A Sderot, al confine con Gaza, dal 7 ottobre essere anormali è la normalità

Israele

dalla nostra inviata Ludovica Iacovacci
Sderot è una graziosa cittadina a meno di un chilometro dal confine con la Striscia di Gaza. Per arrivare al centro della località si incrociano diverse rotonde, una delle prime è dedicata a Yitzhak Shamir, il settimo Primo Ministro dello Stato di Israele. Sul monumento ubicato nella piazza dedicatagli sono incisi il suo nome, la data di nascita e di morte (1915-2012), una sua foto e una sua citazione: “Spero di essere ricordato come un uomo che ha amato la Terra d’Israele e ha fatto tutto ciò che era in suo potere per compiacerla”. Una statua con un suonatore di violoncello abbellisce l’intera rotonda adornata da fiori gialli. Bandierine blu, bianche, gialle e rosse rallegrano le strade d’ingresso che, piazza dopo piazza, conducono dentro la città. È evidente a colpo d’occhio che lo Stato di Israele si sia impegnato nel rendere vivibile e gradevole una cittadina fortemente problematica data la sua natura geografica, al netto dei confini attuali: Sderot, infatti, fu uno dei teatri del massacro del 7 ottobre per mano dei terroristi palestinesi.

 

A otto mesi da quell’evento, la guerra continua anche nel nord della Striscia di Gaza. Ne sanno qualcosa i cittadini che continuano a vivere nella zona di confine. Chi abita a Sderot ha ormai imparato a distinguere il rumore delle diverse armi della guerra. Dalla località si ascoltano in maniera chiara i colpi di artiglieria dell’esercito israeliano e gli aerei militari che attraversano i cieli, determinando lo scorrere rumoroso delle giornate. Talvolta risuonano le sirene d’allarme a causa dei missili sparati dalla Striscia, dai quali ci si difende rifugiandosi nei tanti bunker di sicurezza presenti per le strade, oltre che nelle case. In particolare, uno dei bunker presenti sulle vie percorse da Hamas il 7 ottobre ha ancora i segni sui tetti e sulla mura provocati dai terroristi palestinesi e dai Qassam che sono riusciti a raggiungere il suolo di Eretz Israel.
Anche il mercato della cittadina presenta evidenti segni di danni provocati dai missili: nel muro ci sono diversi fori. A seguito del 7 ottobre, il mercato è costantemente sorvegliato da soldati, pressoché assenti prima del giorno del pogrom. “Avete paura?”, domando a David Farer, un 78enne di Sderot originario di New York, che mi risponde seccamente, quasi sorridendo: “No”. Poi continua: “Noi non siamo più normali. Quando gli amici vengono a trovarci hanno paura, ma per noi è diventato normale. Noi siamo diventati anormali ma questa è la normalità della vita di Sderot”.

Passeggiando per il mercato, David Farer dice che nessuno può essere sicuro che un evento simile a quello del 7 ottobre non si ripeta. La sua delusione per il Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, conosciuto anche come “Mr Sicurezza”, è lampante: “È stato molto facile attaccarci. Il governo ha ampiamente sottovalutato il pericolo. Qui a Sderot eravamo tutti con Bibi, prima della guerra. Adesso siamo tutti contro di lui. Penso che se adesso dovessimo votare, voteremmo per Gantz”. L’uomo critica senza mezzi termini l’alleanza che Benjamin Nethanyahu ha stretto con l’estrema destra israeliana: “Prima di formare il governo non avevo mai sentito il nome di Ben Gvir. Molti israeliani si sono chiesti chi fosse”.

