di Ilaria Myr
Il risultato di Alternative für Deutschland (Afd) alle ultime elezioni ha suscitato non poche preoccupazioni sia nel mondo politico che in quello ebraico internazionale. Xenofobo e populista, ha raccolto il voto di protesta contro l’immigrazione, la crisi economica e tutti gli aspetti problematici della globalizzazione che da anni hanno portato in tutta Europa alla nascita – con i dovuti distinguo a seconda dei paesi – di movimenti populisti, spesso nazionalisti, fortemente critici contro l’establishment. (Nella foto i due co-leader Alice Weidel e Alexander Gauland).
Quella che ha votato Afd è una parte di popolazione che si sente abbandonata, che non riesce a stare al passo con le sfide imposte da un mondo che cambia velocemente e frequentemente. Una popolazione che vede una minaccia nell’Euro, nell’immigrazione e nella sfide poste dalla digitalizzazione. (Vedi anche l’interessante profilo che ne fa La Stampa).
I dati parlano chiaro: con il 13% dei voti, l’Afd ha sottratto più di 1 milione di voti alla Cdu della Merkel, 500.000 al Spd di Schulz, e più di 500.000 alla sinistra radicale di Die Linke, mentre più di 1 milione provengono dalla galassia dell’astensionismo. Con questi risultati si guadagna 94 voti al Bundestag, diventando di fatto il secondo partito all’opposizione dopo il Spd.
«L’Afd è un nuovo partito xenofobo populista e neoliberista fondato nel 2013 da diversi intellettuali, alcuni accademici – spiega a Mosaico Elia Rosati, storico, collaboratore della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano, nonché esperto conoscitore del mondo delle destre del vecchio Continente -. Di fatto è la nuova destra tedesca, una destra “in doppiopetto”, che non può essere definita come fascista: è una realtà completamente nuova che non ha una storia lunga e che nasce dal voto di protesta».
Agli intellettuali si affiancano molti delusi dell’est, dalle posizioni dichiaratamente xenofobe, che rendono il partito una formazione molto complessa, che attira sia i voti di intellettuali in doppiopetto, che del sottoproletariato della ex RDT, impoverito e arrabbiato. In questo quadro va vista la recente uscita di Frauke Petry, eletta nel potente Land della Sassonia dell’est che, secondo quanto riportato dai media, si opponeva da tempo alle frange più estremiste e antisemite presenti nel partito e che ha deciso di andare da sola nel Bundestag dopo l’uscita di Alexander Gauland su Israele.
Ma chi sono gli elettori di questo nuovo partito? E perché solo oggi diventa così forte?
«Sono intellettuali dell’ovest, ma anche molti tedeschi delusi, arrabbiati e impoveriti, soprattutto delle regioni orientali del Paese, che trovano nell’Afd un fulcro catalizzatore contro dei “nemici”: l’Unione Europea, Angela Merkel, la crisi, l’euro…. Fino a oggi il quadro in Germania era rimasto stabile, contrariamente a quanto avviene già da qualche anno in altri Paesi europei: ma ora l’attualità europea, con i temi dell’indebitamento, l’impoverimento e la prospettiva del futuro diventano per molti tedeschi, soprattutto nell’ex Germania dell’est, una priorità. Per questo motivo queste elezioni costituiscono un grosso scossone alla politica tedesca e impongono un importante cambio di rotta e l’ascesa di volti nuovi».
C’è un effettivo pericolo nell’ingresso di questo partito in Parlamento?
Essendo una realtà nuiovo è difficile prevedere cosa succederà. Sicuramente si deve capire come si comporterà con le altre destre e se la sua presenza in Parlamento non possa legittimare comportamenti peggiori di formazioni di destra più pericolose. Sicuramente esiste il pericolo che diventi un “ombrello”, un centro catalizzatore di tutte le forze di destra, comprese quelle più estremiste, come è successo in Italia negli anni ’90. Il risultato sarebbe, come da noi, una maggiore inattività e legittimazione nei confronti di episodi e dichiarazioni di stampo fascista e neonazista.
E l’antisemitismo? Hanno ragione gli ebrei d’Europa ad avere paura dopo queste elezioni?
Una premessa: in Germania l’espressione di sentimenti antisemiti e negazionisti è perseguibile per legge, quindi non sono possibili gli “scivoloni” che avvengono per esempio in Italia. Un’altra considerazione importante è che in Germania avviene un fenomeno contrario a quello che succede in altri Paesi d’Europa: qui l’estrema sinistra ha una frangia anti-nazionalista e solidarizza spesso con Israele, mentre l’estrema destra è fortemente filo-palestinese. Inoltre, questa è una destra “in doppiopetto”, legata al mondo finanziario: quindi non suscettibile alle tematiche del complottismo ebraico nell’economia.
Detto questo, all’interno dell’Afd vi sono esponenti – primo fra tutti Alexander Gaudel, co-leader insieme ad Alice Weidel – che sostengono che la Shoah e la seconda guerra mondiale siano argomenti utilizzati per bloccare lo sviluppo della Germania futura. Un passato, insomma, ingombrante, che impedisce di guardare al futuro. Questi sono argini che se vengono stuzzicati possono essere pericolosi: è una banalizzazione che può avere sviluppi. Si deve stare attenti.