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Sono oltre 50 i razzi – alcuni dicono addirittura 70 -lanciati fra mercoledì sera e giovedì mattina dalla Jihad islamica dalla Striscia di Gaza verso le comunità israeliane limitrofe: 8 di questi sono caduti in centri urbani, ma senza causare feriti. Si tratta del più vasto attacco dalla Striscia di Gaza contro Israele dall’operazione “Colonna di Nuvola” del novembre 2012.
Un’escalation alla quale, come quanto riportano i media israeliani e quelli italiani, ha subito reagito il primo ministro Benyamin Netanyahu: «Se non ci sarà silenzio nel sud di Israele, presto – ha avvertito – ci sarà un rumore assordante a Gaza». «Il nostro esercito – ha aggiunto nella conferenza stampa con a fianco il premier britannico David Cameron, giunto nel pomeriggio in visita nella regione – in questo momento reagisce con potenza agli spari da Gaza». Durante la notte di mercoledì, infatti, l’aviazione israeliana a bombardato 29 obiettivi, fra cui un campo d’addestramento delle Brigate al-Qods, il braccio militare della Jihad islamica, e altre due basi della stessa organizzazione nel nord del Territorio.
In Israele cresce dunque la paura, soprattutto dopo che il Ministro degli esteri Avigdor Lieberman ha dichiarato che di fronte alla situazione «non c’è ormai altra scelta che rioccupare per intero la Striscia». Parole molto dure, che hanno creato una spaccatura all’interno del mondo politico israeliano. Il presidente del Meretz, Zahava Gal, ha scritto su Facebook: “Mi dica, Ministro degli Esteri, ha forse perso la testa? Vuole dare alla Jihad islamica il premio più grande a cui possono sperare e ai residenti del sud del Paese la più grande punizione che possa capitare loro? Sono sicura che non le importi molto delle migliaia di palestinesi che sarebbero uccisi nell’invasione e inoltre non è chiaro quante perdite israeliane lei è pronto ad assorbire per portare a termine questa fantasia apocalittica”.
Nel frattempo il ministro della Difesa Moshè Yaalon ha chiuso fino a nuovo ordine i valichi di frontiera con Gaza. La nuova escalation della Jihad, che ha rivendicato l’azione in risposta all’uccisione ieri da parte si Israele di suoi tre miliziani, avviene a pochi giorni dalla conferenza stampa di Netanyahu sulla nave proveniente dall’Iran piena di missili destinati a Gaza. Ed è apparsa a molti un serio colpo al cessate il fuoco raggiunto nel novembre del 2012. Il portavoce militare israeliano ha detto di ritenere responsabile la fazione islamica di Hamas «per tutti gli attacchi che partono dalla Striscia». Mentre Hamas – secondo i media – ha addossato ad Israele «la responsabilità» della escalation rivendicando il «diritto del popolo palestinese a difendersi».
La pioggia di razzi caduti fra ieri e oggi ha costretto, al suono delle sirene di allarme, migliaia di cittadini del sud di Israele a chiudersi nei rifugi e ad essere sempre vicini ai ripari: l’esercito ha ricordato che dall’avvio del 2014 sono stati almeno 60 i razzi scagliati contro Israele. L’accelerazione di oggi è avvenuta a breve distanza dalla fine dell’intervento di Cameron alla Knesset: un discorso in difesa della sicurezza di Israele, di condanna del boicottaggio al quale la Gran Bretagna – ha detto – si opporrà, ma anche di appoggio pieno agli sforzi diplomatici per un accordo tra le parti del segretario di Stato Usa John Kerry e alla soluzione a due Stati.
Netanyahu, nel suo discorso di benvenuto – più volte interrotto dai banchi dell’opposizione mentre i partiti religiosi hanno lasciato l’aula per protesta contro l’approvazione della legge che estende la leva militare agli ultraortodossi – ha invitato il mondo «a premere sui palestinesi» perché «il tempo si sta esaurendo anche per loro». «Il rifiuto di riconoscere lo Stato ebraico – ha spiegato – è la radice del conflitto, non certo i villaggi ebraici in Giudea e Samaria».
Ma intanto a Gaza e nel sud di Israele crescono paura e angoscia per quello che potrà capitare nelle prossime ore.