di Roberto Zadik
Uno studio condotto da un team israeliano di ricercatori sullo straordinario cantante Arik Einstein, a dieci anni dalla sua scomparsa avvenuta il 26 novembre 2013. Un “ponte” fra le generazioni dello Stato ebraico e la sua attualità in questo difficile periodo
Pochi come Arik Einstein hanno lasciato un segno talmente profondo nella scena culturale e non solo musicale dello Stato ebraico, da suscitare ancora oggi interrogativi e riflessioni, a dieci anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 26 novembre 2013, a settantaquattro anni, a causa di un aneurisma.
Star estremamente espressiva, carismatica e riservata, di una tale modestia da essere stato definito, “il gigante umile” , passato alla storia per successi come Ani ve Ata (Io e te cambieremo il mondo), Sa Leat (Guida piano) e Uf Gozal (Vola pulcino) recentemente egli è stato oggetto di uno studio ad opera di un’autorevole equipe di studiosi e pubblicato lo scorso 23 novembre, dal sito Israel Hayom (Israele oggi). Proprio in uno degli anni più difficili per Israele, l’approfondimento risulta particolarmente prezioso. Esso infatti si interroga su cosa avrebbe detto questo straordinario e versatile artista su questo travagliato periodo.
Nel suo cammino musicale e poetico, descritto nei miei libri Isramix (Proedi 2018) e nell’ebook Isratour, uscito nel 2021 sul sito librificio.com, egli non fu solo vocalist coinvolgente ma anche attore e autore di vari testi, estremamente prolifico e intenso che con le sue canzoni ha rappresentato per mezzo secolo, dalla fine degli anni Sessanta fino agli anni Duemila “la colonna sonora” dello Stato ebraico, raccogliendo consensi sia fra le vecchie generazioni sia fra i giovani israeliani.
Condotto dal docente universitario Moti Regev, dall’editorialista musicale Yoav Kutner, dall’attore e compositore Dori Ben-Zeev e dal musicista David Peretz, l’interessante approfondimento intende mettere in luce le peculiarità di questa superstar che assieme all’amico Shalom Hanoch, pioniere del rock israeliano, al cantautore Matti Caspi e ai poeti Naomi Shemer e Ehud Manor, è stato uno dei nomi di punta della musica israeliana.
I ricercatori si sono chiesti quali sarebbero state oggi le sue riflessioni, che canzoni o interviste avrebbe rilasciato, egli che compose splendidi brani su varie vicissitudini del Paese, come lo struggente brano del 2011 Ora che sei qui dedicato alla liberazione del soldato Gilad Shalit e per quale motivo la sua voce manchi così tanto oggi. Ma cosa aveva di così speciale Arik Einstein e perché è passato alla storia? “C’era qualcosa nel suo modo di essere che infondeva speranza e molta gente quando lo ascoltava si sentiva a casa” ha affermato Kuttner e come ha proseguito ” forse è questo sentimento quello che manca di più da quando ci ha lasciato”.
Nel suo oltre mezzo secolo di carriera, prima col gruppo delle Alte finestre, assieme a un altro straordinario cantautore come Shmulik Kraus e a sua moglie Josie Katz e poi da solista, nei sodalizi coi compositori Miki Gavrielov e Shem Tov Levi, la ricerca ha evidenziato come “egli sia stato il simbolo della sua Tel Aviv e dei giovani, dello spirito liberale israeliano mantenendo un tono fortemente patriottico che nei suoi ultimi anni divenne sempre più nostalgico”.
Proprio nella ricorrenza del decennio dalla sua scomparsa, che per una coincidenza molto strana avvenne il giorno del compleanno di un altro grande della sua generazione come Shlomo Artzi con cui duettò nella malinconica Torniamo a casa (Hozrim la baita) la ricerca si interroga su vari aspetti di Einstein. Dalla sua personalità, alla sua opera, al contributo artistico e umano. Uno studio unico nel suo genere compiuto da persone della sua generazione che lo conobbero e lo incontrarono varie volte. Ad esempio Dori Ben-Zeev prova a dare una risposta su come la popstar reagirebbe a questo drammatico momento “Sarebbe sicuramente molto triste e sconvolto dagli eventi descrivendo la situazione con la sua vena introspettiva e distaccata”. Il musicista David Peretz, membro del team di ricerca ha poi definito Einstein “musicista innovativo e nostalgico, di grande coerenza fino alla fine” e uno dei primi secondo Regev ad essere “parte integrante della globalizzazione culturale fondendo musica popolare locale e rock and roll angloamericano”.
Secondo questi studiosi egli fu capace di unire sfere separate della società israeliana, il mondo delle rock band a quello popolare dei Kibbutz e dei gruppi musicali dell’esercito israeliano. I ricercatori hanno successivamente analizzato alcuni dei suoi brani più rappresentativi come Sa Leat, Guida piano, una canzone estremamente attuale scritta da Einstein e dal suo compositore Gavrielov nel 1974 ricca di velati riferimenti politici . Con il suo modo di scrivere e di cantare egli, come ha detto Regev, “ha introdotto un nuovo tipo di estetica, capace di unire musica e politica, traducendo testi di grandi poeti come Bialik e Alterman in un linguaggio popolare e accessibile a tutti”. Dallo studio Einstein emerge come un artista estremamente sensibile e attento ai mutamenti sociali e agli avvenimenti storici e politici come pochi altri. Oltre a questo i ricercatori hanno specificato che nei suoi ultimi anni, dopo una fase molto brillante fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, egli attraversò una fase di profondo declino in cui “sempre meno gente lo capiva e lo ascoltava e nonostante fosse sempre molto trasmesso dalle radio, venivano selezionati sempre i suoi vecchi classici piuttosto che i brani recenti”. In conclusione gli studiosi hanno ricordato la sua immensa modestia di uomo vicino alla gente che mai pensò di “fare qualcosa di rivoluzionario” e che anche in merito a uno dei suoi più grandi successi, Ani Ve Ata (Io e te) disse “Ho scritto questa canzone ma molti hanno detto le stesse cose molto prima”.