di Nathan Greppi
Sebbene l’Islam sia nato in Medio Oriente, forse non tutti sanno che oggi il paese con la maggiore popolazione musulmana a livello mondiale è l’Indonesia (oltre 240 milioni, su un totale di più di 280 milioni di abitanti). Un paese che, seppur in maniera meno aggressiva rispetto ad altri, ha sempre avuto un atteggiamento prevalentemente ostile nei confronti d’Israele.
Per capire qual è lo stato dei rapporti tra Gerusalemme e Giacarta, abbiamo parlato con l’attivista ed ex-giornalista indonesiana Monique Rijkers. Fondatrice dell’associazione Hadassah of Indonesia e responsabile del canale YouTube FaktaIsrael, svolge un’intensa attività di divulgazione per raccontare ai suoi connazionali aspetti poco conosciuti nel loro paese dell’ebraismo e d’Israele. I suoi articoli sono apparsi su Deutsche Welle, Haaretz e il Times of Israel. Prima del 7 ottobre, è stata l’organizzatrice del Tolerance Film Festival che portava in Indonesia sia film israeliani che film palestinesi.
Che tipo di rapporti c’erano tra l’Indonesia e Israele prima del 7 ottobre?
Prima del 7 ottobre 2023, posso dire che c’era una relazione informale. Sebbene non ci siano relazioni diplomatiche ufficiali, ne esistono di turistiche e commerciali. I turisti provenienti dall’Indonesia, e in particolare quelli cristiani, possono visitare Israele per il pellegrinaggio in qualsiasi momento. Generalmente, gli agenti turistici che gestiscono i viaggi in Vaticano organizzano anche tour in Israele, che comprendono anche Betlemme e Gerico in Palestina. I visti vengono elaborati per 45 giorni lavorativi, e sono pensati per dei gruppi, non per singoli individui. I turisti possono venire in Israele singolarmente a condizione di ricevere un invito da qualcuno che si trova già lì, e possono ottenere i visti richiedendoli presso un’ambasciata israeliana; nel nostro caso, la più vicina si trova a Singapore.
Anche i turisti provenienti da Israele possono venire in Indonesia in gruppo, con un visto elaborato da un agente di viaggio israeliano. Molti cittadini israeliani hanno una doppia cittadinanza, per cui possono venire facilmente in Indonesia con il loro secondo passaporto.
A parte il turismo, quali altri tipi di relazioni esistono tra i due paesi?
L’Indonesia ha anche relazioni commerciali con Israele. Il volume delle esportazioni è ancora esiguo, ma lo stesso governo indonesiano ha ammesso che ci sono degli scambi. Nel luglio 2024, l’Indonesia ha esportato in Israele calzature per 1,69 milioni di dollari, con un aumento del 30,82% rispetto al mese precedente. Esportavano anche macchinari e apparecchiature elettriche per 1,248 milioni di dollari, con un aumento dell’8,66% rispetto al luglio 2023.
Nell’ambito militare, non è più un segreto che un certo numero di piloti dell’aeronautica indonesiana sono stati addestrati da Israele. Già nei primi anni ‘80, l’Indonesia acquistò in segreto dall’aviazione israeliana degli aerei da combattimento in quella che viene chiamata “Operazione Alpha”. Inoltre, per combattere il terrorismo interno, l’intelligence indonesiana ha acquistato strumenti tecnologici provenienti da Israele.
Come stavano le cose quando Israele era in guerra?
Nonostante queste relazioni, ogni volta che c’erano tensioni tra Israele e Hamas a Gaza, o tra i musulmani alla Moschea di Al-Aqsa e la polizia israeliana, l’ex-Presidente indonesiano Joko Widodo ha spesso criticato Israele. Il suo Ministro degli Esteri, Retno Marsudi, è stata ancora più esplicita nel criticare Israele, negli anni del loro governo durato dal 2014 al 2024. Sebbene l’Indonesia abbia dichiarato di appoggiare la Soluzione dei due Stati, il sostegno alla Palestina è assai visibile. Non ho mai sentito da parte loro una dichiarazione di empatia per Israele quando veniva colpito dal terrorismo palestinese. Tuttavia, sotto Jokowi (come viene soprannominato dagli indonesiani Widodo, ndr), il governo indonesiano non ha proibito ai suoi cittadini di andare in Israele.
Sul sito ufficiale del Ministero degli Affari Esteri indonesiano, nella sezione sull’Ambasciata giordana c’è una sezione sulla Palestina; qui, vi è una mappa della Palestina dove non compare il nome dello Stato d’Israele. La capitale che il governo indonesiano riconosce è Gerusalemme. E nel 2016, durante la Conferenza sulla cooperazione tra i Paesi islamici, il presidente Jokowi ha chiesto il boicottaggio dei prodotti israeliani.
Cosa è cambiato invece dopo i massacri del 7 ottobre e l’inizio della guerra?
