di Kesher
Un viaggio ricco di spunti, suggestioni e memorie: le sinagoghe di Pisa, Livorno e Firenze; il cimitero storico di Pisa, il quartiere ebraico di Siena e quello di Monte San Savino, con il suo mikvé millenario. E poi, la magia di San Gimignano e della campagna toscana. Bella gente, guide preparate e le “perle” ebraiche di Alfonso Sassun
«Un nuovo inizio e un balsamo per le ferite di un anno terribile». Questo è stato il viaggio di Kesher in Toscana, a novembre, per tutti i partecipanti. Ecco le loro voci.
Per me questo non è stato solo un viaggio, è stato molto di più: è stato un nuovo inizio e soprattutto un balsamo per le ferite che da un anno a questa parte continuano a sanguinare. Per la prima volta dal 7 ottobre non ho dovuto spiegare nulla, non mi sono dovuta giustificare per cose che non abbiamo fatto, non ho dovuto cercare di convincere nessuno di non essere una criminale.
Questo è stato possibile grazie a un viaggio perfetto: una meta ricca di storia ebraica e bellezza; una luce diversa attraverso la quale guardare la mia amata Toscana, in compagnia di persone speciali.
Le “ragazze” e i “ragazzi” che hanno condiviso questa esperienza con me, mi hanno accolto con affetto e avvolto con il calore di cui avevo bisogno. Abbiamo parlato tanto, riso e anche pianto. Ci siamo stupiti di fronte alla sofferenza e alla forza del nostro popolo; ci siamo commossi pensando a tutto quello che è accaduto e a quanto ancora purtroppo sta accadendo.
Ho finalmente visitato musei che non ero ancora riuscita a vedere, ho brindato per la prima volta in ebraico “l’chaim!” e ascoltato storie incredibili. Ho fatto molti primi piani dei miei nuovi amici, cercando di coglierne l’essenza; spero di esserci riuscita!
E poi Paola e la sua anima bella; che fortuna averla trovata! Un caterpillar inarrestabile, infaticabile e allo stesso tempo pieno di dolcezza. Per voi forse è la normalità ma per me è stato tutto stupefacente!
Il viaggio è sempre un’occasione per muoversi nello spazio ma anche dentro noi stessi ed è proprio questo che ho fatto in Toscana: ho iniziato a riscoprire le mie radici e imparato molto, moltissimo. Spero sia solo l’inizio di un viaggio più grande e duraturo.
Sono grata di aver camminato a lungo, di aver sentito il profumo della pioggia, visto Botticelli e Vasari, la casa di Fattori, la scritta di 500 anni fa che ha fissato nella pietra un evento storico altrimenti dimenticato, il livello dell’acqua nell’alluvione di Firenze, di aver scoperto la tragica storia di Gigliola Finzi, di aver ascoltato i racconti di Alfonso, visto le pietre d’inciampo, le sinagoghe, le contrade e la storia del palio, di aver mangiato da Baghetto e sentito la preghiera cantata, dormito in un soffice letto.
Non ci siamo ancora lasciati alle spalle quello che è successo un anno fa, anche perché le conseguenze sono ancora qui a ricordarci ogni giorno la tragedia che ci ha colpito e io sono felice di aver potuto vivere questa esperienza, di aver potuto fare tutte le cose che ho fatto, mentre c’è chi è ancora prigioniero.
Il mio pensiero, il nostro pensiero, è sempre comunque stato lí, rivolto a quelle persone che non possono ancora uscire fuori “a riveder le stelle”.
Sabrina Pavoni
Essendo venuti da Londra per partecipare per la prima volta ad un’“avventura” organizzata da Kesher, questo viaggio alla scoperta della Toscana ebraica è stato un’esperienza estremamente positiva. Considerando la complessità e la logistica dell’itinerario, tutto ha funzionato in maniera encomiabile: l’hotel a Firenze, Baghetto, il pullman, le guide (eccellenti) e… Paola Boccia. I Beth ha’Keneset di Firenze e Pisa sono gioielli che lasciano una profonda impressione anche al visitatore occasionale, ma per noi ebrei sono un motivo per farci sentire fieri della nostra religione.
Avendoci riempito gli occhi con le opere meravigliose di Michelangelo, Botticelli, Borromini e tanti altri grandi artisti, il viaggio è stato reso ancora più indimenticabile dalla compagnia di un gruppo in cui ognuno era a suo agio e deciso a formare un’unità che, dopo cinque giorni insieme, era diventata una famiglia.
Eli e Denise Kienwald
Dopo vari tentativi fatti negli anni passati siamo finalmente riusciti a partecipare a questo viaggio. Arrivando da Israele è un po’ difficile per noi cominciare il viaggio di domenica poiché questo comporta il fatto che dobbiamo organizzarci lo shabbat a Milano. Comunque questa volta siamo riusciti a trovare le giuste coincidenze e la domenica mattina alle 6.45 eravamo sull’autobus con destinazione Pisa. Conoscendo Paola da molti anni, anche se non in veste di “tour operator” eravamo sicuri che sarebbe andato tutto benissimo. La sistemazione alberghiera, la scelta delle diverse guide estremamente professionali e la selezione dei siti visitati non poteva essere migliore. Un’attenzione speciale è stata rivolta anche a quelle persone con alcune difficoltà motorie trovando sempre la possibilità di spostarsi in taxi qualora le distanze risultassero eccessi-ve. Non c’è bisogno di sottolineare l’ottima qualità del cibo nel ristorante Baghetto di Firenze che ci ha offerto un menù ricco e variato. Qualche piccola riserva sul pranzo al sacco ma probabilmente non si sarebbe potuto fare di meglio. Anche le condizioni metereologiche sono state assolutamente clementi e ci hanno regalato delle giornate praticamente esenti da pioggia. Da ex insegnante mi sento di poter dare 10 con lode. Alla prossima!
