Lo sapevate che?…. La melanzana: da “cibo per Giudei” a pietanza prelibata

Personaggi e Storie

di Ilaria Myr

“Quarant’anni or sono, si vedevano appena sul mercato di Firenze; vi erano tenuti a vile come cibo da ebrei, i quali dimostrerebbero in questo, come in altre cose di maggior rilievo, che hanno sempre avuto buon naso più de’ cristiani”.
Con questa frase il gastronomo Pellegrino Artusi, nella sua opera La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene scriveva nel 1891 che le melanzane, all’epoca chiamate petonciani, erano consumate dagli ebrei. Ed è a loro che si deve la diffusione della melanzana nella cucina.

Il suo consumo è infatti attestato nel tardo Medioevo tra gli ebrei della penisola iberica e dell’Italia meridionale, che lo avevano adottato dalla cucina araba. In particolare in Sicilia la presenza ebraica era diventata così imponente che intorno al 1492 su una popolazione totale dell’isola di circa 600-700mila persone, il numero degli ebrei variava dalle 35 alle 50mila unità.

Dopo l’editto di espulsione degli Ebrei dalla Spagna del 1492, la melanzana approda sulla mensa delle comunità ebraiche dell’area mediterranea, dove diventa l’equivalente della patata dei nostri giorni. È però considerata – come dice l’Artusi – un cibo plebeo, tipico della cucina povera e non sofisticata, anche perché si pensava nuocesse alla salute. Privata dell’amaro ritenuto tossico, era cucinata in un’infinità di modi anche perché permetteva di rispettare le regole della kasherut e di realizzare pietanze con una buona conservabilità, da cucinare prima di Shabbat. Tanto che il piatto oggi conosciuto come caponata pare sia nato proprio per soddisfare questo bisogno.