di Laura Sedda-Bordon (Comunità Ebraica di Merano)
“La gestione dell‘ansia, l‘elaborazione delle notizie, nuove speranze”: tre incontri, organizzati da AME, con la psicologa e psicoterapeuta Daniela Di Veroli come aiuto ad affrontare una seria riflessione sui fatti del 7 ottobre
Scrivo queste righe anche per fissare per me e per altri quanto ho imparato dagli incontri organizzati dall‘AME dal 18 Ottobre 2023 su “La gestione dell‘ansia, l‘elaborazione delle notizie, nuove speranze”; una problematica che, in questo tragico momento, riguarda molte persone. Questo prezioso accompagnamento offerto generosamente, mi ha dato l‘opportunità di imparare a riflettere sulle forze che desidero mettere in campo dopo il 7 ottobre.
Gli incontri sono stati per me un faro di orientamento per prendere decisioni attive su chi desidero diventare dopo il massacro perpetrato contro miei fratelli e sorelle e soprattutto dopo le reazioni dell‘opinione pubblica che mi circonda.
Ho trovato nel gruppo di una settantina di partecipanti la prima sera del 18 ottobre (a sole due settimane dagli eventi) un grandissimo conforto e affetto reciproci. Il tema della serata era: “Il bisogno di esserci: la necessità di tenersi sempre informati, attraverso le televisioni, i giornali e i social networks”.
La Dottoressa Daniela Di Veroli in qualità di psicologa e psicoterapeuta ci ha descritto un po’ chi eravamo in quei giorni, ci ha raccontato i nostri comportamenti, ci ha ritratto nel nostro profondo dolore e disorientamento. Da lì molti di noi, riconoscendoci nelle sue parole, abbiamo espresso il nostro malessere, ricevendo in cambio accoglienza e soprattutto l’invito a osservarci ed accettarci con le nostre emozioni così come siamo in questa terribile prova.
È stato fondamentale ricevere da lei il consiglio a disintossicarsi dalla dipendenza dalle notizie e dai confronti sui social, sui quali si è scatenato l’antisemitismo senza più alcun limite.
Sentire le mamme di Roma parlare dei loro dubbi, delle minacce sofferte dai loro figli e figlie a scuola, dolore, confronto con gli attacchi sui social media mi ha fatto sentire molto in pena per loro, per i loro bambini e bambine. Le penso e prego per loro da allora, perché credo che se faranno tesoro di quello che ha consigliato la Dottoressa Di Veroli potranno anche essere un po’ “madri di sé stesse”, cioè curare un dialogo interiore che dia loro una base sicura da cui comunicare con l’esterno (figli, famiglia, amici…). Le persone che mi sono state di esempio sono state le nonne delle comunità… con la loro voglia di vivere, con la loro ricerca della vita in mezzo a tanto dolore.
La settimana dopo, il 25 ottobre, ci siamo ritrovate e ritrovati con un altro aspetto di questa vicenda che ci espone ad una profonda inquietudine: “Affrontare il pericolo che viene dall’incognito”; da molti partecipanti è stato letto anche come “il pericolo che avverti negli atteggiamenti di persone fino a ieri amiche, che oggi si rivelano ostili e hanno comportamenti ed esprimono verbalmente giudizi antisemiti”, specialmente accompagnando la loro pseudo solidarietà con la frase: “Solidarietà, ma Israele….”. La messa in discussione di rapporti amicali o professionali in maniera così inaspettata e dolorosa ha colpito molte persone, che si sono trovate ad ammutolire per il dolore dell’umiliazione.
Anche qui la Daniela Di Veroli ci ha accompagnato, esortandoci a proteggerci, a rivalutare in termini adulti le nostre relazioni e – preziosissimo consiglio – ad accettare le nostre emozioni, senza scappare come lepri perseguitate dall’ansia. Stare dentro il proprio sentire e percezione per essere in primis amici ed amiche di se stessi e in seconda battuta punti di riferimento per i nostri e le nostre giovani.
L’ultimo incontro del 16 Novembre a ormai più di un mese dagli eventi più tragici, si è configurato intorno al Disturbo Post Traumatico da Stress – PTSD, anche questa volta descritto dalla dottoressa come un’attivazione attraverso rumori, suoni, immagini, colori, ambienti che trascinano la persona colpita fuori dalla realtà momentanea, le fanno percepire con paura e senso di persecuzione le circostanze che la circondano, anche se queste al momento attuale non sono quelle del trauma originario. È stata preziosa la testimonianza di partecipanti che hanno descritto esperienze di guerra e violenza e la impossibilità nel momento e periodo in cui queste avvennero, di poterle esprimere verbalmente (mentre c’è una finestra temporale importante per farlo e oggi questa viene intercettata dagli specialisti, proprio per non far solidificare il trauma e trasformarlo in PTSD). Altre persone hanno cominciato ad elaborare il proprio smarrimento e dolore per gli avvenimenti del 7 ottobre attraverso i sogni. La dottoressa ci ha incoraggiato a proseguire il nostro cammino di scoperta e sviluppo della nostra anima in queste circostanze.
Nel gruppo e con me stessa ho espresso il timore che provo nello scoprire che cosa sarò dopo tutto questo. Ci sono a tratti pensieri in me che davvero non sono graditi a H’ con il quale ogni tanto discuto animatamente; eppure mi vengono anche in mente frasi dai salmi, oppure frasi di preghiere che mi accompagnano, quasi che il filo che mi lega alla sostanza divina “tirasse un po’”, mi rispondesse.
Non sono sicura che mi piacerò dopo, ma credo faccia parte dell’essere adulti il fatto di accettare cosa ha fatto tutto questo su di me (e ancora non lo so fino in fondo) e partire a ricostruire da lì, come fanno tutti gli altri, come fanno le persone in Israele che stanno disperatamente lottando per esistere e mantenere la propria società civile viva e vigile… bisogna dirlo: sono un esempio e lo fanno davvero bene. Soprattutto non me la sento di mettere da parte le idee di persone che hanno creduto nella convivenza e la pace e che sono morte in maniera tanto atroce. Per rispetto a loro, per continuare il loro lavoro, conviverò con la certezza di poter essere un target da annientare per una parte di chi mi circonda e in coscienza di questo, lavorerò duramente e vivrò i miei Shabbatot con gioia finché mi sarà concesso di farlo.