Tamara Kienwald Cesana
Grazie cara Paola per aver organizzato questo viaggio ricco di spunti, con interventi interessanti e intelligenti e con un bello scambio di idee. Grazie a tutti i partecipanti per la simpatia e l’allegria. Sono felice di avere partecipato e di avere visto tante meraviglie.
Norma Picciotto (Milano)
Bellissimo, Tutto perfetto. Organizzazione, albergo e un plauso aggiuntivo al ristorante Baghetto Firenze che ci ha accolti giornalmente, sempre con il sorriso, con un efficiente servizio veloce e impeccabile e una cucina da 5 stelle, raffinata e curata nei particolari anche nella presentazione. Per chi passa da Firenze, mi raccomando non mancate di fare un pasto da Baghetto!
Silvana Blanga (Milano)
Toscana Ebraica: esiste forse accoppiata migliore? Sarà perché la Toscana è un mio luogo del cuore, o forse perché nel corso del viaggio si è creata fra tutti un’atmosfera particolarmente calda, allegra, simpatica e solidale, ma questo viaggio di Kesher si annovera fra i miei preferiti.
Come non restare incantati a Pisa, Siena e Firenze con Uffizi e Galleria Palatina, davanti a Giotto, Botticelli, Michelangelo, Leonardo da Vinci e molti altri famosissimi pittori e scultori rinascimentali, insomma davanti alla culla della nostra civiltà? Immagini da capogiro, quasi da sindrome di Stendhal. Senza dimenticare naturalmente il nostro “pilastro” identitario e spirituale ebraico: le sinagoghe di Pisa e di Firenze, il cimitero ebraico di Pisa, il quartiere ebraico di Siena (ahimè sinagoga in ristrutturazione) e quello di Monte San Savino con antica sinagoga, mikve e forno per le matzot. Il tutto accompagnato da un panel di esperti di eccezione: la ex professoressa di lettere ed ex preside della Scuola ebraica Esterina Dana, il marito, Cesare, ex insegnante di storia dell’arte, e il bravissimo Alfonso Sassun, che ci ha fornito numerosi approfondimenti e spunti di riflessione ebraici, tanto da far degnamente le veci dei rabbini che di norma accompagnano i nostri viaggi. Ultime note positive: guide turistiche molto competenti, fra cui Giovanna, preparata anche sotto il profilo ebraico, ottimo cibo di Ba’Ghetto e, last but not least, l’affettuosa e impeccabile organizzazione della nostra amata Paola.
Silvia Hassan (Milano)
Ancora una volta ho il piacere di esprimere il mio più sincero apprezzamento a Paola Hazan Boccia per la consueta impeccabile organizzazione di viaggio e soggiorno. Questa volta ci ha accompagnato nelle più belle città d’arte della Toscana facendoci gustare il piacere di scoprire (o riscoprire) luoghi, monumenti, musei. Mi hanno suscitato particolare interesse spazi e aspetti correlati alla nostra religione che non mi erano noti. Ottima la logistica, geniale l’idea di portarci più volte al ristorante Baghetto di Firenze dove si mangia molto bene (forse meglio che negli omonimi di Milano e Roma). Tra noi si è formato un piacevole gruppo che, alla sera, ha potuto ascoltare con interesse i dotti e piacevoli racconti di Alfonso Sassun. Che dire di più? Ancora tante grazie Paola e alla prossima (speriamo presto).
Ester Misul (Milano)
Stiamo viaggiando verso Milano dopo un piacevolissimo viaggio alla scoperta della Toscana ebraica e non solo. Abbiamo trascorso delle giornate molto intense ed interessanti. Nel gruppo si è subito creata un’atmosfera gradevole. Io ho ritrovato una coppia di amici che non vedevo da 50 anni! Favolosi e conviviali sono stati i pranzi e le cene da Baghetto. L’albergo era veramente di charme. Grazie ancora cara Paola per il tuo sorriso e per la tua infinita pazienza. Aspettiamo presto un nuovo programma.
Mora Doris Slucki (Milano)
Da Milano, Roma e Israele per formare un bel gruppo magnificamente coordinato e guidato da Paola Boccia. In giro per piccole comunità toscane, esistenti ed estinte, ci siamo allietati della compagnia l’uno dell’altro e tutti assieme delle grandi conoscenze di Alfonso Sassun. Esco da questo viaggio ancora più vicina alla nostra comunità e alla storia del popolo ebraico. Am Israel Chai.
Francesca Modiano (Milano)
Il viaggio è sempre un’esperienza nuova e interessante. A volte al di là di quello fisico diventa un percorso personale e qui aggiungerei sociale e spirituale. Gli stessi luoghi con tempi e persone diverse assumono un significato nuovo e stimolante. Sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla quantità di informazioni nuove e dalla grande capacità organizzativa di Paola: direi “Tutto perfetto!”. Il tempo ci ha assistito al di là di alcune previsioni. Il cibo eccellente e tanta cortesia da Baghetto a Firenze. C’è da dire che naturalmente per vedere, sperimentare e condividere tanto con un gruppo nutrito è stato necessario fare delle “levatacce!” Peccato veniale…. tutto ha un prezzo! Ringrazio vivamente e singolarmente le persone nuove e no, in particolare Sabrina, che hanno contribuito alla riuscita del viaggio ma soprattutto per avermi dato modo di sorridere e gioire in un periodo così difficile per tutti noi.
