di David Fiorentini
“Abbiamo bisogno di curarci. Ci sono 60 mila persone, in questo territorio, che ne hanno il sacrosanto diritto”. Così ha esordito Fabrizio Bonaccio, sindaco del piccolo comune piemontese di Borgosesia, lanciando un appello a nome di tutta la valle, per sottolineare l’urgenza di garantire un’assistenza sanitaria adeguata ai suoi cittadini.
Dopo numerosi concorsi andati deserti, l’ospedale locale di Santi Pietro e Paolo si trova oggi a fronteggiare una grave carenza di personale sanitario. La risposta a questa crisi potrebbe arrivare da una direzione inaspettata: Israele.
Tramite l’associazione “Baita” (ente del terzo settore, senza scopo di lucro), l’amministrazione ha proposto di portare in Italia 65 medici e infermieri israeliani, disposti a cambiare il proprio stile di vita e abbracciare la campagna piemontese.
Il progetto, che sembrava inizialmente solo un’idea, ha già riscosso parole di sostegno da parte della direttrice generale dell’ASL di Vercelli Eva Colombo: “Si tratta di una soluzione perseguibile e apprezzata. Ho chiesto all’associazione di formare il personale sulla lingua italiana, che è imprescindibile. Credo che ci sia uno spiraglio per attuare questa proposta nel 2025”. La lingua, infatti, rappresenta uno degli ostacoli principali, ma non insormontabili, per l’integrazione dei nuovi medici e infermieri.
Nel frattempo, 39 professionisti sanitari sono già stati segnalati e l’iter per la loro assunzione è in fase avanzata. Come spiega il presidente dell’associazione Baita Ugo Luzzati, esiste un bando regionale che permette di assumere medici stranieri per un anno, durante cui potranno lavorare e avviare il processo di riconoscimento delle loro qualifiche e specializzazioni.
“Stiamo raccogliendo i documenti che consegneremo all’ambasciata italiana in Israele. Saranno necessarie lettere da parte delle istituzioni per confermare il progetto e snellire le pratiche”, ha affermato fiducioso Luzzati.
Nel frattempo, in attesa di un riscontro formale dell’ASL, la collaborazione tra Borgosesia e l’associazione Baita oltre a risolvere l’emergenza sanitaria locale, potrebbe anche rappresentare un modello di integrazione innovativa in ambito sanitario. Di fronte alla carenza diffusa di personale medico in tutta Italia, questa iniziativa potrebbe aprire la strada a nuove forme di cooperazione internazionale per garantire cure di qualità ai cittadini.