di Ludovica Iacovacci
La spada e il rotolo della pergamena possono coesistere tra i palmi degli Haredì, la Torah e la difesa di Israele possono andare di pari passo per chi porta le peot. Tradizionalmente, gli Haredim sono stati esentati dal servizio militare in Israele, questione che ha creato e continua a creare tensioni tra le diverse sezioni della società israeliana. La comunità Haredì ha spesso dimostrato contrarietà al servizio di leva, argomentando che l’osservanza religiosa avrebbe dovuto essere la priorità. Le esigenze del conflitto in corso a Gaza, il desiderio di creare una società israeliana più unita nonché dissidi politici e sociali hanno riportato l’annosa questione al centro del dibattito pubblico israeliano.
La nuova Brigata Hahashmonaim ha cominciato a guadagnare attenzione per aver aperto le porte ai soldati Haredim come parte di un programma di reclutamento mirato. Domenica 5 gennaio, i primi 50 soldati Haredim sono stati arruolati per il servizio regolare e formeranno il nucleo della prima compagnia della brigata. Altri 100 uomini Haredim, più anziani, sono stati arruolati nella prima compagnia di riserva della brigata per iniziare i sei mesi di addestramento di fanteria, dopo di che diventeranno parte effettiva.
Tzahal ha detto che il reclutamento dei 150 soldati è stata una “pietra miliare significativa” nella creazione della Brigata Hahashmonaim, e “il processo di espansione [del numero di] membri della comunità Haredì nel servizio di Tzahal, soprattutto alla luce delle esigenze operative derivanti dalle esigenze della guerra”. Lo stile di vita Haredì sarà rispettato durante il loro servizio nell’esercito israeliano. Secondo un rapporto del quotidiano Israel Hayom, i soldati che prestano servizio nella nuova brigata saranno autorizzati a indossare “abiti del sabato” quando non sono in servizio (anziché uniformi militari), potranno partecipare alle preghiere e ci sarà un’ora obbligatoria di studio della Torah ogni giorno. Alle truppe è stato anche concesso di avere telefoni “kosher”, ovvero dispositivi su cui i social media e la maggior parte delle altre applicazioni sono bloccati. Difatti, il problema nell’arruolare gli Haredim non è esclusivamente il servizio militare in sé quanto l’ambiente dell’esercito, spesso incompatibile con uno stile di vita religioso. Il traguardo sarebbe raggiunto quando un giovane Haredì possa entrare in Tzahal e uscirne ancora Haredì.
Il vice capo di Stato maggiore, il colonnello Amir Baram, ha visitato la base della nuova brigata Haredì la scorsa settimana e ha acceso una candela di Hanukkah con il comandante della brigata, il maggiore generale Avinoam Emunah. Il colonnello Baram ha detto: “Grazie a voi, si è presentata una grande opportunità, un grande privilegio, per essere il primo a stabilire una brigata haredi nell’IDF. E intendiamo che sia haredi, in modo da mantenere il loro stile di vita haredi, affinché anche gli haredim che vengono reclutati se ne vadano come haredim. Non c’è contraddizione tra l’ebraismo devoto e haredi, e la guerra, il coraggio e la battaglia. Oggi, questo è un profondo bisogno operativo e sociale. Abbiamo preparato qui, nella nuova base della brigata, tutte le condizioni per mantenere allo stesso tempo un haredi e un quadro ebraico di combattimento. I ranghi devono essere ampliati”.
Domenica 5 gennaio, l’esercito israeliano ha detto che ulteriori membri della comunità Haredì sono stati arruolati in altre unità religiose. Quelle esistenti per i soldati Haredim includono il battaglione Netzah Yehuda nella brigata Kfir, la compagnia Tomer nel battaglione Rotem della brigata Givati, la compagnia Hetz nel 202° battaglione della brigata Paracadutisti e l’unità di difesa terrestre della base aerea Nevatim, così come numerosi altri ruoli non da combattimento.
È bene sottolineare che all’inizio della guerra in Gaza, la divisione Haredi “Tomer” della brigata Givati prese parte ai combattimenti all’interno della Striscia, oltre a combattere nella regione circostante il 7 ottobre stesso, affiancati anche dai comandanti della squadra nel battaglione Netzah Yehuda. La prima offensiva di terra in assoluto della brigata nel profondo territorio del nemico, insieme alla Brigata Paracadutisti, risale a gennaio 2024. Inoltre, soldati e ufficiali precedentemente di Netzah Yehuda e di altri battaglioni Haredim hanno preso parte ai combattimenti in diverse aree, tra cui Jabaliya nella Striscia di Gaza e parti della Giudea e della Samaria. Alcuni dei riservisti sono stati schierati per 90 giorni consecutivi in ruoli di combattimento. Ulteriori battaglioni comprendenti divisioni Haredim, tra cui più di 1.000 riservisti, hanno effettuato tutti gli incarichi di ricerca vicino al sito del festival Supernova e in tutta la regione di Gaza durante gli scontri. Molti altri soldati Haredim occupavano varie posizioni in unità diverse.