Ester Mara Astrologo
Il viaggio che ho fatto con la Comunità ebraica di Milano rimarrà sicuramente un bellissimo ricordo. Il clima che si è creato tra i partecipanti era veramente piacevole, le guide erano tutte molto preparate e disponibili e, anche questo non guasta, si è mangiato benissimo. Un qualcosa in più è stato sicuramente dato anche dalla presenza del segretario generale della comunità di Milano, Alfonso Sassun, che più volte ci ha regalato piccole perle di conoscenza.
Mirella Hazan (Roma)
Da Milano siamo partiti con la nebbia. Siamo tornati con la pioggia, ma le emozioni del viaggio sono state tante, non solo per la piacevole compagnia e i capolavori visti nei musei. Scoprire luoghi come Pisa e Livorno in cui non ci sono stati ghetti è stato molto interessante. Vuol dire che la libertà è raggiungibile e contrattabile. Ma a Siena e a Firenze i ghetti ci sono stati, eccome: a Siena, in un complicatissimo rapporto con le contrade del famoso Palio; a Firenze con edifici centralissimi che oggi sono scomparsi per l’evoluzione urbanistica della città. Certo bisogna sempre essere vigili, capire cosa sta succedendo e interrogarsi sempre su cosa pensare e come procedere. Le guide ci hanno informato sulla storia trascorsa, sui contratti temporanei che imponevano le regole che i contraenti, ma non certo gli ebrei, potevano permettersi anche di non rispettare se non addirittura negare. I potenti del tempo potevano proteggere e nello stesso tempo perseguitare gli ebrei, in base alla convenienza e solo in parte in base alle convenzioni: ghetto sì, ghetto no, accogliere, cacciare …. Nulla di nuovo.
Cesare Badini (Milano)
Diario di Bordo
Domenica 17 novembre
Il nostro viaggio con Kesher in Toscana comincia da PISA. La città fa parte del nucleo ebraico più antico della regione. Le guide ci accompagnano lungo le mura vecchie della città verso il cimitero ebraico posto a destra della porta Nuova, fuori della Porta del Leone, la cui statua guarda l’adiacente Piazza dei Miracoli. Il cimitero di Pisa è uno dei più antichi luoghi di sepoltura ebraici. Utilizzato dal 1674, l’attuale cimitero è stato preceduto da almeno altri tre, tutti ubicati all’esterno delle mura occidentali della città. Del più antico, duecentesco, restano tracce epigrafiche sulle mura alla destra della Porta Nuova. Si ritiene che alcune persone, forse più povere, venissero seppellite ai piedi delle mura e che in corrispondenza del luogo di sepoltura si incidessero i loro nomi sulla pietra. A conferma di ciò, bisogna ricordare che tutte le iscrizioni si trovano sulla faccia esterna delle mura, più o meno alla stessa altezza. Per il XVII ed il XVIII secolo gli inumati sono per lo più di origine spagnola e portoghese discendenti degli espulsi dalla penisola iberica a partire dal 1492. Solo alla fine del ‘700, a seguito di una notevole immigrazione di ebrei provenienti da Roma, da Ancona e dalle Marche, da Firenze, da Ferrara, il cimitero si caratterizza come italiano. Queste testimonianze sepolcrali si allargano ulteriormente per il XIX e il XX secolo, quando il cimitero accoglie le salme di alcuni dei numerosi ebrei che raggiungevano la città dall’Europa centro-orientale. Nel cimitero sono inoltre presenti le tombe dei soldati ebrei caduti nel corso della Prima guerra mondiale. Sul muro della camera mortuaria, una lapide ricorda i deportati e uccisi nei campi di sterminio nazisti, insieme alle vittime dell’eccidio di casa Pardo Roques. Il cimitero ebraico presenta testimonianze di stili architettonici diversi: le tombe più antiche, a forma di parallelepipedo trapezoidale, appartengono spesso a ebrei di origine iberica, accolti dal granduca Ferdinando I.
Arriviamo poi alla Sinagoga di Pisa, All’inizio del Quattrocento era posta in un edificio privato abitato dalla famiglia di banchieri ebrei, i Da Pisa, convertito in luogo di culto nel 1595 e trasferito poi nello stabile attuale. Quindi fu restaurato (1785) e poi completamente ristrutturato tra il 1861 e il 1865 dall’architetto Marco Treves. Durante il periodo nazifascista, la sinagoga, come altri luoghi di culto ebraico, ha rischiato di essere distrutta, ma è sopravvissuta. Si presenta con una facciata sobria, un portale neorinascimentale e priva di elementi esteriori che la distinguano chiaramente come edificio religioso. All’interno è rispettata la tradizionale ubicazione della sala del culto al piano superiore, alla quale si accede da una grande scala. La tevah, cinta da una balaustra semicircolare in noce, è addossata all’area dell’Aron ha-qodesh. Sul fronte opposto, sopra l’ingresso, affaccia la loggia del matroneo sorretto da due file di colonne. Lo spazio della sala è coperto da una volta a padiglione, in forma di grande vela gonfiata, ornata da sobrie decorazioni neoclassiche.
La città di LIVORNO vanta una delle comunità ebraiche più influenti d’Europa. La presenza ebraica è cresciuta in modo significativo a partire dalla fine del XVI secolo, quando i Medici, in particolare Ferdinando I, promulgano le “Leggi Livornine” (1591 e 1593) che garantivano agli ebrei piena libertà religiosa, esenzione da alcune tasse e privilegi per il commercio marittimo. Tali condizioni favorevoli attirano molti ebrei sefarditi, ma anche ashkenaziti ed ebrei italiani.
