di Roberto Zadik
Un mese fa avveniva lo spietato assassinio dei coniugi Henkin che, lo scorso ottobre, apriva la lunga e sanguinosa serie di accoltellamenti e violenze arabe contro civili israeliani. Successivamente al delitto, sono stati catturati gli assassini della coppia di ebrei, un gruppo di terroristi palestinesi. Ora il sito israeliano Ynet rivela i nomi dei responsabili svelando una serie di particolari sulla dinamica dell’omicidio, emersi in seguito alle indagini e agli accertamenti delle forze dell’ordine israeliane. Cos’è successo e come sono andate le cose in quel tragico giorno di ottobre? Cinque uomini di Hamas sono stati infatti arrestati a Gerusalemme, nella zona del West Bank per aver partecipato all’omicidio dei coniugi Henkin.
In primo piano, tre di loro: Karam Razaq (conosciuto col soprannome di Al Matzar), Samir Kusa (noto come “Abu Zuhair”) e Yahya Haj Hamed. Ma cosa è successo esattamente? A quanto pare, l’autista della vettura da cui partirono i colpi di pistola sarebbe stato proprio Samir che, nel corso dell’attacco, avrebbe coperto la targa per non essere identificato dalla polizia. Yahya, a capo della banda terroristica, portò le armi agli altri diventando il principale responsabile del delitto, visto che era in possesso della pistola e fu lui a premere il grilletto.
Ynet fornisce inquietanti particolari sul tremendo omicidio e sui suoi responsabili. Le investigazioni, infatti, hanno rivelato al sito che il povero Eitam Henkin, sanguinante e colpito gravemente dalle pallottole, cercò di lottare coraggiosamente contro uno dei terroristi e provò a togliere l’arma al suo assalitore prima di essere ucciso. Sconvolti i figli piccoli della coppia, che hanno assistito impotenti all’omicidio dei loro genitori dal retro della loro macchina. Organizzatore del massacro è stato Yahya Haj Hamed che ha ucciso sia Eitam che sua moglie Naama. Infatti, durante l’interrogatorio delle forze dell’ordine, egli ha ammesso tutte le sue azioni e ha detto che l’omicidio è stato una vendetta dopo l’incendio a Duma verificatosi a luglio. Yahya ha spiegato di aver preso la pistola che ha passato a Karam, poi hanno incontrato Samir e, dopo aver controllato se ci fossero pattuglie nella zona, hanno cominciato a cercare una macchina israeliana. «Ho chiesto a Samir – ha detto il criminale – di guidare lungo le strade della zona, poi abbiamo visto la macchina della famiglia Henkin. Così – ha proseguito – gli ho chiesto di superarla e ho cominciato a sparare 10 o 15 colpi. Nello stesso momento la macchina si è fermata e anche noi abbiamo fatto lo stesso. Sono uscito dalla macchina e ho inserito nella mia pistola un secondo caricatore», ha puntualizzato Yahya.
«Sono andato dalla donna che era seduta vicino al marito e ho aperto la porta dell’auto per vedere chi fosse seduto lì e ho visto lei che non aveva nessuna ferita. In quel momento – ha detto – l’uomo cominciava a lottare con Karam». Una scena spaventosa raccontata dall’uomo con freddezza e precisione. «Ho sparato in direzione dell’uomo che è morto all’istante – ha continuato Yahya. – Subito dopo sono stato attaccato dalla moglie e l’ho ammazzata con qualche pallottola, ho visto anche i loro bambini ma non gli ho sparato. Siamo scappati gettando via la pistola».
Dopo l’attacco, il gruppo di terroristi pensò a curare la mano di Karam, che secondo Yahya era stata ferita da una pallottola. Il giorno dopo, i militari dell’esercito IDF hanno trovato e arrestato i palestinesi.
Ad aggiungere ulteriori dettagli a questa spaventosa vicenda, la testimonianza di uno dei terroristi, Karam Razaq, che ha aderito all’idea di attaccare gli israeliani anche se poi si è rifiutato di sparare. Yahya, quando si incontrarono, gli aveva detto che avrebbero compituto un omicidio ma senza spiegarne le circostanze. Razaq ha detto che Yahya aveva sparato alla macchina degli Henkin che stavano guidando nella direzione opposta. Ha aggiunto che, dopo la sparatoria, lui e Yahya sono usciti dalla loro macchina per guardare nella macchina degli Henkin. «Sono andato verso il sedile del guidatore per vedere cosa gli fosse successo e ho notato che la porta si stava lentamente aprendo – ha ricordato l’uomo – così l’ho aperta e il guidatore ha provato con tutta la sua forza a strapparmi l’arma. Yahya, che era dall’altra parte gli ha sparato». Non ha parlato dei bambini che erano nella vettura ma ha motivato l’omicidio come vendetta per la famiglia palestinese dei Dawabshets, uccisa in un rogo appiccato da estremisti ebrei. Ha detto di sentirsi in colpa per aver partecipato al massacro di civili innocenti. Il terzo membro del gruppo che ha commesso l’omicidio, Samir Kusa, è un tassista di Nablus. Nel suo racconto, l’uomo ha ricordato come «il giorno dell’attacco avevamo coperto la targa della macchina. Abbiamo visto che una macchina stava arrivando, una vettura dalla direzione di Alon Moreh e sapevamo che era guidata da coloni. Così Karam e Yahya uscirono dalla macchina mascherati – ha continuato – le urla e gli spari cominciarono e poi mi dissero di fuggire velocemente».