Le voci e i volti di un’identità allo specchio

Personaggi e Storie

di Paolo Castellano, Davide Foa, Marina Gersony, Carlotta Jarach, Stefania Milani, Naomi Stern, Roberto Zadik

 

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Un’occasione di confronto per milioni di persone su una questione clou: il nutrimento, il cibo. Ma anche un’opportunità per presentare ai visitatori la ricchezza di una cultura millennaria, quella ebraica, radicata ininterrottamente nel Belpaese, dai tempi di Giulio Cesare. Questo sarà l’Expo 2015 secondo alcuni protagonisti del mondo ebraico milanese e italiano. A loro abbiamo posto due domande: in che modo ti senti ebreo?, quale jewishness, ebraicità, senti più tua? Pensi che Expo possa davvero essere un’occasione per far conoscere il patrimonio ebraico, anche sul tema del cibo? Ecco le loro risposte.

Haim Baharier Filosofo, matematico e studioso di Torà
«Se dovessi riassumere in una frase ciò che significa per me essere ebreo direi che io sono ebreo nei miei modi di incarnare la mia volontà. Expo ha come centro il cibo, ma non solo inteso come alimento e nutrizione, ma soprattutto come nutrimento psicologico intellettuale e spirituale. Sono scettico quando ci si chiede se possiamo con Expo far conoscere cos’è l’ebraismo, perché l’ebraismo non è né oggetto né conoscenza, semmai oggetto di conoscenza. Expo potrà essere, perché no, una buona opportunità per incarnare l’identità che è l’ebraismo. Sono due le regole principali nella kashrut ebraica: non mischiare carne e latte e cibarsi solo di carne di animali ruminanti e con l’unghia scissa. Queste indicazioni hanno un altissimo valore e significato, e mostrano il legame tra il cibo come alimento e il cibo per la mente. Non cucinerai il capretto nel latte di sua madre, perché il latte serve a nutrire il figlio, non a ucciderlo. È cucina intellettuale. E ancora, solo l’animale con l’unghia scissa può poggiare l’intera zampa a terra, camminando in modo stabile e deciso: solo colui che prende coscienza che la vita è divisa in due, ed è una scelta, camminerà saldamente. L’essere ruminante è sintomo di riflessione, ruminare, appunto: per la bestia è fisiologica, per noi è spirituale».

Riccardo Calimani Storico e scrittore
«Dopo aver scrito circa 20 volumi dedicati al mondo ebraico, tra cui una Storia degli ebrei italiani (Mondadori), penso che ormai si sia capito come vivo la mia identità. Credo che essere ebreo non stia a significare soltanto un’origine, ma piuttosto un’esperienza di vita. Oggi, nel mondo globale, non ci si può più permettere di vivere con gli occhi chiusi.
E quindi, in tal senso, essere ebrei vuol dire ricordare il passato, vivere il presente e sperare nel futuro. L’Expo è certo una buona idea per farsi conoscere.
Ma affinché un messaggio di divulgazione risulti efficace, questo dovrà essere positivo, coerente con l’insieme, fortemente identitario e fortemente cosmopolita. Altrimenti si rischia di farlo diventare lo strillo in un’orchestra che suona tutt’altra musica».

Gheula Canarutto Scrittrice
«Siamo la presenza culturale e religiosa più antica d’Italia e forse di tutta la Diaspora. Ma quasi nessuno lo sa. Quando ti senti dire “tornatene al tuo Paese”, io dovrei al massimo farmi qualche chilometro a sud, verso la Puglia, dove nel 1300 stavano i miei antenati. Come affrontare l’Expo? Facendoci conoscere, raccontando chi siamo, da dove veniamo e come abbiamo contribuito alla grandezza del Paese in cui viviamo. Col movimento Chabad stiamo lavorando sul Milan Jewish Center: un luogo per ogni ebreo e per ogni persona che voglia sapere cosa siano l’ebraismo e la cultura ebraica. Il mio essere ebrea è ben sintetizzato in queste parole di Rav Hillel: “Se non sarò io per me, chi sarà per me?, ma quando sono per me, che cosa sono?, e se non ora quando?”».

