di Sofia Tranchina
In una complicata operazione approvata giovedì sera ed eseguita sabato, le forze congiunte dell’IDF, dello Shin Bet e dello Yamam hanno recuperato e salvato quattro ostaggi: Noa Argamani, Almog Meir Jan, Andrey Kozlov, e Shlomi Ziv, rapiti durante il massacro al Nova Festival e tenuti in cattività a Gaza per 246 giorni.
Trovati in edifici in due punti diversi del campo profughi al-Nuseirat, Gaza, gli ostaggi sono stati portati in elicottero in Israele, dove sono stati ricoverati in ospedale per accertamenti sulle loro condizioni di salute. Le truppe di terra non erano ancora mai entrate a Nuseirat.
Il contrammiraglio Daniel Hagari, portavoce delle forze di difesa israeliane, ha affermato che la pianificazione operativa, in corso da molte settimane, era particolarmente complessa ed è stata resa possibile da intelligence di qualità.
«Questa è stata una delle operazioni speciali più complicate mai condotte», hanno affermato i funzionari dell’IDF.
Gli ostaggi sono stati salvati dalle forze speciali mentre erano sotto fuoco pesante: Hamas aveva schierato centinaia di terroristi armati nell’area circostante le due località.
Un veicolo che trasportava tre ostaggi ha avuto un malfunzionamento durante l’estrazione, ma le forze speciali sono riuscite a trasferirli su un elicottero militare che li ha portati allo Sheba Medical Center fuori Tel Aviv.Durante l’operazione, l’Ispettore Capo di Yamam (Unità Speciale Centrale della polizia di frontiera israeliana) Arnon Zamora, 36 anni, è stato gravemente ferito ed è deceduto lasciando la moglie e due figli.
Tributi al suo “coraggio supremo” sono arrivati dal governo, dal ministro della Difesa Yoav Gallant e dalle forze armate: “Arnon è un eroe di Israele, un amante della terra e un protettore. Ha guidato la forza che ha salvato i quattro rapiti che erano tornati in Israele dal cuore della Striscia di Gaza”.
Noa Argamani, 26 anni, israeliana di origini cinesi rapita insieme al suo ragazzo Avinatan Or, era diventata il “volto della crisi degli ostaggi” dopo che il video di lei, portata via su una moto mentre supplica i terroristi di non ucciderla, ha fatto il giro del mondo.
Sfruttando la sua notorietà, Hamas l’ha fatta apparire a gennaio, insieme agli altri due ostaggi Yossi Sharabi e Itay Svirsky, in un video di 37 secondi in cui, scarni e sotto costrizione, i tre chiedevano al governo di riportarli a casa, menzionando anche “altri ostaggi uccisi negli attacchi aerei”. Il video, parte della guerra psicologica con cui Hamas cerca di far crollare la società israeliana, terminava con la scritta «domani vi informeremo del loro destino».
A maggio, dopo 237 giorni di prigionia, Hamas ha rilasciato anche una registrazione in cui si sentiva la voce di Noa fare «appello al popolo di Israele»:
«Salvateci. Andate in strada a manifestare, chiudete le strade di Tel Aviv e non tornate a casa finché non saremo tornati. Non lasciate che Netanyahu e il governo ci uccidano. Salvateci, il tempo stringe, deve decidere il popolo. Non vogliamo morire qui».
Oggi, a fare il giro del mondo è invece un video della giovane ragazza che riabbraccia suo padre, sorridente: è il simbolo della missione di salvataggio riuscita.
Portata all’ospedale di Tel Hashomer, Noa ha poi ricevuto una telefonata dal presidente Isaac Herzog e una telefonata dal primo ministro Netanyahu: «sono molto commossa, non sentivo l’ebraico da così tanto tempo…».
Il compagno Avinatan Or è ritenuto essere ancora in ostaggio.
Almog Meir Jan, 21 anni, aveva chiamato la madre Orit alle 7.45 di mattina del sabato nero: «mamma, stanno sparando, stanno sparando». Non capiva bene cosa stesse succedendo, ma, disse, l’avrebbe aggiornata più tardi.
