di Dan Muggia, Ariela Piattelli
Hanno girato il mondo i film che proponiamo per la rassegna cinematografica israeliana di Milano (dal 23 al 28 febbraio). Molti tra loro hanno portato a casa i premi più prestigiosi, o sono stati candidati a vincere in grandi festival.
Footnote di Joseph Cedar si è aggiudicato il premio per la Migliore Sceneggiatura a Cannes ed è stato poi nominato agli Oscar; Hadas Yaron, protagonista di La sposa promessa di Rama Burshtein, ha vinto la Coppa Volpi al Festival di Venezia; The Exchange di Eran Kolirin è stato candidato al Leone d’Oro 2011, mentre Restoration di Yossi Madmoni ha ottenuto il Crystal Globe a Karlovy Vary; God’s Neighbors di Meni Yaesh si è aggiudicato il premio SACD a Cannes e Life in Stills di Tamar Tal ha vinto, tra gli altri, il premio Talent Dove al Leipzig DOK Festival. Segno che il cinema israeliano continua a suscitare interesse, ad essere apprezzato quasi in tutto il mondo. Un successo “conquistato” con l’alta qualità delle opere, ma anche attraverso la varietà dei soggetti affrontati. L’unico tema che ricorre in varie forme, in alcuni dei film presentati, è il mondo religioso.
Footnote è ambientato nella realtà accademica gerusolemitana degli studiosi del Talmud, e in chiave ironica ci rende una “lezione” universale sui rapporti tra padre e figlio.
La sposa promessa è un film drammatico su una famiglia ortodossa che affronta una situazione molto difficile: anche in questa pellicola, malgrado la macchina da presa punti esclusivamente sul mondo degli hassidim ultra ortodossi, molti elementi rimandano ad una condizione universale.
La religione diventa una giustificazione per farsi giustizia da soli per i protagonisti di God’s Neighbors: cresciuti in un quartiere povero, la violenza è il loro modo di far rispettare le leggi.
Restoration ci porta invece nel vecchio centro di Tel Aviv, per raccontarci in stile nostalgico, la battaglia e la sconfitta di chi cerca di resistere ai continui cambiamenti che le nuove economie impongono sui cittadini “di una volta”.
Un film filosofico The Exchange, che si concentra sul nostro sguardo sulle cose, sui piccoli e i grandi cambiamenti, su come la vita può cambiare in un attimo: il regista affronta un tema lontano anni luce dal suo primo La banda, la commedia che lo ha reso famoso in tutto il mondo.
I tre documentari che vi presentiamo, pur trattando argomenti diversi, raccontano di viaggi che hanno una funzione narrativa, rivelatrice. Il conflitto israelo-palestinese è al centro di One Day After Peace di Erez e Miri Laufer, in cui la protagonista, una madre israeliana che ha perso suo figlio, intraprende un viaggio in Sudafrica per capire se la politica post apartheid è applicabile anche al Medioriente.
David Fisher, nel suo Six Million and One, arriva fino in Austria per conoscere meglio i suoi fratelli, tutti “vittime” della Shoah, in quanto figli di un ex deportato. Infine Life in Stills, dove nipote e nonna si imbarcano in un viaggio per poi tornare a casa e capire quanto sia prezioso il loro patrimonio fotografico, che racconta la storia d’Israele, e quanto pericoloso sarebbe tenerlo a casa piuttosto che condividerlo con il pubblico.
Attenzione particolare meritano due lungometraggi sui mostri sacri del cinema Roman Polanski e Woody Allen (Roman Polanski: A Film Memoir di Laurent Bouzereau, Woody Allen: a Documentary di Robert Weide ) in cui vita privata e professionale si intrecciano costruendo una trama di grande impatto emotivo.
Nella rassegna viene dato spazio ai giovani. Vedremo, infatti, alcune opere degli studenti del Dipartimento di Cinema e Televisione dell’Università di Tel Aviv, la più grande scuola di cinema in Israele con 100 film prodotti all’anno. Tre i cicli proposti, “Giovani registe”, “Crescere in Israele” e “Vita estrema”.