Rav Roberto Della Rocca
Direttore del Dipartimento Educazione e Cultura Unione Comunità Ebraiche Italia
«L’ebreo sfugge ad ogni definizione perché è la sua stessa sostanza a rifiutare ogni etichetta o, meglio, un qualunque schema di classificazione con cui lo si vuole imbrigliare. L’ebraicità non è un concetto, una voce del vocabolario: è una realtà umana, un processo di esperienza sostenuta da una Storia con una sua fisionomia precisa e una sua logica. Cosa mi fa sentire più ebreo? Innanzitutto, il continuo uso della cultura ebraica in modo specifico. È molto importante portare il nostro contributo ebraico specifico nella società civile. Noi ebrei siamo testimoni di una cultura di minoranza che vive e che lotta affinchè ci siano sempre altre culture di minoranza. Dobbiamo essere presenti in modo proattivo in ogni occasione di crescita culturale, sociale ed economica della società in cui viviamo, senza mai rinunciare alla nostra specificità. Per Expo, contribuirò con interventi e convegni sugli aspetti religiosi e culturali della alimentazione e della kashrut».

Emanuele Fiano
Deputato PD, membro della Commissione
trasporti, poste, telecomunicazioni e del Comitato parlamentare sicurezza della Repubblica
«L’Expo è sicuramente una vetrina, e un incrocio tra popoli, di una grandissima importanza, un’opportunità straordinaria per trasmettere la cultura ebraica. Sicuramente ci saranno delle contestazioni: i nemici di Israele non aspettano nient’altro che l’occasione per attaccarlo sotto il profilo politico. Ma, come faremo anche noi, Israele cercherà di veicolare il prodotto della sua eccellenza, gli sforzi della sua ricerca, la capacità di innovazione. Sarà compito delle forze dell’ordine – lo faranno egregiamente – difendere quel Padiglione e permetterne la fruizione da parte dei visitatori.
Per far conoscere al meglio la nostra città, è necessaria un’organizzazione che veicoli i turisti verso il patrimonio culturale milanese. Per i visitatori, è un’occasione straordinaria per vedere luoghi come il Memoriale della Shoah, il cui scopo è quello di far capire, de visu, i meccanismi della deportazione. Far conoscere è il miglior antidoto all’ignoranza e per combattere il pregiudizio. Come vivo l’identità ebraica? In modo integrato, sfaccettato: è l’appartenenza ad un popolo, ma anche a una religione, tradizione, storia, qualcosa di personale e, allo stesso tempo, di oggettivo e universale».

Andrea Jarach  Editore della Proedi
«La Jewishness è per me appartenere ad una tradizione, non per forza legata all’ortoprassi religiosa: questo mi porta a identificare il mio ebraismo con il Sionismo, in modo totale. Riguardo a Expo, sono convinto che rappresenti un’opportunità per far conoscere l’immenso patrimonio dell’ebraismo italiano, che è prima di tutto storia. Abbiamo secolari e solide radici, siamo parte integrante di questo Paese: in Italia, ebraismo e società civile si sono reciprocamente influenzate, mescolandosi in maniera interdipendente, al di là di ghettizzazioni di sorta. Il pensiero scientifico e artistico italiano deve molto agli ebrei e, viceversa, senza l’Italia noi non saremmo ciò che siamo. Questo è un Paese in cui, da ebrei, si vive bene, a differenza di altri. Expo è per noi fondamentale: il Gruppo Proedi, di cui sono presidente, si occupa di Where Italia, una guida mensile in inglese di Milano».
Stefano Jesurum Giornalista, scrittore
«Raccontare l’ebraismo italiano (pensiero, cultura, fede e tradizioni) a chi arriverà a Milano da ogni parte del mondo per Expo, oltre che una gioia dovrebbe essere un impegno tassativo. Personalmente cercherò di sopravvivere all’impatto dei visitatori che spero sia oltre ogni previsione!».

Orna Nofarber Schetzen
Imprenditrice, ex direttore generale
e AD Estée Lauder Italia
«La mia identità ebraica? Un profondo senso di responsabilità collettiva e individuale nei confronti della Vita, accompagnato, in ogni circostanza, da saggezza e umanità. Essendo Expo legata all’alimentazione, è facile declinare le radici multietniche del mondo ebraico attraverso la storia della nostra cultura del cibo: ricca di sapori e sfaccettature, con, al centro, le tradizioni vissute in famiglia. Per tornare a Expo, sarò orgogliosa di vedere Israele rappresentata decorosamente, in modo da sottolineare le sue aree di eccellenza».