La Sinagoga sorge non lontano da piazza Grande, all’interno della città pentagonale del Buontalenti, nell’ampia piazza Benamozegh, sul sito della prima sinagoga inaugurata nel 1603. Quest’ultima era un edificio imponente e sontuoso caratterizzato da uno stile barocco e un uso abbondante di materiali preziosi. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la sinagoga originale viene gravemente danneggiata. Solo alcune parti delle decorazioni interne, arredi sacri e testi religiosi si salvano. Nel dopoguerra, la comunità ebraica decide di ricostruirla ex novo. Progettata dall’architetto Angelo Di Castro, è completata nel 1962. L’imponente edificio costituisce un esempio di architettura contemporanea applicata a un luogo di culto (solo le finestre richiamano il vecchio tempio). La sua architettura incorpora riferimenti simbolici alla storia ebraica. La forma richiama il Tabernacolo o la Grande Tenda destinata a custodire l’Arca dell’Alleanza del deserto utilizzata dagli ebrei durante l’Esodo biblico, simbolo di libertà. La struttura portante è costruita in cemento armato e rivestita di pietra chiara. Ampie finestre ottagonali ed esagonali illuminano l’interno, così come le piccolissime aperture triangolari del corpo prismatico dell’abside. All’interno, i sedili sono disposti su gradinate digradanti verso il centro della sala a focalizzare l’attenzione sulla tevah, realizzata riutilizzando parti di quella antica, e sull’Aròn del 1708 proveniente dalla sinagoga di Pesaro. Il matroneo si trova al primo piano e vi si accede da due scale laterali. Nella parte absidale alta, una vetrata di colore rosso ricorda il sangue dei sei milioni di ebrei che persero la vita con la Shoah. Scendendo invece nel sottosuolo, è possibile accedere a un piccolo oratorio, che nei mesi invernali viene utilizzato come spazio di preghiera.
Il Museo Ebraico di Livorno si trova nella Yeshivà Marini, un edificio storico che prende il nome dal Rabbino Elia Benamozegh, figura di spicco della comunità ebraica di Livorno nel XIX secolo. Era originariamente una scuola rabbinica e serviva come centro di studi religiosi e teologici. Il Museo Ebraico fu inaugurato l’8 novembre 1992, I continui commerci che animavano il porto di Livorno e di cui gli ebrei erano i maggiori protagonisti rendono il patrimonio liturgico alquanto eterogeneo. Tra i diversi pezzi rimasti vi è una corona datata 1636 e un Hekhàl in legno, a cui i ricchi intagli e le tre cupolette conferiscono un sapore orientaleggiante. Nel museo si trovano anche oggetti in corallo di raffinata lavorazione, così come, a testimonianza del mercato dei tessuti, è rimasto un rotolo di stoffa eseguita a Lione. I ricami, in gran parte eseguiti da ricamatrici ebree, rappresentano uno degli aspetti più interessanti dell’arte cerimoniale livornese. Il museo custodisce volumi di grande valore storico, tra cui edizioni antiche di testi sacri, molti dei quali stampati a Livorno, che nel XVIII e XIX secolo era un importante centro di produzione editoriale ebraica. I locali del Museo Marini ospitano la mostra permanente 1938 – La Scuola Ebraica di Livorno: un’alternativa alle leggi razziali. Quest’ultima offre una sintesi delle tappe più significative dell’azione antisemita del regime fascista.
Il museo civico Giovanni Fattori, inaugurato nel 1994, ha sede nella suggestiva cornice di Villa Mimbelli, una villa ottocentesca neorinascimentale circondata da un parco. Gli interni sono decorati con stucchi, affreschi e motivi orientaleggianti, che rispecchiano il gusto eclettico dell’epoca. Il museo ospita dipinti di Giovanni Fattori e di altri Macchiaioli e post-Macchiaioli, nonché di sculture che illustrano il panorama artistico toscano del XIX e XX secolo. Scopriamo gli interessanti dipinti di Ulvi Liegi, alias Moisè Luigi Levi (Ulvi Liegi è l’anagramma di secondo nome e cognome) proveniente da una ricca famiglia appartenente alla comunità ebraica labronica, autore de La sinagoga di Livorno (1935). A lui è dedicata una sala omonima che ospita opere realizzate tra gli Anni Venti e Trenta del Novecento. Nel museo sono presenti anche dei dipinti di Vittorio Corcos, anch’egli di origini ebraiche, famoso per i suoi ritratti raffinati e realistici, e un’opera attribuita ad Amedeo Modigliani.
Lunedì, 18 novembre
Il nostro percorso di due giorni a FIRENZE inizia appena fuori le mura antiche della città, vicino al cimitero antico. Attraversando Piazza di Santa Maria del Carmine, ricordiamo la retata nazifascista del 6 novembre 1943, quando le forze naziste, con il supporto della polizia fascista, arrestarono molti ebrei di Firenze. Da qui ci dirigiamo verso via dei Ramaglianti, nota in passato come “Via de’ Giudei”.
Storicamente, si ritiene che il primo insediamento ebraico a Firenze si trovasse nell’area di Ponte Vecchio, sulla riva sinistra dell’Arno, dove la comunità ebraica si dedicava soprattutto al commercio. Proseguendo per le strade della città si incontrano importanti palazzi storici con splendidi giardini interni. Tra i dettagli curiosi di queste antiche dimore sulle facciate spiccano finestre con porta-torce, anelli per legare i cavalli, bastoni per stendere biancheria o stendardi e le affascinanti buchette del vino.
