di Marina Gersony
Impolverato, seduto immobile su una poltrona tra macerie e calcinacci, lo sguardo rivolto verso il drone. E poi un ultimo gesto improvviso disperato, o forse di sfida, di un bastone contro il velivolo. Chissà cosa avrà pensato in quegli istanti prima di morire Yaḥyá Ibrāhīm Ḥasan al-Sinwār, noto come Yahya Sinwar, una delle figure più temute e ricercate dalle forze israeliane, la mente strategica dietro il 7 ottobre. Immagini forti che hanno fatto il giro del mondo da quando, giovedì, è stato dato l’annuncio della sua morte. Il video del leader di Hamas, diffuso dall’IDF, lo mostra pochi minuti prima del bombardamento che lo ha ucciso a Rafah, nella Striscia di Gaza.
Ma cosa significa davvero la sua scomparsa? Cosa succederà ora? Che impatto avrà sul futuro di Gaza, di Israele, e più in generale, sugli equilibri della regione e oltre? Sono diversi gli scenari possibili e gli interrogativi che si pongono.
Israele: un trionfo momentaneo o un’opportunità a lungo termine?
Per Israele, la morte di Yahya Sinwar rappresenta senza dubbio un importante successo. Era uno degli obiettivi principali, un simbolo di Hamas, e la sua eliminazione fa notizia. Tuttavia, la sua scomparsa non rappresenta solo un colpo a un leader astuto e temuto; è anche un’opportunità per Israele di rivedere la propria strategia nel conflitto. A partire dagli ostaggi ancora trattenuti a Gaza, che nessuno sa se siano vivi o morti. Al momento non è chiaro se l’uccisone di Sinwar complichi la strategia per il loro rilascio, insieme al raggiungimento di un cessate il fuoco. Va sottolineato che la fine di Sinwar non implica la conclusione delle ostilità. Hamas è tante cose, un’organizzazione complessa e ben radicata, capace di resistere anche a perdite significative. Pur essendo una figura centrale, Sinwar non era l’unico a detenere il potere.
Come ricorda il Forward, il suo percorso è sorprendente: dopo vent’anni in prigione e l’apprendimento dell’ebraico, fu rilasciato nel 2011 in cambio del soldato israeliano Gilad Shalit e circa 1.000 prigionieri palestinesi.
Era un personaggio carismatico a Gaza, noto sia per il suo fascino che per la sua spietatezza. La sua morte potrebbe scatenare reazioni imprevedibili, con Hamas che potrebbe cercare vendetta per dimostrare che la loro resilienza non è stata intaccata. Nel breve periodo, Israele potrebbe godere di una pausa, ma a lungo termine il conflitto potrebbe continuare con nuovi leader pronti a raccogliere l’eredità di Sinwar. La sua uscita di scena rappresenta una pietra miliare che Netanyahu potrebbe sfruttare per passare a una nuova fase strategica, concentrandosi su un piano globale “del giorno dopo” per Gaza, con l’aiuto di un’Autorità Nazionale Palestinese rinnovata e di nazioni arabe moderate, supportato finanziariamente e diplomaticamente dagli USA e dall’UE. In breve, il panorama rimane instabile e tutto può cambiare rapidamente, mantenendo la situazione complessa e carica di incertezze.
Gaza: un vuoto di potere o il caos?
La scomparsa di un leader carismatico, che, sebbene con metodi feroci, riusciva a mantenere coeso Hamas, apre un periodo incerto per l’organizzazione. Senza di lui, figura difficile da sostituire, potrebbero emergere lotte di potere all’interno del movimento, che finora era riuscito a mantenere un fragile equilibrio tra le diverse fazioni. Il rischio è che questa frammentazione favorisca l’ascesa di gruppi più estremisti o rafforzi l’ala militare, portando a un’escalation di violenza. Per i civili di Gaza, già provati da anni di conflitto, la prospettiva di maggiore instabilità rende il futuro ancora più preoccupante. In parallelo, Khalil Hayya, figura chiave di Hamas a Gaza, ha dichiarato che gli ostaggi israeliani non verranno liberati finché Israele non interromperà gli attacchi e non ritirerà le sue truppe. Le sue parole aggiungono ulteriore tensione a una situazione che sembra sempre più fuori controllo, con il rischio che le dinamiche interne di Hamas complichino ulteriormente un contesto già esplosivo.
Secondo il Washington Post, la perdita di Sinwar è per Hamas «una grave battuta d’arresto […], ma probabilmente non sarà una campana a morto per il movimento né porrà fine immediata allo spargimento di sangue». Mkhaimar Abusada, professore di scienze politiche all’Università di Al-Azhar a Gaza, poi scappato e ora ospite alla Northwestern University negli Stati Uniti, ha dichiarato al giornale che «Hamas, alla fine, si considera un movimento di liberazione nazionale, che sta combattendo contro l’occupazione israeliana. E se un leader muore, un altro riprenderà la lotta e la porterà avanti. Questo è ciò che accade da molti anni».
Si ipotizza dunque che il successore di Sinwar potrebbe essere qualcuno all’estero, come Khaled Meshal o lo stesso Khalil Hayya. Spuntano anche figure come Mousa Abu Marzouk e Mohammed Deif, suggerendo che la leadership esiliata di Hamas potrebbe essere più flessibile nei negoziati con attori internazionali come Qatar e Stati Uniti, aprendo possibilità per un futuro accordo di cessate il fuoco. Diversi esperti sostengono che il fratello di Sinwar, Mohammed, potrebbe assumere il ruolo militare che a Gaza aveva suo fratello maggiore, anche se diversi analisti esprimono dubbi sulle sue capacità di prendere il suo posto come leader politico.
