Muore il produttore cinematografico Albert Ruddy, vincitore del premio Oscar per “Il Padrino” e “Million Dollar Baby”

Spettacolo

di Pietro Baragiola
Sabato 25 maggio è venuto a mancare all’età di 94 anni Albert Ruddy, il pluripremiato produttore cinematografico noto per capolavori di successo come Il Padrino e Million Dollar Baby.

A diffondere questo triste annuncio è stata la sua stessa famiglia, informando la rivista The Hollywood Reporter che il celebre produttore era venuto a mancare dopo una breve malattia e un ricovero presso il Ronald Reagan UCLA Medical Center di Los Angeles.

Nei suoi numerosi anni di carriera Ruddy si era affermato sia nell’industria televisiva che in quella cinematografica, producendo oltre 30 film e lavorando fianco a fianco con leggende come Francis Ford Coppola, Al Pacino e Clint Eastwood.

Alla sua morte ha lasciato la moglie e una figlia, Alexandra, che sui social ha pubblicato un lungo messaggio per rendergli omaggio: “molti loderanno i suoi successi, ma è stato un privilegio per me essere l’unica persona al mondo che può dire di essere stata sua figlia. È stato il papà più incredibile del mondo. Era speciale perché, nonostante tutto il suo successo personale, era altrettanto emozionato quando i suoi cari realizzavano un obiettivo”.

Gli inizi di carriera

Nato nel 1930 da una famiglia ebrea di Montreal, Albert Stotland Ruddy si è trasferito negli Stati Uniti da bambino ed ha passato gran parte dell’infanzia a New York.

Dopo essersi laureato alla University of South California ha lavorato per diversi anni come architetto finché, all’inizio degli anni ’60, il regista Brian Hutton gli presentò l’attore televisivo Bernard Fein. Ruddy era stufo di fare l’architetto e così, insieme a Fein, decise di dare una svolta alla propria vita provando a sviluppare una serie televisiva.

Inizialmente pensarono di scrivere una commedia ambientata in una prigione americana ma cambiarono presto idea. “Avevamo letto su una rivista che la CBS stava realizzando una sitcom ambientata in un campo per prigionieri di guerra e abbiamo pensato: ‘perfetto’. Abbiamo così riscritto il copione e l’abbiamo ambientato in un campo di prigionia tedesco” ha spiegato Ruddy durante un’intervista rilasciata nel 2009 al magazine Vanity Fair.

La serie, intitolata Gli eroi di Hogan, andò in onda dal 1965 al 1971 per sei stagioni e ottenne un grande successo nonostante fu anche molto criticata per aver banalizzato la Seconda Guerra Mondiale e trasformato i nazisti in simpatici cartoni animati.

Negli anni successivi, mentre Fein continuò a lavorare alla serie, Ruddy decise di dedicarsi al cinema supervisionando film a basso costo. Le sue grandi abilità nella gestione dei budget si rivelarono molto utili quando il capo della Paramount Pictures, Robert Evans, acquistò i diritti del romanzo bestseller di Mario Puzo Il Padrino ed era alla ricerca di un produttore che si occupasse del progetto.

“Ricordo ancora che ricevetti una telefonata in piena domenica. Era Robert Evans e mi chiese: ‘vuoi fare Il Padrino?’ Ho pensato che mi stesse prendendo in giro ma ho comunque risposto: ‘si, certo, adoro quel libro!’ – che non avevo mai letto” ha raccontato Ruddy.

“Il Padrino”

Produrre Il Padrino non fu un’impresa facile per Ruddy. Anzi, mise in pericolo il suo lavoro, la sua reputazione e la sua stessa vita.

All’inizio il progetto fece infuriare solamente gli artisti italoamericani come Frank Sinatra che temevano che il nuovo film avrebbe inasprito gli stereotipi contro gli italiani. Con il tempo però attirò anche l’attenzione di mafiosi in carne ed ossa.

Una notte Ruddy sentì alcuni spari provenire fuori da casa sua insieme al rumore dei finestrini della sua auto che venivano spaccati. Il giorno dopo il produttore trovò sul cruscotto dell’auto un biglietto che lo intimava ad interrompere immediatamente le riprese del film.

Ciononostante, Ruddy riuscì a salvare non solo sé stesso ma anche l’intero progetto grazie alla sua grande diplomazia. Il produttore infatti incontrò di persona il boss criminale Joseph Colombo per discutere insieme il copione e giungere ad un accordo.

“Joe si sedette di fronte a me, uno dei suoi scagnozzi sul divano e un altro alla finestra” ha raccontato Ruddy a Vanity Fair. “Indossò i suoi piccoli occhiali alla Ben Franklin, guardò il copione per circa due minuti e disse: ‘che significa dissolvenza in entrata?’”.

Come risultato di questo incontro Ruddy accettò di rimuovere le parole “mafia” e “cosa nostra” dal copione del film e di fare una donazione alla Lega italoamericana per i diritti civili. Colombo fu talmente soddisfatto del risultato che invitò Ruddy a partecipare al suo fianco alla conferenza stampa per annunciare la sua approvazione del film, un evento che portò il produttore ad essere fotografato accanto a membri del crimine organizzato.

Quest’azione portò la Paramount a licenziare Ruddy ma il regista Francis Ford Coppola si oppose e lo fece riassumere. Alla fine persino i mafiosi furono scritturati come comparse e consultati apertamente dai membri del cast.

“Era come una grande famiglia felice” ha spiegato Ruddy. “Tutti i membri del cast amavano i personaggi della malavita e, ovviamente, i malavitosi amavano Hollywood”.

Con un cast che comprendeva Marlon Brando, Al Pacino e Robert Duvall, Il Padrino fu un successo di critica e commerciale e rimane tutt’ora uno dei film più amati e citati della storia.

Fu proprio una decisione di Ruddy e Coppola quella di rivolgersi a Marlon Brando per il ruolo di Don Vito Corleone e Ruddy fu persino uno dei più grandi sostenitori della scelta di Al Pacino per la parte del figlio Michael Corleone.

“Ruddy è stato assolutamente meraviglioso con me per tutto il tempo delle riprese de Il Padrino” ha commentato Al Pacino in un comunicato stampa. “Anche quando non mi volevano per il ruolo, lui mi voleva. Mi ha dato il dono dell’incoraggiamento quando ne avevo più bisogno e non lo dimenticherò mai.”

Il Padrino uscì nelle sale americane il 15 marzo del 1972 e il 27 marzo 1973 Ruddy salì sul palco del Dorothy Chandler Pavillon per accettare l’Oscar per il “Miglior Film”.

“Il sogno americano è ciò che tutti noi vogliamo che sia. Almeno per me, è rappresentato da questo” ha ammesso il produttore durante il suo discorso, tenendo in alto la statuetta d’orata. “È lì per tutti, se vogliamo lavorare, sognare e cercare di ottenerlo”.

Fu Clint Eastwood a consegnare a Ruddy l’Oscar e anni dopo il produttore gli offrirà l’opportunità di dirigere e interpretare l’allenatore Frankie Dunn nel film Million Dollar Baby, progetto per il quale entrambi vinceranno la statuetta d’orata per “Miglior Film” nel 2005.

Queste grandi soddisfazioni accompagneranno Ruddy fino al suo letto di morte dove, secondo un portavoce, alcune delle sue ultime parole furono: “la partita è finita, ma l’abbiamo vinta.”