Colloqui di pace a Doha: nuovi sforzi e crescente tensione

Mondo

di Anna Balestrieri
In uno sforzo diplomatico significativo e senza precedenti,  rappresentanti di diverse nazioni del Medio Oriente si sono riuniti a Doha per un incontro cruciale volto a rilanciare i colloqui di pace nella regione. Il vertice della svolta, nelle speranze del presidente americano Joe Biden, ha visto leader e diplomatici di vari paesi convergere con l’obiettivo di affrontare i conflitti in corso e tentare di promuovere una stabilità a lungo termine.

Il vertice di Doha: l’ultima speranza per un cessate il fuoco

Il vertice di Doha, che ha riunito attori chiave tra cui Israele, Palestina, Qatar, Egitto e Giordania, ha segnato un rinnovato impegno per la pace dopo mesi di tensioni e violenza intermittente. Le discussioni si sono concentrate sulla ricerca di una soluzione praticabile al conflitto seguito all’aggressione palestinese del 7 ottobre 2023 e sull’affrontare questioni regionali più ampie, inclusa la crisi umanitaria in corso e il ruolo delle potenze esterne nella regione.

Accuse di Hamas e nuove condizioni di Netanyahu

Il vertice è stato tuttavia caratterizzato da crescenti tensioni e non ha finora confermato le aspettative. In una prima dichiarazione ufficiale dopo il summit, Hamas ha accusato il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu di “imporre nuove condizioni per sabotare i negoziati.” Hamas ha affermato che la proposta statunitense, presentata con l’intenzione di colmare le lacune tra le parti in conflitto, è stata modificata per soddisfare le richieste di Netanyahu, impedendo ulteriori progressi verso un accordo di cessate il fuoco. Queste richieste includono il controllo continuo da parte di Israele su aree chiave come il corridoio di Philadelphia e il valico di Rafah.

Il ruolo del Qatar

Il Qatar, in qualità di ospite e mediatore, ha sottolineato l’importanza del dialogo e del compromesso durante i colloqui. Il Ministro degli Esteri del Qatar, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, ha evidenziato l’urgente necessità di una risoluzione pacifica, affermando: “La regione ha sofferto troppo a lungo a causa degli impatti devastanti del conflitto. È nostra responsabilità collettiva tracciare un percorso verso la pace, la stabilità e la prosperità per tutti i nostri popoli.”

La visita di Blinken e la Dichiarazione di Netanyahu

Nel frattempo, il Segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in Israele domenica nel suo nono viaggio di mediazione, l’ennesimo tentativo di prevenire una guerra regionale che coinvolga Iran e Hezbollah, mentre cerca di promuovere un accordo di cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. La visita di Blinken è coincisa con i negoziati in corso al Cairo e a Doha, mentre continuano gli sforzi per preparare le basi per un altro vertice, possibilmente già mercoledì.

L’incontro di tre ore tra Benjamin Netanyahu e Antony Blinken (nella foto) è stato “condotto con spirito positivo“, secondo una dichiarazione dell’ufficio del primo ministro israeliano. L’ufficio di Netanyahu ha rilasciato inoltre una dichiarazione affermando che, sebbene ci siano aree in cui è possibile essere flessibili, certi principi restano non negoziabili, in particolare quelli riguardanti la sicurezza e il rilascio degli ostaggi. Il Primo Ministro israeliano ha anche sottolineato che la comunità internazionale dovrebbe concentrare le sue pressioni su Hamas e sul suo leader Yahya Sinwar, accusandoli di intransigenza per non aver inviato neanche un rappresentante ai colloqui di Doha.

Un futuro incerto: le posizioni divergenti di Israele e Hamas

Mentre il vertice si è concluso, tra alcuni partecipanti si è respirato un cauto ottimismo, anche se il rinnovato dialogo a Doha è stato oscurato dalla crescente frizione tra le parti coinvolte. Il percorso verso la pace in Medio Oriente rimane irto di sfide, con gli esiti di questi colloqui che probabilmente influenzeranno la traiettoria futura della regione.
Netanyahu ha criticato le fughe di notizie sui negoziati per il cessate il fuoco, sottolineando che questo è un ostacolo a un accordo finale.
L’apparato di sicurezza israeliano si era detto disposto a ritirarsi temporaneamente dal Corridoio Philadelphia per liberare gli ostaggi, per un periodo che durerebbe dalle sei alle otto settimane, al termine delle quali Israele potrebbe tornare a combattere Hamas e altri terroristi nella Striscia di Gaza.
“Anche oggi, il Primo Ministro insiste affinché restiamo nel corridoio di Philadelphia per impedire ai terroristi di riarmarsi”, ha affermato una dichiarazione del suo ufficio.
“Il Primo Ministro continuerà a promuovere un accordo che massimizzi il numero di rapiti vivi e che consentirà il raggiungimento di tutti gli obiettivi della guerra”.