di David Zebuloni
Nel cuore della notte di quest’ultimo giovedì, esattamente alle ore 02:36, un missile balistico è stato lanciato dallo Yemen verso il centro di Israele. Due sole domande hanno occupato la mente dei cittadini israeliani assonnati mentre correvano verso i rifugi avvolti dal buio: cosa vogliono questi Houthi da noi? E ancora, credono davvero di poterci sconfiggere? Io poi aggiungerei: qual è il vero interesse dell’organizzazione terroristica nel colpire lo Stato ebraico sapendo che perderanno la guerra, se mai ce ne sarà una?
“Innanzitutto, chi ha detto che perderanno la guerra?”, domanda a sua volta l’ex generale Gershon Hacohen in un’intervista al giornale israeliano Makor Rishon. “Tu pensi ancora come un occidentale, io non più. La realtà degli Houthi non è lineare. Loro agiscono per fede e il fatto che siano riusciti a bloccare una rotta di navigazione internazionale, e che una potenza come gli Stati Uniti non sia riuscita a scalfire le loro postazione, conferisce loro una nuova forza in Medio Oriente”.
Sì, come Hamas e come Hezbollah, anche gli Houthi agiscono in nome di Allah, ma non sono soli. “Il desiderio di distruggere Israele è assolutamente attribuibile a loro, ma non ho dubbi sul fatto che agiscano anche per conto del regime iraniano”, spiega Hacohen. “Non bisogna sottovalutare gli Houthi. Il loro attacco della scorsa notte poteva concludersi con l’esplosione di un edificio residenziale e decine di morti”. Secondo l’ex generale, tuttavia, prima ancora di distruggere lo Stato ebraico, gli Houthi vogliono metterlo in una condizione di instabilità continua e conflitto perenne. “Questo obiettivo lo stanno certamente raggiungendo”, aggiunge turbato.
In che modo? Il meccanismo è abbastanza semplice: il Regime degli Ayatollah fornisce agli Houthi delle armi che questi non riescono a produrre da soli. “In Yemen non esiste un istituto tecnico avanzato, ma in Iran ci sono decine di ingegneri di prima categoria”, racconta Gershon Hacohen. “Proprio come quando compri un prodotto all’Ikea da assemblare da solo a casa, così anche gli Houti ricevono dall’Iran dei kit di assemblaggio. Delle armi nella loro forma primaria da assemblare per rendere operative. In questo modo, anche se hai studiato solo due anni e non sai leggere e scrivere, puoi produrre delle armi avanzate senza alcuno sforzo”.
La rara capacità di produrre armi di alta qualità senza che gli operatori effettivi abbiano conoscenze specifiche in ambito scientifico, è senza dubbio una delle più grandi novità della guerra in corso. Tuttavia, secondo la percezione israeliana, lo Yemen non rappresenta ancora una reale minaccia per la sicurezza del paese.
“È un errore gravissimo”, avverte Hacohen. “Tre anni fa ho condotto un’esercitazione del corpo di stato maggiore e ricordo di aver discusso già allora con i miei colleghi del fatto che l’Arabia Saudita non riusciva a reprimere la minaccia degli Houthi. Ecco, nonostante abbia un esercito preparato e degli equipaggiamenti avanzati, l’Arabia Saudita falliva e fallisce nella sua missione semplicemente perché combatte contro un’organizzazione che non agisce secondo le norme occidentali. Questo è ciò che la rende tanto pericolosa ai miei occhi, molto più di quanto gli israeliani possano immaginare”.
Eppure, mi domando e gli domando, in una realtà in cui le forze di difesa israeliane mostrano al Medio Oriente capacità militari senza precedenti, gli Houthi credono davvero di poterle sconfiggere? “Sì, gli Houthi credono che sia possibile sconfiggere Israele”, risponde Hacohen senza esitare. “Anche Yahya Sinwar e Muhammad Deif credevano che ciò che è recentemente accaduto al regime di Assad potesse accadere facilmente anche a noi. I sistemi possono collassare improvvisamente, nulla è veramente stabile nel Medio Oriente. La stabilità non è altro che un’illusione.”
Il mattino seguente all’offensiva missilistica yemenita, una serie di intensi attacchi aerei dell’aviazione israeliana ha scosso Sana’a, la capitale dello Yemen, e le sue città portuali. “Non penso che l’attacco israeliano in Yemen sia stato necessariamente più aggressivo dell’attacco effettuato in Iran il mese scorso”, sottolinea Gershon Hacohen. “Non lo so con certezza, ma sospetto che l’IDF abbia informazioni molto meno precise sullo Yemen rispetto che sull’Iran, e quando non hai abbastanza informazioni, attacchi ciò che vedi chiaramente. In questo caso, porti e centrali elettriche.”
Per quanto riguarda il futuro prossimo del Medio Oriente, l’ex generale teme che l’ultima parola non sia ancora stata detta: gli Houthi potrebbero ancora attaccare e sfidare il sistema di difesa dell’IDF, come hanno già minacciato di fare. “Sì, probabilmente continueranno a lanciare tutti i missili rimasti in loro possesso”, azzarda Hacohen, aggiungendo poi con cauto ottimismo: “Fortunatamente si trovano a duemila chilometri da Israele, e la distanza geografica rappresenta per loro un grande limite”.