di Michael Soncin
Ultimissimi giorni, fino al 10 ottobre, per ammirare dal vivo le opere dell’artista israeliano di fama internazionale Gideon Rubin, in mostra a Milano presso la Galleria Monica De Cardenas. “Si tratta della sua prima mostra personale in Italia”, afferma la responsabile della galleria a Mosaico Bet Magazine, durante la visita. Dopo l’appuntamento milanese, dal 16 ottobre al 16 gennaio sarà in mostra alla Galleria Karsten Greve di Parigi. In entrambe le mostre sono presenti una trentina di dipinti di diverso formato su tela o lino, realizzati tra il 2018 e il 2020, oltre ad una selezione di piccoli lavori su cartone. I suoi lavori sono stati esposti in numerose mostre personali in tutto il mondo e fanno parte di collezioni private com’è l’esempio di Londra, Hong Kong, New York e Parigi.
Ritratti senza volto
Gideon Rubin nasce a Tel Aviv nel 1973. È nipote del pittore Reuven Rubin (1893-1974), il quale scampò dalla Romania alle persecuzioni naziste, trovando rifugio in Israele. Erano in dodici fratelli e solo lui assieme ad altri due riuscirono a salvarsi.
A New York ha studiato presso la School of Visual Arts e a Londra, dove attualmente vive e lavora, alla Slade School of Fine Arts.
I soggetti da lui ritratti si caratterizzano per l’assenza del volto, rendendo quindi impossibile definirne i tratti somatici. “Lo sguardo – si legge dal sito della Galleria Monica De Cardenas – così non è veicolato dalla fisionomia, è invece attento alle atmosfere che si sprigionano dalle opere. Evanescenti e melanconiche, le opere di Rubin parlano di un passato o di un ricordo appena affiorato alla memoria”. La mascheratura di volti e cose a suon di pennellate è nei suoi quadri come un segno che lo distingue nel firmamento degli artisti, al pari dei volti di Alex Katz e di Amedeo Modigliani, analogicamente parlando. Una pittura densa, fatta di fluide pennellate. Le figure rappresentate innescano una diretta empatia con lo spettatore, coinvolgendolo in prima persona.
Le persone sono da lui dipinte durante le loro attività quotidiane, e poi ci sono “i fiori che lentamente appassiscono facendo parte di una dimensione quasi atemporale di lentezza e quiete”. L’attenzione è catturata particolarmente per i toni cromatici adoperati dall’artista: tenui colorazioni pastello, toni sabbiosi, blu grigiastri e bianchi, combinate alle molteplici pennellate su tela. Le sue opere sono state create utilizzando le fonti più eterogenee possibili: vecchi giornali, immagini tratte da riviste e vecchi libri d’arte, fotografie, film. «L’artista crea così un archivio di immagini per i suoi quadri, una sorta di atto di riappropriazione di storie e memorie personali negate dall’Olocausto. I soggetti, pur di natura disparata, sono equiparati stilisticamente. Passato e presente, conscio ed inconscio, personale e universale sono infatti equivalenti agli occhi dell’artista. Opere che raccontano frammenti di una storia più ampia, complessa e multivalente, le cui molteplici fonti citazioni artistiche e cultura dei mass media sono rielaborati in una personalissimo linguaggio pittorico».
Non ha mancato di catturare nei suoi quadri la devastante pandemia dovuta al covid-19 che sta sconvolgendo il globo intero. Rappresentativo è il dipinto dal titolo “L’infermiera”, un olio su lino che misura 150×125 cm, dove si vede raffigurata una donna, girata di tre quarti, col copricapo e il camice bianco, con indosso la mascherina. «La cancellazione dei tratti somatici di volti assume un’involontaria ma significativa risonanza nell’attuale pandemia: le mascherine chirurgiche che noi tutti adesso indossiamo rimuovono i nostri più significativi tratti identitari, rendendoci astratti ed enigmatici, ma al tempo stesso reali e vitali, come i soggetti delle sue figurazioni». Non c’è forse figura più simbolica dell’infermiera, che possa riassumere il tragico momento, come la foto che fece il giro del mondo, dell’infermiera italiana Elena Pagliarini, simbolo dell’emergenza.
