di Anna Coen
L’Algeria potrebbe essere pronta a rivedere le sue posizioni diplomatiche con Israele, ma a una condizione ben precisa: il suo presidente, Abdelmadjid Tebboune, ha chiarito che ciò avverrà solo se verrà risolta la questione palestinese. In un’intervista esclusiva rilasciata al quotidiano francese L’Opinion, Tebboune ha affermato che il suo Paese è disposto a stabilire relazioni con Israele, ma solo dopo che sarà creato uno Stato palestinese sovrano, con Gerusalemme Est come sua capitale. Le sue parole hanno subito scatenato discussioni accese, perché se da un lato mantengono la linea tradizionale del Paese, dall’altro sembrano segnare un piccolo cambio di rotta.
Un tono diverso, un segnale da non sottovalutare
Tebboune ha ribadito che la sua posizione è in linea con quella dei suoi predecessori, Chadli e Bouteflika, i quali «non avevano alcun problema con Israele». Ma c’è una novità: Israele non viene più chiamato «entità sionista», ma nominato direttamente. Un cambiamento sottile, ma che non è passato inosservato.
L’opposizione non ci sta
Non si sono fatte tuttavia attendere le voci di chi non ha affatto gradito questa apertura, anche se condizionata. Il Movimento per la Società della Pace (MSP), il più importante partito islamista algerino, ha condannato qualsiasi ipotesi di normalizzazione, definendo Israele un «occupante aggressivo». Secondo il partito, il governo sarebbe sotto forti pressioni internazionali, in particolare dagli Stati Uniti.
«Per noi, la causa palestinese non si tocca. È una linea rossa», ha dichiarato un esponente dell’MSP, chiedendo di restare anonimo. Alcuni analisti ritengono che l’Algeria stia subendo pressioni per seguire l’esempio di altri Paesi arabi che hanno già normalizzato i rapporti con Israele.
Un legame storico difficile da ignorare
L’Algeria è da sempre schierata a fianco della Palestina. Ai tempi della guerra d’indipendenza dalla Francia, la causa palestinese era considerata una battaglia sorella. Questo ha portato, negli anni, a un rifiuto categorico di qualsiasi rapporto con Israele.
Oggi, però, il contesto è più complesso e d’allora di acqua ne è passata sotto i ponti. L’Algeria deve infatti fare i conti con nuove sfide interne e internazionali. L’instabilità della regione e la necessità di rafforzare le proprie alleanze potrebbero spingerla a rivedere alcune posizioni, pur senza rinnegarle del tutto.
La questione della comunità ebraica
Un altro nodo delicato è il passato della comunità ebraica in Algeria. Dopo l’indipendenza, migliaia di sono stati costretti a lasciare il Paese a causa di discriminazioni e confische. Alcuni osservatori ritengono che, prima di parlare di normalizzazione con Israele, l’Algeria dovrebbe affrontare questa zona d’ombra della sua storia.
Faiçal Marjani, presidente dell’organizzazione Marocco Coexistence, ha dichiarato: «Se l’Algeria vuole costruire relazioni diplomatiche solide, deve prima riconoscere le ingiustizie subite dalla comunità ebraica». Una questione spinosa che, se ignorata, potrebbe complicare ulteriormente la situazione.
L’Algeria è isolata?
Sul piano geopolitico, l’Algeria appare sempre più isolata rispetto ad altri Paesi arabi come il Marocco e gli Emirati Arabi Uniti, che hanno già avviato relazioni con Israele. Inoltre, le difficoltà economiche e le tensioni interne rendono difficile un cambio improvviso della politica estera.
Le parole di Tebboune potrebbero essere un segnale di apertura, ma senza una strategia chiara e un cambiamento concreto sul dossier palestinese, la normalizzazione con Israele resta ancora un’ipotesi lontana. Per ora, il futuro dell’Algeria rimane incerto. La questione palestinese e il rapporto con la comunità ebraica rappresentano due ostacoli importanti. Finché questi nodi non verranno affrontati, qualsiasi apertura rischia di restare solo una buona intenzione, ma sulla carta.
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Foto in alto: Abdelmadjid Tebboune (foto wikicommons)