Modelli come divisioni e battaglioni sopracitati, con programmi specifici per soldati religiosi, dimostrano che un compromesso è possibile. Affinché ciò funzioni è necessario comprendere che il vero successo non è solo arruolare giovani Haredim, ma far sì che questi rimangano fedeli alla loro identità religiosa durante e dopo il servizio militare.
Secondo Times Of Israel, l’obiettivo generale di Tzahal negli ultimi quattro mesi era riuscire ad arruolare 1.300 soldati Haredim. Alla fine, ne sono stati arruolati poco più di 900. Nonostante le tensioni in corso e il basso tasso di arruolamento che rimane oggetto di dibattito politico, Tzahal ha visto un aumento dell’85% del numero di soldati Haredim che si uniscono all’esercito, rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti.
Mercoledì 8 gennaio The Jerusalem Post scrive che l’obiettivo dell’esercito è stato quello di aumentare il numero di arruolati Haredim di circa 3.000 unità quest’anno, per portare il numero totale a circa 4.800 all’anno. Dei 338 nuovi arruolati Haredim, 211 sono in unità di combattimento, mentre 127 sono in unità di supporto alle unità di combattimento. Queste reclute fanno parte della nuova Brigata Hahashmonaim, delle nuove unità di manutenzione nel Nord e di un secondo round di unità di guardia di frontiera Haredi. Più specificamente, 70 arruolati si sono uniti al battaglione Netzah Yehuda della Brigata Kfir, 19 si unirono alla compagnia Tomer nella Brigata Givati, 19 si unirono alla compagnia Hetz della Brigata Paracadutisti e 11 si unirono alla compagnia Negev nell’aeronautica, insieme ad altre unità.
Necessità di un compromesso
Secondo il JPost, diverse personalità Haredim riconoscono la necessità di un compromesso. Recenti sondaggi indicano che una parte significativa della comunità Haredì ritiene che coloro che non sono impegnati nello studio della Torah a tempo pieno dovrebbero servire in qualche modo, sia nell’esercito che attraverso il servizio nazionale o civile. Ciò riflette un crescente riconoscimento da parte della comunità Haredì nel contribuire più direttamente alla sicurezza nazionale, nonostante le dichiarazioni di qualche vertice religioso. Concentrarsi sulle dinamiche sociali relative alla questione del servizio di leva degli Haredim, piuttosto che sulle esigenze meramente numeriche o logistiche, potrebbe portare a immedesimarsi nella posizione di ragazzi che sono schiacciati tra un modello di esercito lontano dal loro stile di vita e, spesso, da famiglie che non li guarderanno più con gli stessi occhi dopo aver abbracciato e difeso il sionismo.
Inoltre, addossare la mancanza di personale in Tzahal esclusivamente al settore Haredì significherebbe ignorare le altre significative parti della società israeliana che rifiutano di prestarsi al servizio militare. Secondo i dati dell’esercito del 2022 riportati da Israel Democracy Institute (IDI), anche se tutti i giovani israeliani sono tenuti a servire per un periodo obbligatorio nell’esercito, solo il 69% degli uomini ebrei e circa il 56% delle donne ebree si arruolano. Se i giovani arabi che non sono arruolati vengono aggiunti a questo calcolo, molto meno del 50% di ogni gruppo pertinente viene reclutato. Non è inusuale trovare casi di persone che fingono di essere malati o fingono di essere religiosi per poter continuare la propria vita, evitando il servizio militare, mentre i loro coetanei combattono.
Secondo gli ultimi dati riportati da The Jerusalem Post ben prima della guerra, “dei 4.500 casi che hanno ricevuto esenzioni, il 44,7% erano haredim, il 46,6% laici e un altro 8,7% religiosi sionisti”. Senza considerare la posizione degli arabo-israeliani esonerati dal servizio di leva e nella stragrande maggioranza dei casi auto-esonerati dal richiedere di parteciparvi, mentre gli stessi godono a pieno titolo dei diritti offerti dall’avere la cittadinanza israeliana. Alcuni di loro prediligono la casa al campo di battaglia e impugnano uno smartphone anziché un’arma, diventando rappresentati – soprattutto all’estero – della “difesa-social” di Israele. Seppur la questione dell’arruolamento degli Haredim soprattutto dopo la storica sentenza della Corte costituzionale risulti centrale, interrogarsi anche sul mancato servizio di leva da parte della società secolarizzata israeliana così come sulla passività della parte araba, potrebbe aiutare nel configurare al meglio il problema riguardo alla necessità di personale nell’esercito israeliano, soprattutto nei momenti di emergenza.
(Screenshot X. Fonte: World Israel News)