Il settore energetico israeliano conta oltre 300 imprese innovative

Israele

di Francesco Paolo La Bionda
In Israele, il comparto Energy Tech, che raccoglie startup e imprese impegnate a fornire soluzioni innovative e sostenibili per la produzione e il consumo di energia, è arrivato a contare oltre 300 aziende, di cui 160 sono eccellenze a livello globale. Lo rivela il censimento effettuato da Start-Up Nation Central, un’organizzazione no-profit che promuove l’ecosistema dell’innovazione israeliano in tutto il mondo, in collaborazione con Ignite the Spark e l’Israel Export Institute.

Dall’analisi emerge un panorama imprenditoriale prevedibilmente giovane, con il 70% di queste imprese che è stato fondato negli ultimi dieci anni, con dieci nate solo nel corso dell’ultimo anno. I trend di crescita si rivelano comunque robusti: il 40% del totale si trova già in una fase di maturità imprenditoriale e nel corso degli ultimi dodici mesi sono stati raccolti 403 milioni di dollari in finanziamenti.

I dati sono stati resi disponibili anche sotto forma di mappa, dalla Israel Energy Tech Landscape Map 2024, che distingue tra i diversi ambiti di attività e tecnologici individuando otto categorie: produzione, trasmissione e distribuzione, cattura, utilizzo e immagazzinamento del carbonio, valorizzazione dei rifiuti, stoccaggio domestico, idrogeno, stoccaggio industriale e cybersicurezza.

“Con il mondo sempre più in cerca di soluzioni sostenibili in ambito energetico, l’approccio israeliano all’innovazione è fondamentale. Gli imprenditori israeliani stanno fornendo soluzioni avanzate per rivoluzionare tutti gli ambiti delle nuove filiere dell’energia e generare un impatto positivo nel comparto Energy Tech a livello globale”, spiega Alon Turkaspa, AgriFood Tech and Climate Tech Sector Lead di Startup Nation Central.

In Israele domina ancora l’energia fossile, ma le fonti green hanno un grande potenziale

Secondo i dati ufficiali, nel 2022 Israele ha prodotto energia elettrica per quasi il 90% da fonti fossili, primariamente da gas naturale, di cui il paese è produttore dall’inizio del millennio, e in secondo luogo da carbone. Per le rinnovabili, la parte del leone l’ha giocata il solare fotovoltaico.

I motivi dell’utilizzo inferiore alle aspettative delle fonti green sono principalmente le lungaggini burocratiche, la mancanza di terreni adatti, la mancanza di elettrodotti sufficientemente potenti nelle aree più remote e il costo più basso della generazione da gas naturale, data la disponibilità domestica.

Tuttavia, un grande potenziale di crescita per le rinnovabili potrebbe arrivare dalla politica: già nel 2021, l’allora Primo Ministro Naftali Bennet aveva fissato l’obiettivo di un azzeramento delle emissioni israeliane entro il 2050. Un obiettivo che stava per diventare legge lo scorso settembre, prima che il pogrom del 7 ottobre sconvolgesse le priorità nazionali, quando il Parlamento aveva discusso un disegno di legge sul clima, e che potrebbe un giorno essere ripreso in mano dal governo.

 

(Nella foto la stazione solare di Ashalim. Fonte: Wikimedia)