di Ilaria Myr
“Le etichette alimentari di Israele e l’Ue. Poveri consumatori…”. Questo il titolo di un comunicato stampa divulgato dall’ADUC-Associazione Diritti degli Utenti e dei Consumatori, che porta un punto di vista particolare e interessante sulla decisione dell’UE di etichettare i prodotti provenienti dai territori degli insediamenti in Israele.
“Noi consumatori, cioè quelli che mangiano pompelmi, avocado, kiwi, noccioline e altri prodotti che vengono da quelle parti, siamo abituati a stimarli perché hanno un buon rapporto qualità/prezzo – si legge nel comunicato -. E restiamo perplessi di fronte a simili decisioni. Comprendiamo la logica politica che ha ispirato il legislatore europeo, ma siamo perplessi sulla decisione in sé e dove si potrebbe andare a finire. Esempi ce ne sono a iosa, soprattutto legati a sistemi di produzione e diritti dei lavoratori che non sono conformi a quelli dell’Ue, di Paesi i cui prodotti sono sui nostri mercati: a parte i vari cinesi, per restare in ambito alimentare, chissà con’è la situazione per uva e fagiolini egiziani che sono molto presenti della grande distribuzione… e poi, il prodotto dei prodotti per eccellenza, la benzina che arriva da Paesi della penisola arabica (di recente anche omaggiati dal nostro governo con visita ufficiale) il cui fiore all’occhiello e’ la distruzione della liberta’ e dei diritti umani di cui l’Ue e’ alfiere….. e non ci sembra che ai distributori di benzina ci siano etichette esplicite sulle politiche di questi Paesi….”.
Quindi, la Commissione europea usa un peso e due misure? Scevri da ideologie e partigianerie, ci sembra proprio di sì. Se poi dovessimo scegliere tra il petrolio dell’Arabia Saudita e i pompelmi israeliani, non ce ne voglia nessuna tifoseria, ma e’ evidente che scegliamo i pompelmi.
Per concludere. Della serie: era proprio necessario questo provvedimento? Ecco una cosa che non ci piace dell’Ue… per fortuna ce ne sono tante altre -la maggior parte- che ci piacciono”.