Dopo i massacri del 7 ottobre 2023, il governo indonesiano ha rilasciato diverse dichiarazioni di sostegno alla Palestina. Non c’è mai stata una sola dichiarazione che condannasse le azioni di Hamas nell’uccidere oltre 1.200 persone e nel rapirne più di 250. Israele è diventato un nemico pubblico in Indonesia. Diverse manifestazioni a sostegno di Gaza si sono svolte in varie città. C’è stato anche un insegnante che è stato costretto a scusarsi per aver espresso sostegno a Israele. Esprimere simpatia per Israele può trasformarti in un bersaglio di insulti e maledizioni. Gli indonesiani boicottano varie compagnie che sono considerate legate a Israele, come ad esempio McDonald, Kentucky Fried Chicken e Nestlé.
Come attivista pro-Israele, che tipo di reazioni riceve da parte del pubblico indonesiano?
Come attivista filoisraeliana in Indonesia, ho ricevuto molti insulti: minacce di decapitazione scritte nei commenti sui social media, bullismo e attacchi personali su WhatsApp. Ad oggi sono 1.285 i numeri di telefono che ho bloccato perché ho ricevuto minacce da parte loro.
Su TikTok circolano messaggi che chiedono che io venga espulsa dall’Indonesia. Non ho seguito la questione di persona, ma un amico me ne ha parlato e ha detto che, se ho bisogno di fondi per andare all’estero, è pronto ad aiutarmi. Naturalmente, non voglio scappare dai miei odiatori. Queste persone che odiano Israele sono il motivo per cui faccio un lavoro di educazione attraverso i miei contenuti video sul canale YouTube FaktaIsrael. Ho scelto questo nome per contrastare la disinformazione e le bufale che circolano in Indonesia su Israele, gli ebrei e la negazione dell’Olocausto.
Come viene rappresentata la guerra in corso tra Israele e Hamas sui media indonesiani?
All’inizio della guerra, i mass media in Indonesia non coprivano entrambe le parti. Tendevano solo a riferire delle vittime che morivano a Gaza, e in particolare donne e bambini, senza spiegare perché fosse scoppiata la guerra. I giornalisti non hanno scritto che l’IDF ha aiutato gli abitanti di Gaza a evacuare dalle aree bersagliate.
Ci sono due attivisti indonesiani che hanno vissuto a Gaza negli ultimi anni, prima di lasciarla definitivamente a causa della guerra. Naturalmente entrambi sono molto pro-Hamas, e sono diventati la fonte di riferimento per molte persone in Indonesia. Sono stati invitati nelle stazioni televisive, nelle moschee e in diverse comunità dell’Indonesia per raccontare la loro storia sul conflitto tra Israele e Hamas. Uno degli attivisti una volta ha detto in un podcast assai popolare in Indonesia che Israele usa la pelle dei morti di Gaza. Sfortunatamente, molte persone credono a queste sciocchezze.
Molti giornalisti indonesiani non sono mai stati in Israele e in Palestina, ma sono tenuti a denunciare Israele in quanto entità odiata dal pubblico indonesiano. Se si mostrano gentili con Israele, vengono accusati di essere degli agenti sionisti.
Nell’aprile 2024, i media israeliani hanno riferito che il governo indonesiano stava valutando l’ipotesi di stabilire relazioni diplomatiche con Israele.
Nel giugno 2023, l’Istituto Nazionale della Difesa indonesiano, noto come Lemhannas, mi ha invitata a tenere una presentazione sulle prospettive delle relazioni tra Israele e l’Indonesia. All’epoca sono stata invitata come attivista pro-Israele, ed è il più alto riconoscimento che abbia mai ricevuto come attivista filoisraeliana nel mio paese dal 2016, quando ho iniziato il mio attivismo fondando l’associazione Hadassah of Indonesia. È stato un momento molto felice per me, perché non è facile essere un sostenitore d’Israele in Indonesia, un Paese prevalentemente musulmano e solidale con la Palestina.
Tuttavia, penso che Jokowi avesse fatto questa mossa non perché avesse cambiato idea su Israele, ma per la necessità dell’Indonesia di poter entrare nell’OCSE (ndr, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Per diventarne un membro, uno dei requisiti è quello di avere relazioni diplomatiche con tutti i membri dell’OCSE. Pertanto, l’Indonesia deve avere relazioni diplomatiche anche con Israele.
Quando la guerra sarà finita, ritiene che i negoziati potranno riprendere?
A parte l’OCSE, l’Indonesia deve rendersi conto che deve essere un Paese amante della pace, non un paese antisemita. Ha bisogno d’Israele e delle sue innovazioni nell’agricoltura, le telecomunicazioni, la salute, la difesa e la sicurezza, oltre alla tecnologia per l’acqua pulita.
Credo che, con continui sforzi educativi, alla fine l’opinione pubblica indonesiana sarà in grado di accettare lo Stato d’Israele, perché l’Indonesia e Israele non sono mai stati in guerra. Basta fare il confronto con i Paesi Bassi e il Giappone, che un tempo ci dominavano. Oggi l’Indonesia ha relazioni con entrambi questi paesi; pertanto, non può essere un problema avere relazioni con Israele.