di Redazione
Una sensazione di abbandono, dolore, incredulità sta attraversando il mondo ebraico, femminile e non solo, in Italia di fronte al silenzio delle femministe riguardo agli stupri di massa, alle uccisioni, mutilazioni, violenze perpetrate da Hamas su donne israeliane di tutte le età, il 7 ottobre (e con evidenze anche sulle donne tenute in ostaggio a Gaza). Nella manifestazione contro il femminicidio a Roma del 25 novembre, che ha riunito cinquecentomila attiviste, non solo non è stata spesa nemmeno una parola circa la brutalità del 7 ottobre, ma è stata inserita nella piattaforma di NONUNADIMENO una condanna del tutto fuori luogo e fuori contesto a Israele.
Su iniziativa dell’UCEI e della Comunità ebraica di Torino è stata quindi lanciata anche in Italia una petizione:
“Oggi a gran voce chiediamo ai gruppi femministi di sottoscrivere pubblicamente l’appello apparso sul quotidiano Libération, ossia di riconoscere che nell’attacco condotto da Hamas contro Israele il 7 ottobre c’è stato anche un femminicidio di massa.
Su iniziativa dell’associazione Paroles de femmes, i sottoscrittori hanno lanciato un appello affinché il massacro delle donne in Israele sia riconosciuto come femminicidio. La petizione spiega l’importanza di questo termine, usato per descrivere gli omicidi di donne da parte di coniugi o ex coniugi, e chiede che sia riconosciuto anche da tutte le Ong internazionali “per quello che è: un femminicidio di massa”.
Le donne non sono state uccise allo stesso modo degli altri civili: sono state violentate, sono state esposte nude e portate come trofeo, si tratta di crimini diretti specificamente contro le donne.
A due mesi di distanza dall’attacco, con donne e bambini ancora nelle mani di Hamas e con prove evidenti che l’orrore è stato premeditato, soprattutto nei confronti delle donne, non abbiamo ancora sentito alcuna associazione femminista – tranne Paroles de femmes – pronunciarsi pubblicamente, chiaramente ed esplicitamente per il riconoscimento di quello che è successo.
Abbiamo sentito molti “se” e molti “ma anche”, abbiamo sentito molti appelli all’equidistanza, ma nessuno si è espresso chiaramente per le donne violate il 7 ottobre, a partire dalle Nazioni Unite. Sono nati siti e hashthag – #meetoounlessurjew ne è un esempio – per denunciare la gravità della situazione.
Ci chiediamo quale possa essere il futuro delle donne ebree per i gruppi femministi: non c’è posto per loro? E soprattutto: che credibilità ha un’associazione femminista se non riconosce come fattor comune indiscutibile e univoco un femminicidio di massa, forse il peggiore degli ultimi tempi?
Non vogliamo che questo accada e chiediamo alle associazioni femministe di prendere una posizione pubblica chiara.
Per aderire: info@torinoebraica.it
Noemi Di Segni, presidente Unione Comunità Ebraiche Italiane
Sara Levi Sacerdotti, Assessora Cultura Comunità Ebraica di Torino, promotrice
Dario Disegni, presidente Comunità Ebraica di Torino