Richard Kenigsman: come dipingere l’angoscia di oggi

Arte

di Sonia Schoonejans e Andrea Finzi

Arte contemporanea: una mostra a Parigi.

«Ogni giorno, dopo il 7 ottobre, immergo i miei pennelli nelle tenebre. Li inzuppo nel fango, al fondo delle ciotole che servono a pulirli. Le dighe crollano, l’umanità si decompone, la disumanità fluisce, una immondazione di pittura ha invaso il mio studio…».

Con queste parole Richard Kenigsman presenta la sua mostra dal titolo “7-10-2023. Larmes aus yeux, l’arme à l’épaule (Lacrime agli occhi, l’arma in spalla)” che è stata inaugurata il 23 maggio all’ECUJE (Espace Culturel et Universitaire Juif d’Europe), una delle celebri istituzioni culturali ebraiche di Parigi. Vi sono esposte una trentina di opere, tutte create giorno dopo giorno a partire dal 7 ottobre, dipinti a olio e carboncino su carta da pacco Kraft riciclata, invece che sull’abituale tela di lino.

Richard Kenigsman è un artista molto rinomato in Belgio, dove è nato nel 1945; risiede e lavora a Bruxelles. Le sue opere, frutto di quarant’anni di appassionata e prolifica pittura, ma anche grafica e scultura, sono state esposte in prestigiose gallerie e musei come il MAHJ (Musée d’Art et d’Histoire du Judaisme) di Parigi e sono presenti in collezioni private della sua città, di Parigi, Milano, Londra, New York e Gerusalemme. Per molti anni ha tenuto una rubrica artistica sul periodico belga Contact J con lo pseudonimo l’Homme du Roi [Ko(e)nigsman] da cui il personaggio coronato, barbuto, ingombrante e buffo che caratterizza tanti suoi disegni. “Niente è più frivolo della seriosità” dice, ed è questo il principio ispiratore del suo lavoro che si caratterizza dal trarre spunto dall’attualità utilizzando la distorsione di fotografie o di vecchi manifesti pubblicitari per affrontare con approccio ironico, derisorio e sovversivo temi connessi all’identità ebraica e ai simboli che vi sono associati: tipica, ad esempio, la presenza del Sefer Torà aperto, chiuso, brandito in ogni modo e con ogni scopo possibile dall’Homme du Roi che rappresenta nelle sue varie espressioni l’anima profonda del popolo ebraico.

Come in un passaggio premonitore, negli ultimi due anni ha dipinto una serie di quadri ispirati alla guerra in Ucraina nei quali l’orrore per la guerra si alterna a simboli di pace sempre più frustrati, che sono stati esposti alla mostra “La possibilité du Mal” a Mons, in Belgio, nel 2023.

L’orrore del 7 ottobre, ma anche la resilienza che immediatamente ha suscitato, è nei titoli dei quadri di questa mostra, prodotti a cadenza quasi giornaliera a partire da quella data spartiacque fra un prima di illusioni ed un poi di ricaduta in un passato che si sperava di non rivedere mai più, cui segue la volontà di risorgere, combattere, sopravvivere: si inizia con “I lupi sono entrati”, “Le unghie dell’orrore”, “Salvate i nostri figli”, “Quando mancano le parole”.

 

Domina su tutto la figura del Re desolato e piangente, schiacciato dal peso di una corona divenuta troppo dolorosa, del Re che apre le braccia per proteggere invano i suoi figli. Ma poi, già dal 12 ottobre, ecco l’inizio del riscatto: “Un popolo di troppo. No!”; e ancora, “La corona trema ma non cadrà”, “Dal trauma al combattimento”, “Il leone di Giuda nei tunnel di Gaza nel 2023”, “On arrive” con il Re che apre le Tavole della Legge ove è scritto “Arriviamo” a salvare i nostri ostaggi.

Ed ancora i dolorosi riferimenti alla sinistra realtà della Diaspora, come il tragico “Felice come un ebreo in Francia”, con una sagoma di spalle con la kippà tricolore ed un bersaglio da tiro a segno sulla schiena, come la rotella medievale; e la colomba impigliata a testa in giù nel filo spinato di un lager in “27 gennaio 2024 giornata europea del ricordo”.

Questo momento del percorso artistico di Richard Kenigsman, che gli eventi hanno vertiginosamente accelerato, unisce la rappresentazione della sofferenza e distruzione del popolo ebraico con il racconto della sua storia, cultura e vita quotidiana, di una volontà di sopravvivere che riecheggia l’insegnamento di rav Yehoshua ben Hanania dopo la distruzione del Tempio: “Non portare per niente il lutto, questo non lo possiamo…ma non possiamo neppure portarlo troppo a lungo”.

Potente è anche la scelta della carta Kraft riciclata, dai molti significati. Lo scrittore Raphaël Jerusalmy vi riconosce la nostra pena riciclabile che si trasforma in speranza dalla sofferenza più profonda; la vede come qualcosa di clandestino, di non troppo pulito, raccattato fra gli scarti, come i fogli di carta rubati dai deportati e divenuti le tele dell’arte concentrazionaria.

L’opera di Richard Kenigsman, maratoneta dell’autoderisione, campione del witz ebraico dolente e sovversivo, come ha scritto Gad Ibgui, direttore dell’ECUJE e dell’Istituto Elie Wiesel, “è un faro nella notte che testimonia la nostra fedeltà inflessibile alla memoria delle vittime del 7 ottobre 2023 e al nostro impegno nel voler celebrare la vita, sempre”.