Il campo di sterminio di Sajmiste, nei pressi di Belgrado, quello che era il vecchio polo fieristico, sembra trascurato e dimenticato. Il luogo in cui più di 7000 ebrei morirono durante la Shoah, non è nemmeno considerato un Memoriale. Oggi ci sono appartamenti, bar, ristoranti… La situazione è così allarmante che l’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance) ha messo Sajmiste sulla sua lista di priorità come i siti dell’Olocausto in via di estinzione. Lo riporta l’EJP.
“La memoria storica di ciò che è accaduto nella Shoah a Belgrado è in estremo pericolo”, dice Yasha Alfandari, Presidente della Comunità ebraica di Montenegro.
Il 23 gennaio Alfandary e il dottor Haris Dajc vice presidente della Comunità ebraica di Belgrado saranno a Bruxelles per cercare di convincere i leader dell’UE per rendere il campo di sterminio di Sajmiste, un sito storico e Memoriale dell’Olocausto.
Incontreranno Věra Jourová, il commissario europeo per la Giustizia, Katharina von Schnurbein, coordinatore speciale dell’UE in materia di lotta all’antisemitismo, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, Alex Benjamin, il direttore dell’EIPA e il rabbino Menachem Margolin, il direttore generale della EJA (Associazione europea ebraica). In un importante evento organizzato da EJA, che si svolgerà nel palazzo EUJB, Alfandari e il Dr. Dajc, avranno l’opportunità di condividere le loro preoccupazioni con tutti gli ambasciatori dell’UE e con l’ambasciatore serbo presso l’Unione Europea in particolare.
“Dopo più di 75 anni vogliamo garantire la serenità e la pace di coloro che furono sterminati nel campo”, spiega Haris Dajc, in un’intervista all’EJP. “Non si tratta solo di Sajmiste ma anche del futuro degli ebrei a Belgrado e in Serbia.”
La storia di Sajmiste come campo di sterminio inizia nell’autunno del 1941, nel momento in cui la popolazione ebraica maschile della Serbia fu annientata dai plotoni di esecuzione del Wermacht.
Il 23 ottobre 1941, le autorità naziste decisero che invece di costruire un nuovo campo, avrebbero convertito la Fiera in un apposito centro di detenzione. Il sito non era una posizione ideale per un campo di concentramento data la sua vicinanza al centro della città, ma i funzionari erano a corto di tempo e di idee, e i grandi padiglioni vuoti erano una soluzione al loro problema.
Nel maggio 1942, non c’erano più ebrei da essere uccisi.
Tuttavia, quasi nulla è stato fatto per conservare l’area e oggi Staro Sajmište è in pessime condizioni. La ragione principale di ciò è una questione relativa alla proprietà. “In questo momento c’è un ristorante popolare nell’ex padiglione turco, che funzionava sia come doccia che obitorio improvvisato – afferma Dajc -. Al posto dell’ospedale ebraico dove Hilda Dajc lavorava come infermiera oggi c’è una palestra. Alcuni negozi, venditori di libri, e club popolari. Ciò che è più bizzarro è che si tratta di poche centinaia di metri di distanza dall’Hotel Regency Hyatt e la zona commerciale più popolare di Belgrado. Tra 10-15 anni non ci sarà alcuna prova di ciò che accadde e alcuna prova della nostra storia. Il modello è semplice; prima tutte le vittime sono messi insieme, poi le vittime ebree sono meno visibili e nella fase finale che si finiscono per essere dimenticati”.
Oggi vivono in Serbia 3000 ebrei, la metà nella capitale Belgrado, degli 82.000 che vivevano in Jugoslavia all’inizio della Seconda Guerra Mondiale.