di Roberto Zadik
Il rapporto fra cinema e mondo ebraico è da sempre molto stretto come dimostrano le candidature dell’edizione degli Oscar di quest’anno, prevista per il prossimo 25 aprile al Dolby Theatre di Los Angeles. Il sito dell’autorevole Jerusalem Post riporta una serie di nomi, non solo di attori e autori di religione ebraica americani e israeliani in corsa per le celebri statuette ma anche di film ispirati a grandi registi e sceneggiatori ebrei.
È il caso di Mank pellicola in bianco e nero uscita su Netflix e dedicata al grande sceneggiatore ebreo americano Herman Mankiewicz autore di copioni passati alla storia come Quarto potere, capolavoro firmato nel 1940 da Orson Welles. La trama diretta da un nome di spicco come David Fincher (notevoli i suoi Seven e Fight Club, film anni ’90 di grande successo e il più recente The social network) ricostruisce la vita intensa di Mankiewicz, fratello del famoso regista Joseph e di famiglia ebraica tedesca, morto a soli 55 anni, focalizzandosi sul lavoro con Welles. Nella parte del protagonista, un attore di alto livello come Gary Oldman.
Dai ruoli ebraici ai film con attori ebrei
Nell’articolo il Jerusalem Post menziona altre produzioni in onda su Netflix come i due film con Sacha Baron Cohen candidati a varie statuette come Borat subsequent movie film e The trial of the Chicago 7 (per saperne di più qui il link). In lista per la premiazione, rinviata di due mesi a causa della pandemia del Covid, anche il cinema indipendente israeliano. Si tratta di produzioni commercialmente minori ma estremamente efficaci come il cortometraggio White eye (Occhio bianco) diretto da Tomer Shushan cineasta di famiglia ebraica marocchina. Il cortometraggio parte da una bicicletta rubata al suo protagonista Omer (interpretato da Daniel Gad) che denuncia alla polizia per furto un lavoratore africano di nome Yunes. Da questo episodio prende avvio una serie di disavventure che riflettono in pochi minuti su un tema delicato come l’immigrazione africana in Israele. Riguardo al video, il Times of Israel ha sottolineato come questo lavoro sia stato premiato al Festival del 2019 di Haifa suscitando l’elogio della critica per lo sforzo di affrontare il tema dell’integrazione dei lavoratori eritrei e sudanesi presenti nella società israeliana attraverso una storia di vita quotidiana ambientata in un quartiere malfamato di Tel Aviv. Molto soddisfatti per la candidatura sia l’attore Daniel Gad, che sulla rete tv israeliana Channel 12 ha definito il risultato “una enorme gioia”, sia il Governo israeliano. A complimentarsi con gli autori del film, Chili Tropper Ministro della Cultura e dello Sport che si è definito “pieno di orgoglio” per questo successo che dimostra l’alto livello qualitativo dell’industria cinematografica israeliana. Come ha evidenziato il Jerusalem Post, pubblicando una intervista del regista 33enne al sito Jewish Insider, il cortometraggio è ispirato a un episodio autobiografico del regista Shushan. “Mi ricordo di quando lottavo per riavere la mia bici – ha rivelato – dopo l’accaduto mi sono seduto per quasi un’ora e ho scritto il copione in 40 minuti”.
Nell’elenco delle nomination “ebraiche” di quest’anno, anche la cantautrice ebrea californiana Diane Warren, vero cognome Wolfberg, nata 64 anni fa a Los Angeles, per il brano Io sì (Seen) colonna sonora del film italiano La vita davanti a sé tratto dal libro di Romain Gary e interpretato da una grande Sofia Loren, 87 anni il prossimo 20 settembre, e diretto da suo figlio Edoardo Ponti. Il brano, frutto della collaborazione tra Laura Pausini, Diane Warren e Nicolò Agliardi, cantato da Laura Pausini ha già fatto vincere all’interprete italiana il Golden Globe per la Migliore canzone originale.