e immaginazione. Una sognatrice con i piedi per terra. Parliamo di Charlotte Salomon (16 aprile 1917, Berlino – 10 ottobre 1943, Auschwitz), artista berlinese dalla vita breve e straordinaria, segnata da immani tragedie famigliari e stroncata dalla crudele falce nazista. Ultima e talentuosa studentessa ebrea dell’Accademia di Belle Arti a Berlino, dopo la Notte dei Cristalli e in seguito a una breve detenzione del padre, la giovane fugge, alla fine del 1938, dalla Germania per raggiungere i nonni materni a Villefranche-sur-Mer, nei pressi di Nizza. Ma non basta la minaccia tedesca a incombere sulla sua vita. In Francia, Charlotte viene a sapere di punto in bianco dal nonno che sia sua madre sia sua zia, di cui porta il nome, si sono entrambe suicidate in momenti diversi, una rivelazione che fino a quel momento le era stata occultata. Non solo: poco dopo, il 20 marzo 1940, in preda al panico per la dilagante violenza nazista, anche la nonna si toglie la vita, buttandosi dalla finestra davanti ai suoi occhi.
Sono drammi famigliari a dir poco devastanti che Charlotte, probabilmente, riesce a sublimare attraverso l’arte, unico rifugio rimasto per ripararsi da un terrore senza nome e da un dolore senza perché. «È così che un giorno me la trovai davanti, presentatami da sua nonna, con i suoi occhi celesti, la cascata di capelli biondo scuro, le gote rosee, minuta, fresca e un po’ impacciata nei movimenti, timida come un giovane cerbiatto – scrive Emil Straus, amico intimo di Charlotte e della sua famiglia, nella testimonianza pubblicata in Charlotte. A Diary in Pictures nel 1963 -. Diffidente e al tempo stesso emozionata, mi studiò con lo sguardo, dopo aver saputo che ero un amico d’infanzia di Paula. La seconda moglie del padre costituiva per lei un problema di cui non riusciva a venire a capo. […] Ovunque si trovasse, tirava fuori di tasca il taccuino da disegno. Aveva bisogno di liberarsi e il suo linguaggio era quello della matita o del pennello».
Ed è così che, dal 1940 al 1942, Charlotte dipinge più di mille tempere dai colori vigorosi e sfavillanti, realizzate con i tre colori primari e il bianco, eco dell’Espressionismo tedesco. I suoi disegni rivelano una vitalità straboccante e una voglia esasperata di vita; sono disegni vivaci, che rievocano certe atmosfere chagalliane, ma anche, di volta in volta, matissiane, picassiane, vangoghiane, in un costante turbinio di sensazioni e visioni; disegni affiancati da commenti rapidi, ironici e insieme poetici e da riferimenti musicali che fanno da contorno a un’opera inedita e spettacolare; un concerto di forme artistiche (pittura, scrittura, musica) che ripercorrono fatti e vicende della sua esistenza-lampo e dove i veri nomi dei protagonisti – famigliari, amici e persone del suo vissuto – si celano dietro pseudonimi.
“Il più grande libro del XX secolo”
Di queste tempere Charlotte ne selezionerà 781 che formeranno, insieme ai fogli manoscritti, il romanzo della sua vita: Vita? o Teatro? Un Singspiel, definito da Jonathan Safran Foer (e non solo da lui) «forse il più grande libro del ventesimo secolo. Come opera d’arte visiva, è un trionfo. Come romanzo, è un trionfo». Ora il volume esce in Italia grazie all’editore Castelvecchi che propone la prima edizione integrale italiana, raffinatissima, suggestiva e di notevole impatto visivo (Grande formato illustrato con cofanetto, traduzione e cura dal tedesco di Massimo De Pascale, pp. 820, euro 115,00, prezzo di lancio valido fino al 31/01/2020).
«Ne risulta un’opera che fuoriesce da ogni possibilità di classificazione, collocandosi in modo singolare al crocevia di pittura, letteratura, musica, testimonianza e documentazione storica: quasi un’opera d’arte totale – scrive in una nota l’editore -. L’insieme si legge oggi come una graphic novel ante litteram in cui il lettore può seguire il percorso singolare di una donna che si interroga coraggiosamente sul significato dell’esistenza e sulla propria vocazione artistica, sullo sfondo della catastrofe incombente». Alla fine del settembre 1943, Charlotte e il suo compagno Alexander Nagler vengono denunciati, arrestati e poi, il 7 ottobre, deportati ad Auschwitz. Incinta di cinque mesi, Charlotte viene probabilmente uccisa tre giorni dopo l’arrivo.