Corso di ebraismo. Non è bene che l’uomo viva da solo (30.10.2023)

Ebraismo, Feste/Eventi, Kesher

di Anna Balestrieri
Il corso di ebraismo online di Kesher è ripreso il 30 ottobre, con il primo incontro curato da Rav Alfonso Arbib e incentrato sul ciclo “Famiglia, coppia e figli.” L’argomento principale è stato il verso “Non è bene che l’uomo viva da solo” che precede la creazione della donna nella Genesi.

L’interpretazione di questo verso presenta notevoli sfide, ma l’attenzione si è focalizzata su un aspetto cruciale. L’uso di “lo tov,” che significa “non è bene”. In senso affermativo, “buono,” è un termine che compare in tutti e sei i giorni della Genesi circa quanto è stato creato da Dio. Nell’elenco di tutto ciò che Dio ha creato si ripete chè è buono. Eccetto dell’uomo. Si sottolinea così che l’uomo non è intrinsecamente buono, poiché il libero arbitrio gli offre la possibilità di fare il bene o il male.

Nella Torah si sospende dunque il giudizio, ma viene sottolineato che non sia positivo per l’uomo essere solo. L’uso dell’ebraico “lo,” più assoluto di “ein,” secondo gli esperti di studi biblici, sottolinea che stare da soli non porta al benessere. Questo concetto può essere applicato al matrimonio, ma rappresenta anche un’idea più ampia dell’essere umano come animale sociale. La necessità di avere un partner deriva dalla netta divisione dei ruoli tra uomo e donna nell’ebraismo, sottolineando che non si può affrontare la vita da soli. La questione non riguarda solo gli aspetti pratici ma ha anche profonde implicazioni spirituali.

Secondo Rashi, tutti gli animali sono creati in coppia, mentre l’uomo è unico. Tuttavia, l’uomo non può credere di essere veramente unico, poiché la vera unicità appartiene solo a Dio. Il pericolo maggiore, ribadito a più riprese nella Torah, è l’idolatria. Non l’adorazione degli idoli, bensì l’uomo che crede di essere Dio, come è successo ad Adamo. Questo può essere evitato solo se l’uomo non è solo. La creazione della donna riporta l’uomo nella sua dimensione di essere umano, che deve collaborare con Dio nella creazione, ma non è Dio. Se l’uomo merita la moglie, lei sarà d’aiuto; se egli non merita, allora la donna sarà “negdo,” ovvero contro di lui. Questo dipende dalle azioni dell’uomo.

Secondo rav Akiva, se un uomo e una donna sono in armonia tra loro, meritano Dio. Questo perché, nella grafia ebraica, il nome della donna e il nome dell’uomo messi insieme formano il nome di Dio. Pertanto, anche la coppia formata da uomo e donna può meritare di essere buona o meno. Anche nell’unione degli opposti, è sempre necessaria l’unione con Dio, poiché senza di Lui non ci sarà armonia.

Quest’idea è fondamentale nella concezione ebraica del matrimonio. Secondo il Talmud, si afferma che ci siano differenze tra le abilità cognitive degli uomini e delle donne, con una maggiore enfasi sulla capacità di sintesi per gli uomini e la capacità deduttiva per le donne.

Infine, Rav Arbib ha scherzato sul femminismo e l’antifemminismo dei rabbini, sottolineando come essi possano scegliere passaggi che si adattano alle loro opinioni sull’intelligenza o la stupidità delle donne a loro piacimento.