Secondo le ricostruzioni, ha poi cercato di allontanarsi con un amico (anch’egli scomparso) su un’auto, presa di mira dai terroristi prima che potessero allontanarsi.
L’ultima notizia è arrivata alle 12.30, quando lo zio Aviram Meir l’ha riconosciuto in un video girato dalle bodycam dei terroristi, insieme ad altri quattro ragazzi legati e spaventati.
Rilasciato dal servizio militare tre mesi prima, Almog aveva trascorso il venerdì notte ad Or Yehuda ad aiutare il nonno di 87 anni, che aveva da poco subito un intervento chirurgico alla schiena.
Andrey Kozlov, 27 anni, si è trasferito in Israele dalla Russia circa un anno e mezzo fa, con il programma di tirocinio di Masa. Viveva con amici a Rishon Lezion, ed era molto felice di vivere in Israele, ha raccontato la sua ragazza Jennifer Master.
Andrey lavorava come guardia di sicurezza al Nova Festival quando, alle 9 del mattino del sabato nero, ha scritto a suo padre di aver sentito degli spari. Ha poi scritto ai suoi amici di non avere nessun posto dove nascondersi.
Anche Shlomi Ziv, 41 anni, era parte della squadra di sicurezza al Nova Festival, a cui era andato con i due amici Aviv Eliyahu e Jake Marlowe, entrambi uccisi.
Alle 7.30 del sabato nero ha detto alla sorella Adi Kikozashvili che “andava tutto bene”: i terroristi stavano sparando e c’erano state le sirene per i razzi in arrivo, ma lui e il resto della squadra erano “a posto”.
Privo di munzioni, Shlomi ha cercato di allontanarsi in macchina ma è rimasto intrappolato nel traffico a collo di bottiglia. Poco dopo ha chiamato la sorella Revital: era affannato, le disse «ti richiamo».
L’operazione è stata ufficialmente approvata dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dal ministro della Difesa Yoav Gallant giovedì sera, e si è rivelata un grande successo per Israele, che negli scorsi otto mesi di guerra è riuscito a recuperare solo altri tre ostaggi: il soldato Ori Megidish (alla fine di ottobre), e gli ostaggi Fernando Simon Marman e Louis Har a Rafah lo scorso febbraio.
Dopo che un bagnino sulla spiaggia di Tel Aviv ha annunciato la riuscita del salvataggio all’altoparlante, urla di gioia e applausi hanno travolto la città e la Nazione.
Sami Abu Zuhri, un alto funzionario di Hamas, ha cercato di smorzare i festeggiamenti in Israele dichiarando che «la riconquista di quattro prigionieri dopo nove mesi di combattimenti è un segno di fallimento, non un risultato», riporta il Times of Israel.
In un comunicato stampa, il Forum delle Famiglie ha dichiarato:
«L’eroica operazione dell’Idf che ha liberato e riportato a casa Noa Argamani è un trionfo miracoloso. Ora, con la gioia che sta travolgendo Israele, il governo deve ricordare il suo impegno a riportare indietro tutti i 120 ostaggi ancora detenuti da Hamas: i vivi per la riabilitazione, gli assassinati per la sepoltura.
Continuiamo a chiedere alla comunità internazionale di esercitare la necessaria pressione su Hamas affinché accetti l’accordo proposto e rilasci gli altri 120 ostaggi tenuti prigionieri; ogni giorno c’è un giorno di troppo».
Durante l’attacco del 7 ottobre, i terroristi palestinesi hanno rapito 251 ostaggi.
Una tregua durata una settimana alla fine di novembre ha visto la liberazione di 105 civili, in seguito alla quale sono stati recuperati 19 corpi e sono stati salvati 7 ostaggi, portando a 116 gli ostaggi ad oggi ancora in cattività a Gaza, di cui 41 sono stati dichiarati deceduti dall’IDF.
Hamas ha inoltre in ostaggio due civili israeliani entrati nella Striscia nel 2014 e nel 2015, nonché i corpi di due soldati dell’IDF uccisi nel 2014.
295 soldati hanno perso la vita in questi otto mesi di guerra.