Israele – Libano: in vigore il cessate il fuoco. Riparte la speranza, ma le incognite restano

Mondo

di Anna Coen
Martedì 26 novembre il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato un cessate il fuoco con Hezbollah, ponendo fine a 14 mesi di violenti scontri al confine settentrionale di Israele. L’accordo, mediato dagli Stati Uniti, è stato approvato con 10 voti favorevoli e uno contrario, quello del ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir. Sebbene accolto con ottimismo in alcune sedi internazionali, l’opinione pubblica israeliana resta divisa: un sondaggio di Channel 12 ha rilevato che il 37% sostiene l’accordo, il 32% è contrario e il 31% è indeciso.

 

Il ritorno degli sfollati

Con l’entrata in vigore del cessate il fuoco alle 4 del mattino, si è registrato un lento ritorno dei civili sfollati da entrambe le parti. In Libano, alcune famiglie evacuate durante le operazioni israeliane hanno iniziato a rientrare nelle loro abitazioni, nonostante le autorità abbiano esortato alla prudenza a causa della presenza di ordigni inesplosi e infrastrutture danneggiate. Parallelamente, anche i residenti del nord di Israele, costretti a lasciare le loro case a causa dei razzi di Hezbollah, stanno gradualmente tornando, incoraggiati dalla riduzione delle minacce immediate.

Le Nazioni Unite e la missione UNIFIL hanno ribadito l’importanza di mantenere la calma e rispettare i termini dell’accordo. Gli Stati Uniti, che hanno guidato la mediazione, hanno istituito un comitato di monitoraggio per garantire che nessuna delle parti violi l’intesa.

Reazioni del mondo politico internazionale

Joe Biden ed Emmanuel Macron hanno annunciato congiuntamente la notizia, sottolineando l’importanza di un accordo che «porrà fine ai combattimenti in Libano e proteggerà Israele dalla minaccia di Hezbollah». Il presidente USA ha ribadito con fermezza: «Vorrei essere chiaro: se Hezbollah viola l’accordo, Israele manterrà il diritto di difendersi». A Washington prevale l’ottimismo per un’intesa volta a garantire una «cessazione permanente delle ostilità», con l’obiettivo che «ciò che resta di Hezbollah e di altre organizzazioni terroristiche non sarà mai più autorizzato a minacciare la sicurezza di Israele». Il Primo Ministro britannico Keir Starmer ha reagito con maggiore cautela, definendo il cessate il fuoco «a lungo atteso» e affermando che porterà «un po’ di sollievo» alle popolazioni civili in Libano e nel nord di Israele

«L’accordo sul cessate il fuoco in Libano è un sollievo nella devastante situazione in Medio Oriente – ha commentato a sua volta l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell, ringraziando l’Eliseo e la Casa Bianca per la loro mediazione. «Ora – ha sottolineato il capo della diplomazia a dodici stelle – è però necessario che l’accordo regga e che gli attacchi vengano effettivamente sospesi da entrambe le parti, per garantire la sicurezza dei cittadini libanesi e israeliani e il rientro degli sfollati».

I principali termini dell’accordo

  • Ritiro di Hezbollah: Entro 60 giorni, il gruppo dovrà ritirare le proprie forze e armi dal confine, spostandosi a nord del fiume Litani.
  • Presidio libanese: L’esercito libanese prenderà il controllo delle aree liberate, monitorando che Hezbollah non ricostruisca infrastrutture militari.
  • Ritiro israeliano: Le truppe israeliane lasceranno il sud del Libano nello stesso periodo.
  • Comitato di sorveglianza: Un team internazionale guidato dagli Stati Uniti supervisionerà l’attuazione dell’accordo e affronterà eventuali violazioni.
  • Ritorno degli sfollati: I civili, sia in Libano sia in Israele, potranno rientrare in sicurezza nelle loro case al termine del ritiro delle forze.

 

Un equilibrio fragile

Una riflessione sul cessate il fuoco la riporta il Forward a firma di Dan Perry, ex caporedattore di The Associated Press in Europa, Africa e Medio Oriente:

La decisione del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu di accettare un cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti in Libano, osserva Perry, rappresenta un raro esempio di razionalità strategica durante il suo mandato. Il cessate il fuoco garantisce ad Israele importanti guadagni, come il ritiro delle forze di Hezbollah a nord del fiume Litani, la riduzione della minaccia di invasione e il dispiegamento di una forza di monitoraggio internazionale. Inoltre, Israele ha decimato la leadership di Hezbollah, incluso il leader Hassan Nasrallah, e distrutto gran parte della sua infrastruttura militare, lasciando il gruppo e i suoi sostenitori iraniani umiliati.

Tuttavia, Netanyahu non ha preteso il disarmo completo di Hezbollah, lasciando aperta una problematica per il futuro del Libano. Anche in Israele l’opinione pubblica appare divisa sul cessate il fuoco: solo il 20% degli intervistati crede che Israele abbia vinto la guerra, mentre il 50% ritiene che il conflitto sia terminato con un pareggio.

Perry sottolinea la contraddizione nel comportamento di Netanyahu: la stessa logica applicata al Libano – un compromesso strategico per motivi pratici – viene ignorata a Gaza, dove il premier sembra prioritizzare la stabilità politica della sua coalizione di estrema destra rispetto al bene nazionale. La guerra a Gaza, a detta dell’opinionista, potrebbe terminare rapidamente con un accordo di scambio ostaggi e il ripristino dell’Autorità Nazionale Palestinese come forza governativa nella regione, ma il governo di Netanyahu si oppone a qualsiasi mossa che rafforzi i palestinesi moderati.

 

Conclusioni

Il cessate il fuoco rappresenta un passo importante verso la stabilità nella regione, ma le incognite restano numerose. La comunità internazionale, così come le parti in conflitto, dovranno lavorare con impegno per evitare che le tensioni riesplodano, mentre le popolazioni colpite iniziano lentamente a ricostruire le loro vite.

 

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