L’11 settembre 2001, giorno che segnò il suo percorso artistico
«I volti ipotetici – scrive il giornalista, critico d’arte e curatore Stefano Castelli su la rivista Arte – da lui dipinti sono il risultato di un processo che l’ha portato da un realismo accurato alla ricerca dell’astrazione dentro la figura. Più che un’evoluzione graduale si è trattato però di un cambio repentino: lo stile attuale è nato dopo lo shock degli attentati dell’11 settembre 2001, dei quali Rubin è stato testimone diretto, trovandosi nell’Ottava strada nel momento del disastro. Nacque allora anche un diverso modo di lavorare, più frenetico e veloce. Il risultato è una notevole freschezza espressiva».
Castelli la definisce una pittura di contrasti, dove i tocchi caldi si mescolano con atmosfere nordiche e ad una solennità quasi da arte antica si affiancano tocchi di libertà espressiva decisamente attuali. “La ricercatezza del dipinto trova un contrasto in tratti di non finito, spesso emerge la tela grezza in alcune zone del dipinto”, illustra il critico.
Supporti che vanno dalle tele a pezzi di cartone da imballaggio. Tra le sue rappresentazioni vi è anche un ciclo di dipinti dedicato al Palazzo Monti di Brescia, dopo una sua visita nel 2018.
E seppure i tratti somatici non sono visibili si riconosce anche il quadro con Amy Winehouse, celebre cantante di origini ebraiche, scomparsa nel 2011 all’età di 27 anni, “o capolavori della storia dell’arte come Las Meninas di Velásquez”. Da ricordare è anche la collaborazione artistica con Ruinart, la più antica Maison de Champagne, fondata nel 1729, del gruppo Lvmh, “conosciuta per le relazioni strette e di lunga data con il mondo dell’arte e del design”, riporta il sito della casa.
Come riporta Arte oltre a Monica De Cardenas (Milano, Zuoz e Lugano), le altre gallerie che trattano Gideon Rubin sono Karsten Greve (Colonia, Parigi, Sankt Moritz), Hosftelt a San Francisco, Alon Segev a Tel Aviv e FoxJensen & FoxJensensMcCrory a Sidney e Auckland.
“I prezzi dei dipinti su tela o su lino variano da 10.000 euro per un piccolo formato a 45.000 euro per un formato medio-grande, mentre i piccoli lavori su cartone costano 3.500 euro”.
Il “Mein Kampf”, l’orribile testo di Hitler, “trasformato” da Rubin
Nel 2018 il Freud Museum di Londra ha esposto la mostra Black Book, curata da James Putnam, che raccoglieva gli ultimi lavori dell’artista israeliano. L’idea nasceva dall’ultima residenza di Freud, quando durante gli anni ’30, il celebre fondatore della psicanalisi, anch’egli ebreo, dovette lasciare Vienna per Londra. Ne è uscito un lavoro, con molti apprezzamenti dal mondo dell’arte, con soggetti tratti da riviste tedesche risalenti alla prima e seconda guerra mondiale. “Queste riviste contenevano immagini idealizzate sulla salute e l’efficienza atte a promuovere il mito della supremazia ariana come propaganda nazista”, riporta il sito del museo. Rubin ha praticamente ribaltato il tutto, ha sovvertito le immagini, col suo stile inconfondibile, mascherando i volti, i riferimenti nazisti e i motivi della svastica. L’esempio più lampante è dato dalla copertura del Mein Kampf di Adolf Hitler. “Questo processo si riferisce alla nostra tendenza umana a bloccare i ricordi spiacevoli dalla nostra psiche”. Per il pittore lavorare a questo progetto è stato un modo per confrontarsi col passato a livello personale, identificando la fuga di Freud nel 1938 con quella dei suoi nonni materni dalla Romania nel 1939.«Rubin ha collocato queste immagini nell’abitazione di Freud ma queste immagini apparentemente “innocenti” smentiscono le loro sinistre sfumature che alludono alla successiva missione dei nazisti di sterminare gli ebrei con la “soluzione finale” di Hitler».
Per chi fosse interessato ad approfondire l’operato di Gideon Rubin consigliamo il catalogo, disponibile in lingua inglese, edito Art/Books (http://www.artbookspublishing.co.uk/gideon-rubin/).
Galleria Monica De Cardenas, Via Francesco Viganò 4, 20124 Milano 02 2901 0068, info@monicadecardenas.com Mostra fino al 10 ottobre, aperti dalle 15 alle 19 (Metro Garibaldi).
Galerie Karsten Greve Paris, rue Debelleyme 5, 75003 Parigi info@galerie-karsten-greve.fr Dal 16 ottobre 2020 al 16 gennaio 2021, aperti Martedì – Sabato 10 – 19.
(Foto di Richard Ivey)