Emily, Doron e Romi, i primi tre ostaggi liberati, sono in Israele. Iniziata oggi la tregua

Israele

di Anna Balestrieri
Il cessate il fuoco tra Israele e Hamas è ufficialmente entrato in vigore il 19 gennaio 2025 alle 11:15 ora locale, dopo un ritardo causato dalla mancata consegna tempestiva da parte di Hamas della lista degli ostaggi da liberare. La tregua, mediata con il coinvolgimento di Egitto, Qatar e Stati Uniti, prevede uno scambio iniziale di 33 ostaggi israeliani, inclusi donne e bambini, in cambio di oltre 1.900 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.

La presa in carico 

Nonostante il clima di speranza generato dall’inizio del cessate il fuoco, il processo di rilascio degli ostaggi rimane al centro dell’attenzione. I tre ostaggi israeliani consegnati oggi alla Croce Rossa – Romi Gonen, Emily Damari e Doron Steinbrecher – sono stati dichiarati in buone condizioni di salute dalle autorità israeliane.
Hamas ha però contravvenuto alle richieste di Israele riguardo alle modalità di consegna degli ostaggi alla Croce Rossa: come era già avvenuto nei rilasci di novembre 2023, anche questa volta una folla di gazawi ha circondato l’auto degli ostaggi, cosa che era stato chiesto chiaramente dal capo dello Shin bet Ronen Bar di non fare.
Nel frattempo, migliaia di persone si sono radunate a Hostage Square, a Tel Aviv, per seguire in diretta i momenti del loro ritorno. L’atmosfera, inizialmente piena di applausi e speranza, è diventata più silenziosa e riflessiva man mano che le immagini del trasferimento venivano proiettate su un grande schermo, riflettendo l’importanza emotiva e simbolica di questo momento per la nazione.

Gli ostaggi

Romi Gonen, 24 anni, è stata rapita durante l’attacco al festival musicale Nova il 7 ottobre 2023. Mentre tentava di fuggire in auto con amici, è stata colpita alla mano dai terroristi prima di essere portata a Gaza. Durante l’attacco, Romi era al telefono con sua madre, Meirav, e le sue ultime parole sono state: “Mi hanno sparato, mamma, e sto sanguinando. Tutti in macchina stanno sanguinando.”
La sua famiglia ha condotto campagne incessanti per il suo rilascio, con la nonna 87enne, Dvora Leshem, che ha bussato alle porte di ministri e membri della Knesset durante Hanukkah per sensibilizzare sulla situazione di Romi e degli altri ostaggi.

Romi Gonen con la madre dopo la liberazione (foto GPO)

 

Doron Steinbrecher, 31 anni, infermiera veterinaria, è stata sequestrata nel suo appartamento nel kibbutz Kfar Aza durante lo stesso attacco. Il 7 ottobre 2023, mentre si trovava nel suo appartamento, è stata rapita dai terroristi di Hamas. Durante l’assalto, Doron ha comunicato con la sua famiglia, informandoli dell’arrivo dei terroristi. Da allora, sua madre, Simona Steinbrecher, ha lanciato appelli internazionali per il suo rilascio, esprimendo profonda preoccupazione per le condizioni di salute di Doron.

Doron Steinbrecher con la madre dopo la liberazione (foto GPO)

 

Emily Damari, 28 anni, con doppia cittadinanza britannica e israeliana, è stata anch’essa rapita dal suo appartamento nel kibbutz Kfar Aza. Il 7 ottobre 2023 è stata rapita da Hamas dalla sua abitazione nel Kibbutz Kfar Aza, nel sud di Israele ed è stata colpita da un proiettile e successivamente portata a Gaza. Da allora, sua madre, Mandy Damari, ha condotto una campagna incessante per il suo rilascio, incontrando politici sia nel Regno Unito che in Israele.

Emily Damari finalmente con la mamma al telefono con il fratello.

 

Gli ostaggi sono state prese in carico in un centro di accoglienza vicino a Re’im dove sono state visitate da medici e psicologi e hanno incontrato le madri. In serata il trasporto all’ospedale Sheba, dove incontreranno le famiglie.

 

Le tensioni 

Durante la giornata, la madre di Oron Shaul, soldato ucciso nel 2014 e il cui corpo è stato restituito, ha espresso il suo dolore e sollievo per la chiusura di un lungo capitolo della sua famiglia, pur riconoscendo l’importanza di garantire un destino dignitoso anche agli altri ostaggi.
Intanto, la coalizione di governo israeliana subisce scosse politiche, con le dimissioni del partito di estrema destra Otzma Yehudit, che accusa il governo di aver capitolato di fronte a Hamas. Nel frattempo, nella Striscia di Gaza, l’accordo consente il ritorno di alcuni abitanti nel nord, sebbene il passaggio nella zona di Netzarim resti pericoloso. La comunità internazionale osserva con speranza e cautela questi sviluppi, mentre il bilancio delle vittime palestinesi continua a crescere, il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha dichiarato che la guerra non sarà considerata conclusa fino a quando tutti gli ostaggi non saranno tornati a casa.

Le incognite

 

Mentre si celebrano i primi progressi del cessate il fuoco e il rilascio di ostaggi, rimangono ancora numerose incognite che rendono il contesto particolarmente delicato. Nonostante l’accordo, la sicurezza lungo il percorso Netzarim continua a rappresentare un pericolo significativo per i residenti che cercano di tornare al nord di Gaza. Inoltre, il rilascio previsto di 735 prigionieri palestinesi sta già generando tensioni politiche in Israele, con il partito di estrema destra Otzma Yehudit che ha annunciato le proprie dimissioni in segno di protesta contro l’accordo. La situazione sul terreno è ulteriormente complicata dalla difficoltà di coordinare l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia, con l’obiettivo di far entrare 600 camion al giorno, un’operazione logistica mai sperimentata in queste proporzioni. Anche sul piano diplomatico internazionale, l’attesa per i commenti del presidente Biden e le implicazioni del cessate il fuoco per le relazioni israelo-saudite rimangono sotto stretta osservazione.

 

Seguiranno aggiornamenti.