di Rony Hamaui
Dopo il sacrificio di Isacco il Signore promise ad Abramo di rendere “numerosa la sua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova sulla riva del mare” (Genesi 22,17). In effetti, al primo censimento ordinato dal Signore a Mosè dopo l’uscita dall’Egitto, gli ebrei maschi in grado di combattere erano ben 603.550, a cui andavano aggiunti i leviti che non potevano guerreggiare poiché custodi del Tabernacolo (Numeri 1,1-49) Una cifra enorme se raffrontata alla popolazione mondiale di quegli anni. Quarant’anni dopo, alla vigilia della conquista della terra d’Israele gli ebrei sopra i vent’anni si erano ridotti a 601.730, dato che nel frattempo molti di essi non si erano comportati in maniera esemplare ed erano stati puniti (Numeri 26, 1-65).
Oggi i più recenti censimenti ci dicono che gli ebrei nel mondo, entità non facile da definire, sono poco meno di 14 milioni, circa lo 0,2% della popolazione mondiale. Nel complesso crescono pochissimo, dello 0,65% all’anno (ovvero, di poco più di circa 88.000 unità all’anno), contro un tasso d’incremento della popolazione mondiale circa del doppio. Per la verità a crescere sono solo gli ebrei che vivono in Israele, che a dicembre, per la prima volta, hanno superato la cifra simbolica di 6 milioni, giacché quelli nella diaspora sono in costante riduzione. Così, oggi, il 43% degli ebrei vive in Israele, il 39% negli Stati Uniti ed il 9,5% in Europa. Più in generale quasi la totalità degli ebrei vive nei grossi centri urbani dei paesi più avanzati, mentre oramai sono pochissimi quelli che risiedono in paesi in via di sviluppo. Senza considerare le città israeliane, le città con il maggior numero di ebrei sono New York (2.099.000), Los Angeles (688.000), San Francisco (345.700), Washington (322.900), Boston (295.700), Chicago (329.700), Parigi (284.000), Philadelphia (280.000), Londra (195.000) e Toronto (180.000). In Russia, che solo pochi anni fa contava oltre 3 milioni di ebrei, sono rimasti invece solo 276.000 ebrei: la fortissima immigrazione verso Israele e l’altrettanto forte processo di assimilazione spiegano questa riduzione. I matrimoni misti sono oltre il 75% contro una media americana del 50%, che peraltro è in costante crescita.
Queste sono alcune delle importanti conclusioni dell’ultimo rapporto demografico American Jewish Year Book, che da oltre un secolo fornisce il quadro più completo non solo dell’ebraismo americano, ma anche di quello internazionale grazie alla collaborazione di numerose università Usa e mondiali. Un altro recente lavoro del prestigioso PEW Research Center di Washington, intitolato “The Global Religious Landscape”, che guarda alla demografia religiosa di 230 paesi del mondo, ci ricorda che mentre i tre quarti della popolazione del mondo vive in paesi in cui il proprio gruppo religioso è maggioritario, per gli ebrei questo non succede, anche se questa “anomalia” si sta via via ridimensionando. Più interessante è tuttavia l’osservazione che l’età media degli ebrei (36 anni) è più alta di quella di tutti gli altri gruppi religiosi. In particolare gli ebrei sono mediamente 12 anni più vecchi dei musulmani e 6 più dei cristiani. Questa regolarità è per altro vera sotto ogni latitudine, giacché gli ebrei americani sono mediamente più vecchi della totalità degli americani, gli ebrei europei più vecchi degli europei e così via. Insomma: dimmi quanti siete e ti dirò chi sei: in questo breve resoconto dell’ebraismo mondiale, altre due interessanti informazioni si ricavano dal sito del PEW. Alle ultime elezioni americane di novembre, 33 membri del Congresso (Camera+Senato), sono risultati ebrei, 6 in meno di quelli dell’ultima legislatura, ma comunque il triplo del peso degli ebrei sul totale della popolazione americana (2%). Tutti gli eletti meno uno sono democratici, a conferma che anche questa volta, nonostante le posizioni repubblicane fossero più vicine al governo israeliano di quelle democratiche, gli ebrei americani rimangono largamente progressisti. La seconda osservazione è che, contrariamente a quanto generalmente ipotizzato, la crisi economica che ha colpito l’economia mondiale non ha portato ad un aumento della religiosità della gente almeno in termini di partecipazione alle cerimonie religiose.
Che dire, infine, dell’ebraismo italiano? Nell’attesa che il 20 di maggio a Milano i professori Enzo Campelli e Sergio Della Pergola, ci raccontino qualcosa di interessante su “Dove va l’ebraismo italiano”, sarebbe bello che ogni anno l’Unione o le sue due principali Comunità di Milano e Roma presentassero, accanto ai bilanci economici, un seppure breve rapporto, che ci aiutino a capire quanti siamo, chi siamo e dove andiamo. Si perché no, un Italian Jewish Year Book a cui collaborino le migliori intelligenze.
In fondo “Il Signore parlò a Mosè nel deserto di Sinai, nella tenda della radunanza,…..dicendo «Contate le persone di tutta la comunità dei figli d’Israele secondo le famiglie e le case paterne enumerandole per nome…» (Numeri 1,1-2)