Il percorso ci conduce poi a Piazza della Signoria, dove sorge il Palazzo Vecchio. Questa piazza, creata nel XIII secolo durante l’espansione della Repubblica Fiorentina, era il fulcro del potere politico e il simbolo dell’autorità cittadina, nonché il luogo dove si svolgevano celebrazioni, parate e persino esecuzioni, come quella di Girolamo Savonarola nel 1498. Le sculture che adornano la piazza raccontano la storia politica e culturale di Firenze: il David di Michelangelo, simbolo di libertà e giustizia; Giuditta e Oloferne di Donatello, rappresentazione della vittoria dei giusti sui tiranni e simbolo della libertà repubblicana; la Statua equestre di Cosimo I de’ Medici del Giambologna, che celebra il potere assoluto e il ruolo di unificatore e difensore della Toscana di Cosimo I. Intorno alla piazza, oltre alla Loggia dei Lanzi, troviamo anche edifici e caffè storici, come il Caffè Rivoire, situato al piano terra di Palazzo Lavison, che presenta, a decoro delle facciate, il simbolo della stella a sei punte da intendere come simbolo massonico.
Prendendo via dei Calzaiuoli giungiamo davanti alla Chiesa di Orsanmichele, una volta granaio. All’esterno dell’edificio, nel lato su via Lamberti, nella seconda nicchia destra si trova la copia della Madonna della Rosa, attribuita a Piero di Giovanni Todesco, alla cui base si legge un’iscrizione latina del 1439 che testimonia il linciaggio di un giovane ebreo accusato di aver segnato la statua con un coltello.
Proseguendo verso Piazza della Repubblica, un tempo Piazza del Mercato Vecchio, giungiamo all’area che ospitò il Ghetto ebraico a partire dal 1571. Istituito da Cosimo I de’ Medici su richiesta papale, sia per consolidare il suo potere politico, sia per ottenere il titolo di Granduca, il ghetto era un’area isolata e chiusa da mura, dove gli ebrei vivevano in condizioni di sovraffollamento. Al suo interno vi erano due sinagoghe, una di rito italiano (1572) e una di rito sefardita (1596). Tra il 1704 e il 1721 Cosimo III de’ Medici lo amplia con il “nuovo ghetto” che includeva le abitazioni limitrofe. Nel 1737 in Toscana, ai Medici subentrarono i Lorena, che riducono progressivamente le disposizioni contro gli ebrei ai quali consentono di abitare in tutta la città. Gli ebrei meno abbienti rimangono a vivere nel ghetto, mentre altre famiglie si spostano nelle zone adiacenti “fuori ghetto”, come il poeta e letterato ebreo toscano Salomone Fiorentino, che nacque a Monte san Savino, ma visse e morì a Firenze nella casa di via delle Oche, all’angolo con Via dei Calzaiuoli, come testimonia la targa di marmo.
Nel 1848, con l’abolizione delle leggi discriminatorie e l’emancipazione degli ebrei, il ghetto viene smantellato. Questo segna l’inizio della costruzione della Sinagoga di Firenze, che si distingue per la sua imponenza. La costruzione si deve a un generoso lascito di David Levi. I lavori iniziano nel 1874 su un progetto degli architetti Mariano Falcini, Vincenzo Micheli e Marco Treves e si completano nel 1882. La struttura è rivestita all’esterno di pietra bianca e rosa, ispirata allo stile delle “moresche” di Cordova e Granada, e dominata da una grande cupola verde rame ai lati della quale si ergono due cupole più piccole. L’ingresso principale è decorato con archi a ferro di cavallo e motivi geometrici. L’interno maestoso è diviso in tre navate. Pareti e cupola sono decorate a tempera con motivi floreali e geometrici di tonalità calde come rosso, blu e oro. Al centro si trova l’Aron ha-qodesh. L’aula è suddivisa verticalmente in due sezioni: il piano terra, destinato agli uomini e, a metà altezza, una galleria superiore riservata alle donne, arricchita da ringhiere decorate. L’edificio, circondato da un giardino recintato che la isola dal contesto urbano, ospita oggi il Museo Ebraico che conserva documenti, oggetti rituali, testimonianze e il plastico del ghetto.
Il nostro itinerario fiorentino procede con la visita alle Cappelle Medicee, dove i capolavori di Michelangelo nella Sagrestia Nuova si fondono con la magnificenza del commesso di pietre dure della Cappella dei Principi, il mausoleo dei granduchi Medici.
Chiudiamo il percorso della prima giornata fiorentina attraversando Piazza Duomo, dove ci fermiamo davanti alla copia della celebre Porta del Paradiso del Battistero di San Giovanni. Realizzata da Lorenzo Ghiberti a due battenti in bronzo dorato, è oggi conservata nel Museo dell’Opera del Duomo. Dieci pannelli quadrati a rilievo stiacciato rappresentano scene bibliche dall’Antico Testamento, ordinate dall’alto in basso e da sinistra a destra, dalla Creazione di Adamo ed Eva all’incontro tra Salomone e la regina di Saba. Ghiberti riesce a condensare molteplici episodi in una sola scena, attraverso un’organizzazione compositiva inedita. La cornice che circonda i pannelli è ornata da 20 nicchie e 24 tondi con busti di profeti e sibille, oltre a teste di femminili e maschili, tra cui quella di Lorenzo Ghiberti.
Martedì, 19 novembre
Giunti a SIENA, la guida ci conduce in una passeggiata per via del Paradiso e un tratto della via Francigena. Giungiamo a piazza Salimbeni dove sorge il palazzo omonimo dall’elegante facciata gotica. Sede storica del Monte dei Paschi di Siena, è nato nel 1472 come Monte di Pietà, con l’obiettivo di fornire prestiti accessibili ai più bisognosi, garantendo condizioni più eque rispetto agli usurai dell’epoca. Domina la piazza la statua di Sallustio Bandini, un prelato economista e politico senese del XVIII secolo, considerato un precursore del liberismo economico.
