di Nathan Greppi
La sera di domenica 25 ottobre, l’Associazione Svizzera Israele ha organizzato su Zoom un incontro con il demografo italo-israeliano Sergio Della Pergola intitolato Israele 2020/2021: Presente e futuro, in cui si è discusso dell’attualità politica e sociale israeliana sotto vari punti di vista. L’incontro è stato moderato dal giornalista Giuseppe Giannotti.
Della Pergola ha ricordato che Israele è un paese “che attira molto l’attenzione dei mezzi di comunicazione, che purtroppo non sempre è equilibrata.” Ha detto che sia la Svizzera che Israele sono paesi etnicamente eterogenei, “la differenza è che la Svizzera è riuscita a costruire la sua civiltà su questo. Nell’ultimo indice di sviluppo umano dell’ONU la Svizzera è il secondo paese al mondo, ma anche Israele non sfigura, perché su 195 paesi è al 22° posto, superando numerosi paesi dell’Europa occidentale. L’Italia, ad esempio, è al 28° posto. Compete con i paesi sviluppati nonostante tutti i suoi problemi.”
Spostandosi sull’attualità più stretta, e in particolare sulla pandemia, ha spiegato: “Quello che è accaduto in Israele è che i tempi e i modi dello sviluppo sono stati diversi rispetto ad altri paesi. Nella prima fase, tra febbraio e la tarda primavera, Israele era riuscita a gestire bene la crisi, ed era uno dei paesi con le incidenze minori.” In questo periodo, tuttavia, “la disoccupazione è passata da meno del 4%, uno dei dati più bassi in Occidente, a più del 20%. Il fenomeno è stato più grave per i settori del turismo e dello svago. A un certo punto, visto il calo dei contagi, c’è stato un alleggerimento delle precauzioni; il risultato purtroppo è stata una forte ripresa del male, e la malattia è arrivata a livelli tali che hanno ribaltato la posizione d’Israele, che si è ritrovata con tassi di contagio fra più alti al mondo. Negli ultimi giorni la frequenza dei contagi sta nuovamente diminuendo, mentre in Europa risalgono.”
Per capire la democrazia israeliana nel suo complesso, ha spiegato, nel suo complesso ci sono 3 grandi temi: 1) Religione e stato; 2) Esteri e difesa; 3) Economia e società. Il primo è particolarmente importante sul piano dell’identità, “Israele è nata per essere lo Stato Ebraico di fianco a uno arabo, e di conseguenza è necessario che la cultura, gli usi e le abitudini siano conformi alla maggioranza. Mescolare le due cose, come chi propone uno stato per due popoli, è una formula che non funziona, perché crea tensioni.”
Verso la conclusione, ha parlato del rapporto tra Israele e l’Unione Europea: “In Israele vi è una forte delusione nei confronti del modo in cui l’Europa segue vecchi schemi molto semplicistici,” citando quando l’UNESCO ha negato le radici ebraiche di vari luoghi sacri e molti paesi europei votarono a favore o si astennero. Ma credo che la normalizzazione dei rapporti in Medio Oriente sia un’occasione per l’Europa per rivedere le proprie posizioni e non allinearsi alle posizioni più estreme del mondo arabo. L’Europa potrebbe essere un ottimo mediatore, ma perde questo ruolo nel momento in cui sposa le tesi critiche nei confronti d’Israele, pur con le dovute differenze tra i singoli paesi.”