Questo governo sta alienando gli israeliani dall’identità ebraica del paese

Opinioni
di Daniel Goldman
Se dovessimo chiedere agli israeliani “qual è la questione più controversa e divisiva dell’attuale governo?” sono sicuro che la maggior parte risponderebbe: le riforme giudiziarie e il movimento di protesta da esse innescato. Ma c’è una seconda arena che non si può trascurare ed è il tessuto ebraico della società israeliana: invece di essere fonte di solidarietà, è diventata un motivo di divisione. L’aspetto tragico è che il governo che affermava di voler mettere l’identità ebraica del paese al centro della sua agenda sta attuando politiche che invece allontanano le persone dal loro ebraismo, persino all’interno della comunità religiosa.

Circa sei mesi fa, in Israele è entrato in carica un nuovo governo. Questo governo issava due bandiere: quella di una coalizione totalmente di destra e quella che poneva al centro l’identità ebraica. In un mondo di politiche identitarie, c’è persino un nome per indicare questo schieramento: “il blocco dei fedeli” (o “degli osservanti”) che comprende il Likud, il partito Sionista Religioso con i suoi due partiti satelliti, e i due partiti haredi (ultra-ortodossi). L’importanza di questo brand politico, e della sintesi delle sue due anime (destra+religione), sta nel fatto che determina un’implicita realtà politica secondo la quale coloro che sono all’interno della coalizione sono di destra e favorevoli al rafforzamento dell’identità ebraica del paese, mentre coloro che sono al di fuori della coalizione sarebbero tutto l’opposto.

Al centro di questa aggregazione politica c’è il partito Sionista Religioso, formato da una mini-coalizione di tre partiti che alle elezioni generali si sono presentati in una lista congiunta (per superare il quorum ndr): il partito Sionista Religioso vero e proprio del ministro delle finanze Bezalel Smotrich, il partito Otzma Yehudit del ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir e il partito Noam che ha un solo parlamentare, il vice ministro Avi Maoz. Sebbene sostengano di rappresentare l’intera comunità dei sionisti religiosi, e a volte persino di tutti gli israeliani masorti (ebrei tradizionalisti anche se non strettamente osservanti), la realtà è ben più complessa.

Contrariamente alle priorità indicate dal primo ministro Benjamin Netanyahu nei primi giorni del nuovo governo, le cose di fatto si sono sviluppate in modo assai diverso. L’Iran e altre questioni di sicurezza sembrano passate in secondo piano, la governance e la lotta alla criminalità comune appaiono in caduta libera. Viceversa, abbiamo assistito a una gestione molto aggressiva del sistema giuridico. E lo stesso approccio aggressivo viene impiegato per affrontare la questione dell’ebraismo e dei rapporti tra stato e religione. Può anche darsi che la coalizione aspiri a mettere l’ebraismo al centro della scena, ma di fatto gran parte della popolazione percepisce la coalizione come egemonizzata da una minoranza religiosa che impone a tutti la sua interpretazione dei valori ebraici.

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