Manifestazione pro Palestina contro Israele a Rotterdam nel 2017

“Caro amico, mi sono lasciata trascinare senza sapere perché….”. Un racconto

Personaggi e Storie

di Valeria Ottolenghi

Caro Antonio,
ti scrivo per chiederti scusa.

Immagino che tu ci sia rimasto male. Sono stata una stupida: dovevo salutarti e magari affrontarti per quanto dentro di me sto colpevolizzandoti. Ma credo che a essere sciocca, superficiale, sono stata proprio solo io, tanto facilmente conquistabile dai tuoi bei pensieri, così caldi, avvolgenti

Forse ti ho evitato proprio perché non mi sento ancora pronta per affrontarti – e poi con così tanta gente intorno, amici con te, amici con me, molti anche in comune: se ti avessi parlato, immagino avremmo avuto un bel coro, “alla greca”, l’opinione di una parte della città (degli studenti) pronta a schierarsi (forse, qualcuno) da una parte o dall’altra.

Ma è possibile che tu non ti sia neppure accorto del mio non-saluto. Presunzione mia. Comunque ti scrivo (spedirò?, non so) per cercare intanto di chiarirmi io un po’ di idee, o meglio: per delinearle nella loro confusione.

Credo tu sappia del tuo potere di fascinazione: le mie compagne di università che vivono qua e là, come me, in via d’Azeglio, oramai abitata quasi solo da studenti, mi chiedono sempre di te, con una punta di divertita gelosia sapendo che spesso parliamo insieme, io e te, la tua aura in contatto con la mia. Loro sanno molte cose di te più di me: con chi sei stato, aggiornamenti su i tuoi amori.

Forse anch’io ammaliata? Forse la mia fiducia in te – nel tuo pensiero politico, nella tua capacità di mobilitare le persone, creare movimento – nascondeva una sorta di segreta attrazione? Forse, ma non importa. O forse sì: il mio “risveglio” – la ritrovata capacità analitica – probabilmente dovuto anche alla nostra distanza. Da quanti mesi non ci vedevamo?

No, non ho le idee chiare. Per nulla. Ma mi sento inquieta, mi vergogno anche un po’, per aver indossato la kefiah e aver gridato “Palestina libera”. Ricordo che il mio prof. di latino e storia delle superiori ci sollecitava volentieri a interrogarci su cosa sapevamo veramente di una determinata situazione, di una specifica visione politica, prima di aderire a un gruppo, a un partito. È una cosa bella e giusta partecipare, ma…

Io mi ero dimenticata delle sue lezioni, dei tanti esempi storici che mostrano come persone “innocenti” avessero favorito azioni terribili solo per un’adesione non sufficientemente meditata, senza riflettere a sufficienza, magari con la mente colma di buoni pensieri.

È successo così anche a noi? Cosa sapevamo? Io so che ci faceva immenso piacere far parte di una comunità vasta, internazionale, gli studenti di tutte le università del mondo uniti, anche della mitica Harvard! Davvero una magnifica sensazione – e tu eri bravissimo a ricordarci questo speciale privilegio: i giornali intervistano sempre volentieri gli studenti (e gli insegnanti!: quanti insieme a noi!) che si mobilitano contro i mali del mondo.

E il male era Israele. Il bene quella Palestina fantasma. Ora che sono tornati gli attentati, in Europa, in America, che Cecilia Sala si trova in prigione in Iran (il racconto è stato scritto prima della sua liberazione, ndr), lì dove non ci sono diritti civili, uno stato teocratico che, in nome di dio, perseguita e condanna – quello il paese principe alleato di Hamas, Hezbollah, Houthi, sempre ben riforniti di armi in nome della meta comune, distruggere Israele – ora scenderai (no, non più “scenderemo”) nuovamente in piazza a gridare “viva Pal!”?

Sì, un po’ mi vergogno di essermi lasciata tanto facilmente coinvolgere dalla tua passione, che era meravigliosamente di tanti, una bella sensazione, non posso negarlo. Non sono stata capace di ascoltare la voce del mio prof. di allora, di cui pure ero profondamente convinta, che mi avrebbe dovuto fermare in tempo, per studiare, leggere di più, ragionare.

Io a casa ho un poster attaccato al lato di una mia libreria: Linus e Charlie Brown camminano insieme, il fumetto dice: “Non si discute per avere ragione ma per capire”. Ecco: ora avrei voglia di questo. Magari capire insieme a te. Io intanto ho letto, di Bernard-Henri Lévy,“Solitudine di Israele”, La nave di Teseo. Avrei voluto regalartelo. E forse lo farò. Insieme a questa lettera? Sì, perché da solo non avrebbe il senso che vorrei che avesse… Magari insieme al poster…sorrido… Mi farebbe piacere vederti, molto.

Spero davvero a presto

Giovanna

 

*Valeria Ottolenghi è Responsabile Relazioni Esterne A.N.C.T. – Associazione Nazionale dei Critici di Teatro, Critico Teatrale della Gazzetta di Parma, Membro della Direzione Artistica “Destini Incrociati” e Direttore Artistico e vicepresidente di Fondazione Mario Lanfranchi.