VIDEO Le prime immagini di Mohammad Sinwar, fratello del leader ucciso. Il video divulgato dall’Idf, risalente al dicembre 2023, lo mostrerebbe mentre viaggia in auto attraverso un tunnel vicino al valico di Erez a Gaza.
Libano e Hezbollah: verso una nuova escalation?
Con la morte di Sinwar, Hezbollah, il potente gruppo libanese alleato di Hamas, potrebbe decidere di intensificare il proprio coinvolgimento nel conflitto e lanciare un attacco lungo il confine settentrionale di Israele. Questo aprirebbe un nuovo fronte di guerra e aumenterebbe la tensione nella regione. Il gruppo potrebbe anche decidere una strategia più prudente nella consapevolezza che una mossa simile potrebbe scatenare una reazione militare devastante da parte di Israele. Un intervento di Hezbollah rischierebbe di aumentare la situazione e di sfuggire di mano, coinvolgendo altri Paesi, come la Siria, in un’escalation ancora più complessa e pericolosa.
Cisgiordania: una polveriera pronta a esplodere?
Anche la Cisgiordania rischia di essere influenzata dalla morte di Sinwar. Nonostante eserciti un’influenza minore in Cisgiordania rispetto a Gaza, Hamas potrebbe prendere la palla al balzo per guadagnare terreno nei confronti di Fatah, l’organizzazione politica e paramilitare palestinese che controlla ufficialmente l’area. Se ciò dovesse succedere, si potrebbero verificare nuovi scontri e un aumento di violenza nelle città palestinesi. Inoltre, l’opinione pubblica palestinese, già molto divisa, potrebbe reagire con rabbia alla morte di Sinwar, alimentando proteste contro l’Autorità Palestinese e contro Israele.
Europa: quali ripercussioni?
La morte di Sinwar, combinata all’escalation del conflitto, rischia di accrescere le tensioni sociali già presenti in Europa. È probabile che le comunità musulmane e pro-palestinesi reagiscano con manifestazioni, mentre le comunità ebraiche, già provate dagli effetti del conflitto, potrebbero sentirsi sempre più vulnerabili. Il rischio concreto che il caos del Medio Oriente si trasferisca nelle nostre strade, portando a scontri tra gruppi estremisti non va ignorato. Senza contare il tema dei rifugiati, che si fa sempre più urgente. L’Europa potrebbe trovarsi a dover accogliere un numero crescente di persone in fuga da situazioni disperate, e questo solleverà inevitabilmente una serie di sfide politiche e sociali.
Stati Uniti: diplomazia sempre di più sotto pressione?
A ridosso delle elezioni presidenziali, gli USA dovranno ricalibrare le proprie strategie in Medio Oriente. La morte di Sinwar complica la già delicata posizione di Washington nel tentativo di mediare una tregua e trovare una soluzione alla crisi degli ostaggi israeliani e a proteggere Gaza. Gli Stati Uniti dovranno anche affrontare le crescenti pressioni da parte dei loro alleati nel mondo arabo, che chiedono maggiore attenzione alla crisi umanitaria nella Striscia. Biden, o chi verrà eletto dopo di lui, si troverà a dover bilanciare il suo tradizionale sostegno a Israele con la necessità di evitare una catastrofe umanitaria che potrebbe far aumentare il risentimento verso l’Occidente in tutto il mondo arabo.
Iran: quali sviluppi dopo la morte di Sinwar?
Il leader di Hamas sapeva come navigare abilmente tra le turbolenze interne al movimento. Ora, con la sua morte, l’Iran potrebbe vedere un’opportunità per espandere la propria influenza su Hamas, rendendola ancora più dipendente dai suoi aiuti e risorse. Basta immaginare l’Iran che considera questo un momento d’oro. Potrebbe intensificare il suo supporto non solo a Hamas, ma anche ad altri gruppi come Hezbollah e le milizie sciite in Iraq e Siria, con rinnovate forniture di armi e risorse rendendo la situazione ancora più mutevole e precaria. La scomparsa di Sinwar, insomma, potrebbe essere sfruttata come pretesto per fare pressione su Israele da più fronti. In questo contesto, alcuni analisti ritengono che l’Iran possa sfruttare la morte di Sinwar per alimentare la narrativa del “martire”, elevandolo a simbolo della “resistenza contro Israele”. Questa strategia potrebbe servire a rafforzare l’unità interna, offrendo alla popolazione una causa comune per cui lottare, ma allo stesso tempo funzionerebbe come una distrazione dai seri problemi che il Paese sta affrontando, soprattutto sul fronte economico. Un aumento della tensione, però, rischierebbe di complicare i rapporti con i Paesi arabi più moderati, come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Questi Stati, pur sostenendo pubblicamente la causa palestinese, non vogliono veder crescere l’instabilità nella regione.
La scomparsa di Yahya Sinwar cambia indubbiamente le dinamiche in gioco. Potrebbe aprire le porte a una fase nuova e incerta, che potrebbe portare tanto a un nuovo equilibrio quanto a un’escalation di conflitti. La situazione, insomma, rischia di diventare un vero e proprio puzzle diplomatico, ancora tutto da decifrare.