di Sofia Tranchina
Un dirottamento apparentemente mal riuscito dalle conseguenze potenzialmente globali: domenica 19 novembre i ribelli yemeniti Houthi hanno dirottato una nave da carico che attraversava il Mar Rosso, nella speranza di trovarci a bordo degli israeliani.
«I nostri occhi sono aperti al monitoraggio costante e alla ricerca di qualsiasi nave israeliana», aveva avvertito il 14 novembre il portavoce del gruppo Abdul Malik al-Huthi.
Ma la nave, il Galaxy Leader, registrata nelle Bahamas (di cui porta la bandiera), è gestita dall’azienda giapponese Nippon Yusen Kabushiki Kaisha (NYK Line); e i suoi 25 membri dell’equipaggio sono civili di varie nazionalità, tra cui ucraina, bulgara, filippina e messicana, ma non israeliana.
Secondo quanto emerge dai dettagli nei database di spedizione pubblica, tuttavia, la nave è di proprietà di una compagnia britannica, la Ray Car Carriers, la cui società madre appartiene ad Abraham Rami Ungar, un uomo d’affari israeliano. E benché il primo ministro Netanyahu abbia specificato che Israele non era coinvolta nella proprietà, nel funzionamento o nella composizione dell’equipaggio, il legame con la società israeliana parrebbe sufficiente per gli Houthi.
Il portavoce militare del gruppo sciita Yahya Saree ha infatti ribadito che il gruppo, che non perde occasione di unirsi all’asse contro Israele in solidarietà con Hamas, riterrà obiettivo legittimo qualsiasi nave appartenente a Israele o a coloro che la sostengono, «in risposta agli atti atroci contro i fratelli palestinesi a Gaza e in Cisgiordania».
Anche il maggiore generale Ali Al-Moshki ha ribadito alla stazione televisiva Al-Massirah che «le navi israeliane sono obiettivi legittimi per noi ovunque… e non esiteremo ad agire».
Il sito di tracciamento del traffico marittimo ha ricostruito che il Galaxy Leader era partito da Korfez, in Turchia, e stava attraversando il Mar Rosso meridionale dirigendosi verso Pipavav, in India: Paesi ad oggi neutrali nel conflitto.
Poco a sud di Jeddah, Arabia Saudita, i ribelli yemeniti sono scesi da un elicottero con delle corde, usando lo stesso metodo utilizzato dall’Iran durante i precedenti sequestri di navi nello Stretto di Hormuz, come ha spiegato la società di sicurezza marittima Ambrey.
Nel filmato da loro rilasciato (qui sotto), si vedono diversi uomini armati con le bandiere dello Yemen e della Palestina prendere il controllo della nave tenendo l’equipaggio sotto minaccia. Si sente anche un militante gridare in arabo: «Allah è grande, morte all’America, morte a Israele, maledetti siano gli ebrei, vittoria all’Islam». Si tratta del motto Houthi, il loro grido di guerra, scritto anche nel loro logo.
La nave è stata infine reindirizzata verso il porto yemenita di Salif, nella provincia di Hodeida, dove è tuttora trattenuta.
Il gruppo ha dichiarato che tratterà i membri dell’equipaggio «in conformità con gli insegnamenti e i valori della religione islamica».
L’incidente potrebbe avere conseguenze globali.
«Il sequestro da parte degli Houthi della nave Galaxy Leader nel Mar Rosso è una flagrante violazione del diritto internazionale», ha detto un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti; «chiediamo il rilascio immediato della nave e del suo equipaggio. Ci consulteremo con i nostri partner delle Nazioni Unite per i prossimi passi appropriati».
Sulla spinta della NYK Line, anche il segretario capo di gabinetto del Giappone Hirokazu Matsuno sta lavorando attivamente per il rilascio della nave e ha «condannato fermamente tali atti», e ha dichiarato di stare «esortando paesi correlati, come l’Arabia Saudita, l’Oman e l’Iran, a sollecitare con forza gli Houthi per il rilascio anticipato della nave e dei membri dell’equipaggio».
Lo stretto di Bāb el-Mandeb, che congiunge l’Oceano Indiano con il Mar Rosso, a sua volta collegato dal Canale di Suez al Mar Mediterraneo, arriva nel punto di strozzatura a misurare soli 30 km, che separano lo Yemen dal Gibuti
È una delle rotte di navigazione più trafficate del mondo e trasporta circa un quinto del consumo globale di petrolio, come evidenziato dal TOI, con circa 1.500 navi che vi transitano ogni mese. Di queste, moltissime possono essere collegate a Israele in qualche modo.
«È probabile che la minaccia di interruzione della navigazione marittima nella regione aumenti», ha detto all’AFP Torbjorn Soltvedt, della società di intelligence sui rischi Verisk Maplecroft: «se i p
roblemi di sicurezza costringono le compagnie di navigazione a evitare lo stretto di Bab al-Mandab, il risultato sarà un aumento significativo dei costi a causa della mancanza di rotte alternative».
L’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha caratterizzato la cattura come un «attacco iraniano contro una nave internazionale», ma il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanani, pur supportando i suoi alleati Houthi, ha respinto l’accusa: «abbiamo ripetutamente annunciato che i vari gruppi di resistenza rappresentano i loro Paesi e prendono decisioni e agiscono in base agli interessi dei loro Paesi».