Se nelle scuole italiane va in cattedra una divulgazione a senso unico pro-pal, abbiamo un grande problema

Italia

di Redazione
“Mi è stata offerta un’occasione più unica che rara, visto il clima in Italia. Ho incontrato gli studenti di un liceo per parlare di gen*cidio e di G4za. I ragazzi sono preoccupati. ma gli adulti non forniscono loro gli strumenti adatti per comprendere, elaborare, agire, scegliere. PARLATE con i ragazzi vi prego”.

Questo il recente post pubblicato su Instagram da Cecilia Parodi, colei che a luglio di quest’anno aveva detto in un video, piangendo: “Odio tutti gli ebrei, odio tutti, tutti gli israeliani dal primo all’ultimo, odio tutti quelli che li difendono, tutti i giornalisti, tutti appesi per i piedi, non basta Piazzale Loreto, ci vuole Piazza Tienanmen per appendervi tutti, io ve lo giuro, io sarò in prima fila per sputarvi addosso”. “Uno scivolone emotivo, mentre elencavo diverse categorie coinvolte nel genocidio, in modo più o meno diretto, e mi è sfuggita una generalizzazione purtroppo facilmente strumentalizzabile”, ha dichiarato in un’intervista recente la Parodi.

Già denunciata dalla senatrice Liliana Segre per quel video di insulti contro di lei e tutti gli ebrei, e per questo indagata per “istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa”, nonché denunciata anche dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei) la Parodi ora va nelle scuole a parlare di Gaza e genocidio. Un fatto di enorme gravità, che è già all’attenzione dell’Ucei, che sta studiando diverse iniziative con il Ministero per evitare che le scuole sia destinatarie di propaganda unilaterale.

Quello della Parodi, infatti, non è l’unico caso di informazione a senso unico – da sostenitori della causa palestinese e antisraeliani – fatta nelle scuole ai ragazzi: di recente in una scuola media di Ferrara si è svolto un incontro organizzato dall’organizzazione “Ferrara Per la Palestina”. L’incontro, rivolto agli studenti, ha presentato un’unica prospettiva di natura propalestinese, senza garantire un’informazione bilanciata che includesse anche il punto di vista di Israele.

Dopo questo episodio, l’Unione Associazioni Italia Israele (UAII) ha prontamente segnalato la questione al Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.

“Accogliamo con gratitudine la rapida risposta del Ministro, il quale è intervenuto presso l’istituto scolastico coinvolto – si legge in una nota dell’Uaii -. Il Ministro ha richiesto al dirigente scolastico di ripristinare un equilibrio formativo, invitando la scuola a organizzare un ulteriore incontro per gli studenti con il contributo di un’associazione ebraica. Tale misura mira a garantire che il dibattito su temi complessi come il conflitto israelo-palestinese venga affrontato in modo equo e costruttivo, offrendo agli studenti un quadro completo delle diverse prospettive”.

Un problema serio

Quello dell’informazione nelle scuole sul conflitto in corso è una questione di grande attualità, che deve essere affrontata con cognizione e responsabilità prima di tutto dai dirigenti scolastici e dagli insegnanti: troppi sono i casi in cui viene data un’informazione a senso unico a ragazzi che per la loro giovane età sono facilmente influenzabili, senza che venga dato loro un quadro di insieme, l’altra voce (quella israeliana), come se fosse tutto bianco o nero.

E soprattutto non si pensa ai ragazzi ebrei che le scuole pubbliche le frequentano, e che si sentirebbero profondamente a disagio in un contesto in cui verrebbero considerati ‘sul banco degli imputati’. Soprattutto se a parlare è una che dice “odio gli ebrei”.