“Grandi passi indietro nel dialogo ebraico-cristiano”: Papa Francesco inaugura il presepe palestinese con Gesù bambino avvolto in una kefiah

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di Pietro Baragiola

Sabato 7 dicembre Papa Francesco ha accolto le delegazioni dei donatori dell’annuale Albero di Natale e dei presepi per il Vaticano. Uno tra questi è stato presentato da diversi funzionari palestinesi e raffigura Gesù bambino sdraiato su una kefiah, la tradizionale sciarpa simbolo nazionale della Palestina.

Per rendere omaggio a questo dono, il pontefice ha invitato tutti i credenti a “ricordare i fratelli e sorelle che, proprio lì (a Betlemme) e in altre parti del mondo, soffrono per le tragedie della guerra”.

“Basta guerre, basta violenza” ha implorato Papa Francesco. “Sapete che una delle industrie più redditizie è quella della produzione d’armi? Ricavano profitto dall’uccisione di innocenti. Mentre i nostri occhi si riempiono di lacrime, vi invito ad elevare le preghiere per la pace, affinché possa regnare sul mondo intero per tutte le persone che Dio ama”.

Il presepe non farà parte dell’esposizione principale presente in Piazza San Pietro e verrà invece disposto nell’Aula Paolo VI come parte di una serie di componimenti intitolati collettivamente “Natività di Betlemme 2024” e disegnati dagli artisti palestinesi Johnny Andonia e Faten Nastas Mitwasi.

Molti spettatori ebrei e israeliani non hanno esitato a rispondere alla notizia di un Gesù bambino palestinese disposto all’interno del Vaticano, sostenendo che questo gesto non farà altro che alimentare il tropo già affrontato nel 2013.

Accogliendo questo simbolo, la Chiesa sta facendo grandi passi indietro nel dialogo ebraico-cristiano” hanno affermato i leader del mondo ebraico al sito Vatican News.

 

I doni palestinesi

Scolpito in legno d’ulivo, il presepe è accompagnato da una targa con una Stella di Betlemme che recita la scritta ‘Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra a tutti gli uomini di buona volontà’, sia in latino che in arabo.

Questi doni sono stati creati in collaborazione con il Comitato presidenziale palestinese per gli affari della Chiesa, l’ambasciata palestinese in Vaticano, l’Università Dar al-Kalima e il Centro Beitcharilo di Betlemme.

Durante l’inaugurazione, Papa Francesco è stato raggiunto da Ramzi Khouri, membro del Comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), che ha portato al pontefice i ‘calorosi saluti’ del presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas.

Secondo un comunicato stampa rilasciato dall’OLP a proposito dell’incontro di sabato, Khouri avrebbe espresso “profonda gratitudine al Papa per il suo incrollabile sostegno della causa palestinese e per gli instancabili sforzi nel porre fine alla guerra a Gaza”.

La donazione di questo presepe è avvenuta, infatti, dopo le numerose dichiarazioni che il Papa ha rilasciato a proposito della guerra in Medio Oriente, molte delle quali hanno apertamente criticato il comportamento degli israeliani.

Tra gli estratti pubblicati a novembre 2024 da un libro di interviste a lui rivolte, il pontefice ha persino chiesto di indagare se la campagna militare di Israele contro il gruppo terroristico di Hamas a Gaza rientri nella definizione tecnica di “genocidio”.

Inoltre, in una lettera scritta ai fedeli in Medio Oriente in occasione dell’anniversario del 7 ottobre, Papa Francesco si è astenuto dal menzionare Hamas per nome e non ha fatto esplicito riferimento alle sue atrocità, citando invece passi del Vangelo di Giovanni che storicamente sono stati usati per alimentare l’antisemitismo religioso.

Il Vaticano ha risposto più volte a queste accuse ribadendo la totale imparzialità della Chiesa in merito al conflitto in Medio Oriente e sottolineando che, negli ultimi mesi, il pontefice ha spesso incontrato i famigliari degli ostaggi israeliani, di cui ha ripetutamente chiesto il rilascio immediato.

Secondo quando confermato dal sito Vatican News, in occasione della Festa dell’Immacolata il pontefice avrebbe anche mostrato il proprio sostegno alle sofferenze del popolo ebraico recandosi a contemplare il suo quadro preferito: la “Crocifissione bianca”, capolavoro del pittore ebreo Marc Chagall.

La “Crocifissione bianca”

Risalente al 1938, in risposta alla tragica Notte dei Cristalli, il dipinto rappresenta un Cristo ebreo crocifisso con indosso, al posto della corona di spine, un drappo e un talled, il tipico manto di preghiera ebraico.

Nel quadro Gesù riassume le persecuzioni patite dal suo popolo e campeggia come un simbolo di speranza in una scia di caos e distruzione, tra sinagoghe devastate e Torah in fiamme.

Oggi quest’opera è presente a Palazzo Cipolla in occasione del Giubileo 2025 e sarà visitabile fino al prossimo 27 gennaio per la rassegna “Giubileo è cultura”.

“Questo dipinto rappresenta Gesù non solo come figura centrale della fede cristiana, ma anche come simbolo di sofferenza e speranza del popolo ebraico” ha affermato il Dicastero per l’Evangelizzazione dell’arcivescovo Rino Fisichella in un comunicato rilasciato a Vatican News. “La visita del pontefice a quest’opera straordinaria è un simbolo importante. Un gesto che unisce fede, cultura e memoria storica, rafforzando il messaggio universale di speranza e riconciliazione del Papa in vista dell’inizio dell’Anno Santo”.