Da lì, proseguendo verso la Loggia della Mercanzia, raggiungiamo Piazza del Campo, dalla caratteristica forma a conchiglia divisa in nove spicchi. Qui, due volte l’anno, a Luglio e ad Agosto, si corre il Palio. Per l’occasione l’anello esterno della piazza viene ricoperto da uno spesso manto di terriccio per offrire ai cavalli una miglior presa degli zoccoli. La guida ci illustra la città divisa in 17 contrade rappresentate da simboli di animali reali o mitologici; sono comunità allargate dotate della propria chiesa e della propria Società di Contrada che esprimono il senso di appartenenza radicato nella storia delle famiglie senesi; se ne fa parte per nascita o in virtù dell’appartenenza della famiglia stessa. Vicino a Piazza del Campo, precisamente nell’area attorno a Piazza del Mercato, sorgeva il Ghetto. Quest’area era il centro della comunità ebraica di Siena a partire dal XVII secolo, ma le prime testimonianze documentate della presenza ebraica risalgono al XIII secolo, quando gli ebrei arrivano principalmente come prestatori di denaro, autorizzati a esercitare questa professione in un periodo in cui la Chiesa cattolica vietava ai cristiani di praticare l’usura. Il ghetto fu istituito come parte delle politiche di segregazione della Chiesa cattolica nel 1571, su ordine di Papa Pio V. Gli ebrei sono costretti a risiedere in un’area delimitata e chiusa da porte, che venivano aperte all’alba e chiuse al tramonto. Nello spazio ristretto del ghetto la densità abitativa è molto alta. Tuttavia, gli ebrei riescono a mantenere vive le proprie tradizioni religiose e culturali. All’interno del ghetto, nel 1786, viene costruita la Sinagoga attualmente in restauro.
Con l’Illuminismo e le riforme del Granducato di Toscana, la segregazione inizia a ridursi. Nel 1796, sotto Pietro Leopoldo di Lorena, gli ebrei ottengono maggiori diritti. La completa abolizione del ghetto avviene nel 1860, con l’Unità d’Italia, quando agli ebrei vengono concessi pieni diritti civili.
Su Piazza del Campo si affaccia il gotico Palazzo Pubblico, che durante il Palio viene addobbato con le bandiere e gli stendardi delle contrade. Costruito tra il 1297 e il 1310, per volontà del Governo dei Nove della Repubblica di Siena, il palazzo era originariamente sede del governo cittadino; oggi ospita l’amministrazione comunale e il Museo Civico. La facciata principale, in stile gotico, si affaccia sulla Piazza del Campo ed è caratterizzata da eleganti bifore e trifore. Sul lato sinistro del palazzo si erge la Torre del Mangia alta 88 metri. Le sale del palazzo, affrescate dai maggiori artisti dell’epoca, custodiscono affreschi come La Maestà e il Guidoriccio da Fogliano all’assedio di Montemassi di Simone Martini, maestro della scuola senese e del Trecento italiano, esposti nella Sala del Mappamondo.
Nel 1799, Siena è coinvolta in eventi tumultuosi durante la prima occupazione francese. La città viene colpita dalle bande del movimento “Viva Maria”, un gruppo di contadini armati che si opponevano alla presenza francese e alle riforme rivoluzionarie. Il 28 giugno 1799, i sostenitori del “Viva Maria” attaccano il ghetto ebraico, saccheggiandolo e incendiandolo. Questo violento pogrom causa la distruzione di molte proprietà e la morte di 19 ebrei, 13 dei quali vengono arsi vivi in Piazza del Campo. Il rogo fu alimentato con il legno dell’Albero della Libertà, precedentemente eretto dai francesi. Una targa commemorativa, collocata accanto al portone della sinagoga, ricorda le vittime di questo tragico episodio, il più grave atto di violenza subito dalla comunità ebraica senese prima delle deportazioni dell’Olocausto tra il 1943 e il 1944, di cui si mantiene memoria con una seconda lapide collocata sulla facciata della Sinagoga.
Il nostro tour prosegue verso SAN GIMIGNANO, una cittadina medievale in provincia di Siena, celebre per le sue torri e il fascino storico, tanto da essere stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1990. La città sorge su una collina che domina la Val d’Elsa e, grazie alla sua posizione strategica lungo la storica Via Francigena, fu un importante centro di passaggio per i pellegrini diretti a Roma nel Medioevo.
San Gimignano ha origini antiche, risalenti all’epoca etrusca, ma si sviluppa come città vera e propria nel Medioevo. Il suo nome deriva da San Geminiano, un vescovo di Modena del IV secolo che, secondo la leggenda, salvò la città da un’invasione barbarica. Tra il XII e il XIV secolo raggiunge il massimo splendore economico e politico, diventando una città comunale indipendente. La sua ricchezza deriva principalmente dal commercio agricolo. In questo periodo vengono costruite numerose torri, simbolo del potere e della ricchezza delle famiglie nobili locali. Si dice che in origine fossero oltre 70, ma oggi ne restano solo 14, che continuano a caratterizzare il profilo della città. Tra le più celebri vi sono la Torre Grossa, la più alta di 54 metri e visitabile, e le due torri gemelle della famiglia Salvucci di 35 metri ciascuna.
La crisi di San Gimignano inizia nel 1348, quando la peste nera decima la popolazione. Nel 1353 la città perde la sua indipendenza, cadendo sotto il controllo di Firenze, e attraversa un lungo periodo di declino economico e politico. Questo isolamento, però, ha contribuito a preservarne l’aspetto medievale.
San Gimignano è rinomata anche per i suoi monumenti storici. Piazza della Cisterna, cuore della città, è una suggestiva piazza triangolare circondata da edifici medievali, con al centro un pozzo del 1287 in travertino, ampliato nel 1346 sotto il podestà Guccio Malavolti.
