Attacco Houthi a Tel Aviv: un morto e diversi feriti

Israele

di Sofia Tranchina
Un boato, un lampo giallo nel cielo, vetri rotti sparsi sui marciapiedi e centinaia di segnalazioni: intorno alle 3.12 del mattino di venerdì 19, nella capitale economica israeliana Tel Aviv, un UAV (Unmanned Aerial Vehicle, o Aeromobile a Pilotaggio Remoto) ha colpito un edificio in centro, in via Shalom Aleichem.

L’attacco è stato presto rivendicato dagli Houthi, milizie islamiche yemenite sostenute dall’Iran. I frammenti del drone, recuperati sul luogo dell’esplosione, sembrano ricondurre a munizioni prodotte dall’Iran, avvalorando così la rivendicazione yemenita, confermata poi dal portavoce dell’esercito Daniel Hagari.

“Dopo le nostre indagini iniziali e sulla base dei risultati sulla scena e dei nostri sistemi militari, è probabile che si sia trattato di un UAV Samad-3, che riteniamo abbia volato dallo Yemen a Tel Aviv – ha dichiarato Hagari -. Il Samad-3 è un’arma iraniana che probabilmente è stata aggiornata per estendere il suo raggio di volo. L’Iran sostiene, finanzia e arma i suoi proxy nella regione, a Gaza, in Giudea e Samaria, in Libano, in Siria e nello Yemen, come si è visto ieri sera. La minaccia degli UAV è una minaccia che abbiamo affrontato fin dall’inizio della guerra su tutti i nostri confini. Finora, solo dallo Yemen sono state lanciate molte decine di UAV, la maggior parte dei quali sono stati intercettati o abbattuti mentre erano in viaggio o prima di infiltrarsi in territorio israeliano. La maggior parte di essi è stata intercettata da una task force americana sotto il comando del CENTCOM (Comando Centrale degli Stati Uniti), mentre il resto è stato intercettato da aerei o sistemi difensivi dell’aviazione israeliana”.

L’impatto, avvenuto a circa 100 metri dall’ambasciata americana, fa supporre che l’obiettivo del gruppo – il cui slogan è ‘Morte all’America, Morte a Israele, Maledizione agli ebrei, Vittoria all’Islam’ – fosse proprio quello di colpire Israele e minacciare gli Stati Uniti allo stesso tempo.

Gli operatori del Magen David Adom (i servizi di emergenza israeliani), arrivati rapidamente sulla scena, hanno raccontato di aver visto trambusto e distruzione a seguito dell’esplosione.

Quattro persone sono state portate in ospedale con ferite da schegge alla spalla e agli arti, ma un uomo sulla cinquantina, che ha subìto un colpo alla testa, è stato trovato morto nel suo appartamento. «In breve tempo abbiamo dovuto constatare la sua morte», dichiara MADA.

La vittima è stata identificata come Yevgeny Ferder, un uomo bielorusso trasferitosi due anni fa a Tel Aviv per scappare alla guerra tra Russia e Ucraina.

Altre quattro persone sono state curate per shock, e la polizia locale ha chiesto ai residenti di non avvicinarsi al luogo dell’esplosione, dove potrebbero esserci resti di razzi con materiale esplosivo.

«La guerra è ancora qui, ed è difficile e dolorosa», ha dichiarato il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai, aggiungendo che la città si sta «spostando in uno stato di allerta più elevato».

Gli UAV sono droni di grandi dimensioni in grado di volare per lunghe distanze, a bassa quota e con una piccola traccia radar, ma sono anche relativamente lenti. Non è chiaro dunque come il veicolo di venerdì mattina sia riuscito a sfuggire alle estese difese aeree israeliane ed eludere i sistemi di allarme.

Il portavoce del gruppo terroristico, Yahya Saree, ha dichiarato Tel Aviv «una zona non sicura, obiettivo primario nel raggio d’azione delle armi yemenite», e ha spiegato che l’operazione è stata eseguita in nome di Allah in solidarietà con «gli eroi di Gaza che difendono la nazione araba e islamica» grazie a «un nuovo drone denominato Yafa, capace di aggirare i sistemi di intercettazione nemici e non rilevabile dai radar».

Finora, gli attacchi aerei degli Houthi contro Israele hanno raggiunto al massimo Eilat (la località più meridionale del Paese). L’eventualità che nuove munizioni arrivate dall’Iran riescano a raggiungere obiettivi più a nord rappresenta un grande rischio per la popolazione civile israeliana.

L’esercito nega che si tratti di un limite tecnico, bensì di un errore umano: a quanto risulta da un’indagine preliminare, il veicolo sarebbe stato rilevato dai sistemi dell’Aeronautica Militare, ma non sarebbe stato intercettato a causa di una valutazione errata riguardo all’effettiva minaccia.

L’esplosione è avvenuta dopo che, giovedì sera, lesercito israeliano ha eliminato nel Libano meridionale Ali Jaafar Maatouk, un comandante di alto rango della milizia Hezbollah, anch’essa sostenuta dall’Iran. Il comandante della forza d’élite Radwan era operativo nell’unità regionale Hajjar, responsabile dei continui attacchi nella regione a nord di Israele Ramim Ridge.

Quello che ora tutti si chiedono è se Israele per la prima volta risponderà a un attacco Houthi.