di Nina Deutsch
Milioni di persone potrebbero essere spostate da Gaza, secondo un’ipotesi circolata in ambienti diplomatici internazionali. Come rivela un’inchiesta della CBS News, che cita «tre fonti a conoscenza dell’iniziativa», l’amministrazione Trump e il governo israeliano avrebbero discusso la possibilità di trasferire i due milioni di abitanti della Striscia in altri Paesi, tra cui Siria, Sudan e Somalia. L’idea, almeno sulla carta, farebbe parte di un più ampio piano di riqualificazione di Gaza dopo la devastazione della guerra. Trump, nel presentarlo, aveva parlato della possibilità di trasformare l’area nella «Riviera del Medio Oriente», suscitando immediate reazioni contrastanti.
Il presidente statunitense ha ipotizzato che gli USA possano prendere possesso del territorio, avviare un lungo processo di bonifica e svilupparlo come un progetto immobiliare. Tuttavia, analisti e osservatori ritengono il piano irrealizzabile, mentre gli alleati arabi di Washington hanno respinto qualsiasi ipotesi di spostamento dei palestinesi. Anche le Nazioni Unite e diversi legislatori democratici hanno criticato duramente la proposta, con alcuni che l’hanno definita «pulizia etnica».
Nonostante questo, l’amministrazione Trump avrebbe considerato il trasferimento come una delle opzioni per «risolvere il problema Gaza». A complicare il quadro ci sono le dichiarazioni contrastanti dello stesso Trump: inizialmente ha parlato apertamente di «spostare i palestinesi in altre zone», poi ha negato qualsiasi intento di deportazione, infine ha suggerito la creazione di «comunità sicure, magari cinque o sei», senza però chiarire dove.
Una proposta controversa e un mare di smentite
L’ipotesi, già di per sé esplosiva, è stata accolta da una serie di reazioni contrastanti. La Siria ha negato di essere stata contattata ufficialmente, eppure diverse fonti confermano che qualche discussione c’è stata. Secondo la CBS, ci sarebbero stati contatti tra Washington e il nuovo governo siriano di Ahmed al-Sharaa – noto anche per il suo nome di battaglia di Abū Muḥammad al-Jawlānī o al-Jūlānī – l’ex leader jihadista salito al potere dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad. Un’ipotesi controversa, considerando che Israele ha sempre ritenuto Sharaa inaffidabile e ora si troverebbe a trattare con lui sul futuro dei palestinesi.
Tra le destinazioni ipotizzate figurano anche il Sudan, già in ginocchio per una guerra civile, e la Somalia, uno Stato fragile dove la minaccia terroristica è altissima. Il piano, quindi, sposterebbe i gazawi da una terra devastata a un’altra altrettanto instabile. Sulla questione è intervenuto anche l’ambasciatore somalo negli Stati Uniti, Dahir Hassan, smentendo qualsiasi contatto con l’amministrazione americana o israeliana su un possibile reinsediamento dei palestinesi nel suo Paese. Hassan ha inoltre avvertito che «la diffusione di tali informazioni non verificate rischia di alimentare la propaganda di reclutamento per gruppi estremisti come ISIS e Al-Shabaab, aggravando ulteriormente le sfide alla sicurezza della regione».
La reazione del mondo arabo e il piano alternativo
Se Washington e Israele tentennano, il mondo arabo ha invece reagito in modo netto. Come riporta Ynetnews, i leader arabi hanno approvato il piano alternativo dell’Egitto: ossia la creazione di un comitato di tecnocrati indipendenti per amministrare Gaza, con l’obiettivo di stabilizzare la situazione e poi restituire il controllo all’Autorità Nazionale Palestinese.
A differenza del piano Trump, che prevede di svuotare la Striscia, la proposta egiziana lascia i palestinesi nella loro terra e punta a una ricostruzione gestita da esperti, con il sostegno di diversi Paesi. L’idea ha raccolto qualche consenso a livello internazionale, ma Stati Uniti e Israele hanno mostrato scarso interesse. L’amministrazione Trump, come già accennato, ha inviato segnali contrastanti anche riguardo al piano egiziano. In un apparente ammorbidimento della sua proposta di impossessarsi della Striscia di Gaza, la scorsa settimana ha affermato che il piano non prevede l’espulsione dei palestinesi. Nel frattempo, il complesso cessate il fuoco in tre fasi, che comprendeva anche il rilascio degli ostaggi, si è arenato dopo la prima fase, a causa delle reciproche accuse di violazioni da parte di Israele e Hamas.
Un’idea che rischia di esplodere
La realtà è che il destino di Gaza è un dossier bollente, che nessuno sembra voler gestire fino in fondo. Il piano di reinsediamento, al di là delle smentite, solleva questioni enormi: è legale spostare un’intera popolazione? È etico? E soprattutto, è una soluzione praticabile? Alcuni esperti avvertono che un trasferimento forzato su questa scala potrebbe configurarsi come un crimine di guerra. Altri sottolineano che, anche se fosse su base volontaria, sarebbe comunque una scommessa pericolosa. Nel frattempo, la guerra tra Israele e Hamas continua a lasciare cicatrici profonde.
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- The Times of Israel https://www.timesofisrael.com/us-israel-see-syria-as-possible-home-for-relocated-gazans-says-report/
- I24news https://www.i24news.tv/en/news/middle-east/levant-turkey/artc-us-israel-seek-transfer-of-gazans-to-syria-report
- Ynetnews https://www.ynetnews.com/article/hkqzv2hhyl
- The Guardian https://www.theguardian.com/us-news/2025/mar/14/sudan-rejects-us-request-discuss-taking-palestinians-donald-trump-gaza-plan?utm_source=chatgpt.com
- Il Sole 24 ORE https://www.ilsole24ore.com/art/usa-e-israele-valutano-sudan-somalia-e-siria-sfollare-abitanti-gaza-AGBlnWaD