Mercoledì, 20 novembre
Proseguiamo il nostro soggiorno a FIRENZE da Piazzale Michelangelo e il Belvedere e la visita alla Galleria degli Uffizi. L’edificio è stato costruito dal 1560 per volere di Cosimo I de’ Medici, con l’intento di creare una grande sede amministrativa per ospitare gli uffici (da cui il nome “Uffizi”) delle magistrature. Il progetto toscano viene affidato a Giorgio Vasari, che idea un edificio innovativo a forma di “U”, disposto lungo il fiume Arno e simbolo della potenza e del mecenatismo della famiglia Medici. Spicca la costruzione del Corridoio Vasariano, un passaggio segreto che collega gli Uffizi a Palazzo Pitti. Realizzato per permettere ai Medici di spostarsi in sicurezza tra le residenze e il centro del governo, ospita oggi una straordinaria collezione di autoritratti. Nel 1581, Francesco I de’ Medici, figlio di Cosimo, commissiona la Tribuna, una sala ottagonale progettata da Buontalenti per esporre i pezzi più preziosi della collezione di famiglia. Con l’estinzione della famiglia Medici nel 1737, Anna Maria Luisa de’ Medici, l’ultima discendente, lascia in eredità le straordinarie collezioni alla città di Firenze. Nel 1769, durante il governo dei Lorena, la Galleria degli Uffizi viene ufficialmente aperta al pubblico, diventando uno dei primi musei moderni al mondo. Durante la nostra visita, abbiamo ammirato capolavori senza tempo di artisti come Paolo Uccello, Botticelli, Michelangelo, Piero della Francesca, Pollaiolo, Ghirlandaio, Hugo van der Goes, Leonardo da Vinci e Raffaello.
Nel pomeriggio ci avviamo verso Palazzo Pitti, costruito nel 1458 per volere di Luca Pitti, un ricco mercante e banchiere fiorentino. La progettazione è attribuita a Filippo Brunelleschi. Originariamente prevedeva un palazzo austero, caratterizzato da una facciata in bugnato; in seguito è stato ampliato da Bartolomeo Ammannati. Nel 1549, il palazzo viene acquistato da Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I de’ Medici, che lo sceglie come nuova residenza della famiglia granducale. Con l’estinzione della dinastia medicea nel 1737, la proprietà passa agli Asburgo-Lorena, che governano la Toscana fino all’unità d’Italia. Durante il loro dominio, arricchiscono il palazzo con opere d’arte e apportano miglioramenti alla struttura, trasformandolo in un luogo di rappresentanza. Nel 1865, quando Firenze diviene temporaneamente capitale del Regno d’Italia, Palazzo Pitti è scelto come residenza della famiglia reale dei Savoia. Durante questo periodo, molte sale vengono adattate a uso privato e ufficiale per il re Vittorio Emanuele II. Nel 1919, Vittorio Emanuele III dona il palazzo allo Stato italiano, aprendo così la strada alla sua trasformazione in un complesso museale. Oggi, Palazzo Pitti ospita importanti musei e alcune delle più preziose collezioni d’arte di Firenze, con capolavori di artisti come Raffaello, Filippo Lippi, Botticelli, Tiziano, Caravaggio e Rubens. Ragguardevole la sala dell’Arca le cui pareti sono decorate con la rappresentazione di una grandiosa e teatrale scena biblica: la Processione guidata da re David con l’Arca dell’Alleanza, dove spicca la Menorah, opera di Luigi Ademollo (1816 – 1818).
Giovedì, 21 novembre
A MONTE SAN SAVINO, situata in provincia di Arezzo, entriamo da Porta Fiorentina. Qui i segni della presenza ebraica risalgono al XV- XVI secolo, quando alcuni ebrei vi soggiornavano saltuariamente, gestendo banchi di prestito nei giorni di mercato o lavorando come commercianti di stoffe, abiti e altri beni. Nei primi decenni del XVII secolo vi giunge da Firenze la famiglia Passigli, nucleo da cui si sviluppa una piccola ma fiorente comunità ebraica. In quegli anni vengono realizzati importanti spazi per il culto: una prima sinagoga, verosimilmente allestita a casa Passigli in un edificio di via Sangallo, un piccolo locale attiguo in via Salomone Fiorentino, che venne utilizzato come seconda sinagoga e un terreno fuori le mura destinato a cimitero ebraico, il “Campaccio”, tuttora esistente, oggi di proprietà della Comunità ebraica di Firenze. Nel 1729 la comunità acquista alcuni edifici adiacenti alla sinagoga di via Salomone Fiorentino, per realizzarne una nuova di cui si hanno tracce tuttora. L’edificio è composto da due corpi: il primo, al numero civico 13, è più basso a causa di un crollo; il secondo, al civico 14, presenta un portale ad arco ribassato e finestre incorniciate. All’interno, non pavimentato, si trovano arcate murarie realizzate nel XX secolo per garantire stabilità alle strutture. Tra gli elementi architettonici più rilevanti si notano una finestra dipinta, una nicchia in pietra destinata a ospitare l’Aron ha-Qodesh con i cardini delle porte originali, e travi sporgenti che indicano l’altezza dei piani. Al piano inferiore, i resti di tubature in coccio potrebbero essere stati utilizzati per il miqvé. In un edificio adiacente, un sedile in pietra è noto, secondo la tradizione popolare, come “il trono del rabbino”. L’intero complesso ospitava non solo la sinagoga, ma anche la scuola e, probabilmente, l’abitazione del rabbino o dei massari della comunità. Una mostra permanente documenta la storia degli ebrei di Monte San Savino e dei luoghi della comunità. Nel 1799, a seguito dei moti del “Viva Maria”, gli ebrei di Monte San Savino sono costretti ad abbandonare la città. L’edificio della sinagoga passa alla comunità israelitica di Siena, diventa poi proprietà demaniale e, successivamente, privata. Nel 1924 è acquisito dal Comune di Monte San Savino. Oggi l’edificio è utilizzato per eventi culturali, come il Giorno della Memoria e la Giornata Europea della Cultura Ebraica.