Lasciando il mercato, David ci conduce alla stazione di polizia di Sderot. Nel grande piazzale dove prima sorgeva l’edificio, oggi non c’è più nulla. “Quella mattina, loro [i terroristi, ndr] sono arrivati qui e c’erano dei poliziotti all’interno della stazione”, spiega David parlando dei fatti del 7 ottobre. “I terroristi sono entrati, si sono impossessati della struttura e hanno iniziato a sparare alle persone che c’erano all’interno. L’esercito israeliano è arrivato e ha provato a impossessarsi nuovamente della stazione, ma non ci è riuscito. Tutti i poliziotti israeliani erano già morti quando sono arrivati i rinforzi. Una poliziotta era sul tetto e quando i terroristi sono arrivati cercando persone da uccidere, lei si è finta morta e si è riuscita a salvare. Abbiamo ascoltato spari durante tutta la giornata. L’esercito ha pensato che ormai non ci fosse più nessuno da salvare, nessuno vivo, così hanno distrutto l’edificio. Sono arrivati con i carri armati e hanno spazzato via la struttura. Chi guidava il carro armato era una soldatessa israeliana che aveva ricevuto il comando di sparare alla base del complesso. Così ha fatto e la costruzione è crollata. La grande battaglia che c’è stata qui la ricordiamo tutti. È stato deciso di non ricostruire la stazione di polizia e di lasciare un monumento in ricordo di quella storica battaglia”.

Il piazzale, ormai deserto, è pieno di bandiere, fiori e foto in memoria di coloro che sono caduti. Ad un angolo c’è un’alta Hannukkiah portante un cartello rettangolare sul quale è scritta una preghiera, la cui frase evidenziata recita: “Ognuno è una piccola luce e tutti siamo una luce forte”. Alla base del candelabro ci sono tante candele. La bandiera di Sderot sventola vicino ad un grande cartellone collocato nel perimetro del piazzale sul quale è scritto: “Un memoriale sarà istituito in questo luogo. Durante Simchat Torah 5784, il 7 ottobre 2023, in questo sito è stata combattuta una lunga e straordinariamente eroica battaglia, durante la quale gli agenti di polizia di Sderot e del distretto, le forze dell’Unità Antiterrorismo (Yamam), soldati dell’IDF, membri delle forze di sicurezza e i residenti della città hanno combattuto insieme contro il nemico. Insieme, hanno combattuto contro 26 terroristi di Hamas che avevano preso il controllo della stazione di polizia. Dopo 16 ore di combattimenti, si è deciso di distruggere la stazione, e dopo 23 ore di sforzo supremo e grande coraggio, i terroristi sono stati eliminati e la stazione è stata liberata. Durante questo giorno, approssimativamente 71 difensori della città sono caduti e sono stati uccisi – guerrieri, civili e residenti. La città di Sderot fa tesoro dei suoi caduti e saluta i suoi difensori che hanno combattuto così coraggiosamente”.

Sul muro di un edificio affacciato sul piazzale della stazione, sono ancora visibili i segni della battaglia. Qui è stato dipinto un murales che raffigura l’antica stazione di polizia dal cui tetto esce gloriosamente la Torah, diffondendo le sue lettere per il cielo. Al suo fianco, tre bandiere: quella della città di Sderot, quella della polizia di Israele e quella dello Stato. In basso a destra sono disegnati il nome della città, la data dell’evento e una piccola candela.

Infine David ci conduce su una collina affacciata sulla Striscia di Gaza. È uno dei punti migliori per osservare la guerra. Secondo quanto pensano i residenti e secondo quanto emerge del campo, sembra che Tzahal, l’esercito israeliano, ancora non abbia il totale controllo neanche della parte nord della Striscia. I combattimenti sono visibili dal confine ad occhio nudo, nelle prossimità di Beit Hanun. Mentre eravamo in loco, un israeliano si siede sul precipizio della collina; guarda gli scontri in corso fumandosi una sigaretta. Dopo qualche minuto si alza e si dirige di corsa verso la sua moto, annunciando precipitosamente: “Andatevene, ci sono i cecchini palestinesi”. Siamo costretti ad allontanarci velocemente. Ci trovavamo su un’altura sopraelevata rispetto alla Striscia di Gaza ma come noi potevamo vedere i terroristi palestinesi, così loro potevano vedere noi.

David Farer ha lasciato la collina passeggiando con estrema calma, tranquillità e controllo. Le sue parole pronunciate qualche ora prima non erano retorica: dopo il 7 ottobre lui non ha davvero più paura. Dimostrare questo tenace spirito è la vittoria più grande per lo Stato di Israele.