Percorrendo Corso Sangallo, il corso principale di Monte San Savino, si arriva alla Loggia dei Mercanti. Di fronte, si trova il Palazzo Ciocchi di o del Monte, una residenza rinascimentale di Antonio da Sangallo il Vecchio, oggi sede del comune. L’edificio era strettamente legato alla figura del cardinale Antonio del Monte, il cui nipote Giovanni Maria fu eletto Papa con il nome di Giulio III. E’ proprio il cardinale a commissionarne la costruzione. Il palazzo si distingue per l’armonia delle proporzioni, l’uso di materiali pregiati e la ricerca della bellezza classica tipica del Rinascimento. All’interno, abbiamo visitato il cortile porticato e il giardino pensile all’italiana. Dal corridoio che collega il cortile interno al giardino pensile, una piccola porta conduce alle suggestive ex carceri. Sotto il giardino, si trova il “Cisternone”, una grande cisterna d’approvvigionamento idrico costruita a metà del Cinquecento. Questa struttura è composta da due navate collegate da archi a tutto sesto, ed è la seconda per grandezza in Toscana. In origine, forniva acqua alla popolazione del paese, come testimoniano i fori delle fontanelle visibili all’esterno sotto le nicchie. Il sindaco Gianni Bennati, che abbiamo incontrato nel suo studio affacciato sul giardino, ci ha accompagnati nella Sala Consiliare decorata con gli stemmi nobiliari.
AREZZO, ultima tappa del nostro viaggio, vanta origini etrusche. Una testimonianza simbolica di questo passato è la copia della Chimera, una scultura bronzea del V-IV secolo a.C., collocata sotto l’arco della Porta di San Lorentino (l’originale è conservato al Museo archeologico di Firenze). La scultura raffigura un mostro mitologico con il corpo di leone, una testa di capra che spunta dal dorso e una coda a forma di serpente. Secondo la leggenda, la Chimera fu uccisa dall’eroe Bellerofonte in sella a Pegaso, il cavallo alato. Fu rinvenuta il 15 novembre 1553, durante i lavori per la costruzione delle fortificazioni nei pressi di Porta San Lorentino. Gli scavi furono ordinati dal duca di Firenze, Cosimo I de’ Medici, nell’ambito della ristrutturazione della città, che era stata recentemente annessa alla Repubblica Fiorentina. Arezzo, molto fertile da un punto di vista culturale, ha dato i natali a figure come Guido Monaco, Francesco Petrarca e Giorgio Vasari.
A Piazza Grande giungiamo dopo essere passati davanti all’Anfiteatro costruito fuori le mura romane, oggi sede del Museo archeologico. La piazza, asimmetrica, ospitava il mercato; nell’antichità era il cuore del Foro Romano ed è sempre stata luogo di importanti spettacoli quali la rievocazione della Giostra del Saracino (dal 1953). Roberto Benigni vi ha girato alcune scene del film La vita è bella. Delimitano la piazza il Palazzo delle Logge progettato da Giorgio Vasari, il Palazzo della Fraternita dei Laici con l’orologio astronomico collocato sulla cima del campanile e l’abside della Pieve.
Costeggiamo la Casa del Petrarca e dopo aver superato Palazzo dei Priori arriviamo a Casa Vasari che si trova in via XX Settembre. Si tratta della residenza in stile manierista che lo stesso Vasari acquista nel 1541 per viverci con la moglie e che arricchisce con decorazioni e affreschi di sua mano. Le decorazioni delle sale del piano nobile testimoniano un preciso programma iconografico volto a celebrare il ruolo dell’artista. Adiacente alla casa si estende un giardino pensile all’italiana che, originariamente più vasto, comprendeva anche orti.
Le sale affrescate tra il 1542 e il 1548 riflettono le influenze dell’ambiente culturale veneziano. Tra i principali ambienti troviamo; la Camera del Camino con gli affreschi de La Cacciata dell’Invidia e della Fortuna da parte della Virtù; la Camera Nuziale con Abramo e le allegorie della Pace, della Concordia, della Virtù e della Modestia; la Sala di Apollo, dove si celebra la musica e la poesia in cui sono raffigurati Apollo e le nove Muse e L’Allegoria dell’Amore coniugale; è incluso il ritratto della moglie, Nicolosa Bacci; la Sala della Fama, con la Fama al centro del soffitto, le quattro Arti sui peducci, il suo autoritratto e i ritratti di artisti come Michelangelo, Luca Signorelli e Andrea del Sarto; la Sala del Trionfo della Virtù, con allegorie delle virtù morali e intellettuali, in cui si intrecciano le tre figure rappresentanti la Fama, la Virtù e l’Invidia. Lo spettatore, mutando la propria posizione, riconfigura diversamente i rapporti fra la Virtù e la Fortuna e l’universo che ruota loro intorno.
Con queste immagini negli occhi, sostando davanti alla copia della Chimera, torniamo al pullman che ci riporta a Milano, sollecitati da molte riflessioni. Una per tutte: è stato sorprendente scoprire che storicamente, in Toscana, sono stati istituiti solo due ghetti e che gli ebrei di Pisa, Livorno e Monte San Savino hanno goduto di margini di libertà, sebbene condizionata.
(Esterina Dana, Milano)