Alberto Saravalle
Avvocato e professore di Diritto dell’Unione Europea presso l’Università di Padova
«La consapevolezza della mia identità ebraica – i miei antenati sono stati, per secoli, rabbini e studiosi del Talmud a Venezia -, è stata un punto fermo della ricerca personale di tutta una vita. Mi ha anche aiutato a contrastare ogni forma di discriminazione. Quando si pensa all’ebraismo in Italia, si fa riferimento ai ghetti di Roma e Venezia. Ma gli stranieri sono spesso sorpresi dall’antichissima presenza di comunità ebraiche che meritano di essere conosciute per la loro grandezza. Expo? È solo l’inizio di qualcosa di grande».

Madelyn Renée Cantante lirica
«Sono nata Levy, in una famiglia askenazita, a Boston. La Jewishness è un’importante componente della mia identità e ne sono sempre stata fiera. E poi adoro, il Jewish sense of humor! Circa il tema Expo, “nutrire il pianeta”, credo che ci riguardi tutti, parlo della redistribuzione del cibo nel mondo. Israele ha raccolto la sfida sviluppando tecnologie di coltivazione e gestione dell’acqua che hanno trasformato l’arido deserto in un successo, in termini agronomici. Nella tradizione ebraica c’è sempre stata una spinta a osare che si traduce in nuove opportunità di sviluppo, che spesso servono a sostenere i più poveri e disagiati. Per Expo ho in programma un recital in settembre: canterò la grande musica dei compositori di origine ebraica: Mendelssohn, Bernstein, Meyerbeer, Mahler».

Andrée Ruth Shammah
Artista, regista teatrale, manager
«Il mio modo di esprimere l’identità ebraica? È l’orgoglio di appartenere ad un popolo, è l’eredità che questo comporta. Credo fermamente nel valore dell’energia, intesa come stimolo a non fermarsi mai; Expo è l’occasione per parlare del rapporto tra ebraismo e cibo, e noi ebrei abbiamo molto da dire su questo. Di Expo mi interessa la spinta, l’atmosfera che si respira: di innovazione e voglia di fare. Tra l’altro, per Expo, la Fondazione Pier Lombardo ha riqualificato il Centro Balneare Caimi, ricongiungendo così il Teatro agli spazi esterni delle piscine e del campo da tennis».

Myriam Volterra Imprenditrice
nel settore Luxury and Fashion
«Riscopro la mia identità ebraica ogni volta che viaggio, ma soprattutto quando incontro altri ebrei con cui condivido un profondo senso di appartenenza. Quanto a Expo, la gente potrà scoprire il rito religioso ebraico italiano in tutte le sue forme, un ponte tra le tradizioni askenazite e quelle sefardite: un rito affascinante e spesso poco conosciuto. Il mio contributo a Expo? E’ frutto di un’intuizione: sulla base della mia esperienza nel campo del lusso e della moda, ho inventato una società di Luxury conciegerie e Luxury personal shopper con uno staff multilingue e altamente qualificato, operativo 24 ore su 24».

Nina Yashar Galleria Nilufar
«Per me essere ebrea è un modo peculiare di affrontare la vita e i problemi. Vuol dire mettere ogni cosa in dubbio, scavare in profondità. Vuol dire non accontentarsi mai. Quanto all’Expo, aprirò un nuovo magazzino in via Lancetti, zona Bovisa, con la mia collezione al completo resa disponibile al pubblico, per la prima volta. Così da mostrare più pezzi di quelli già esposti in Galleria (Nilufar, via della Spiga)».

Gabriele Nissim
scrittore e fondatore di Gariwo e del Giardino dei Giusti
«Expo è un’occasione per valorizzare il Memoriale della Shoah, alla Stazione Centrale: infatti è l’unico Memoriale europeo dove si vede fisicamente il luogo da dove partivano i treni verso i Auschwitz e che rende benissimo l’idea di quello che succedeva 70 anni fa. Expo è anche un modo per valorizzare il Giardino dei Giusti, di cui sono Presidente, come Gariwo. Cos’è per me l’identità ebraica? Nonostante mi senta cittadino del mondo, ha sempre avuto per me una grande importanza. Mi ha insegnato a pensare con la mia testa, a non omologarmi al sentire comune. Certamente lo devo alla mia famiglia e del resto gli ebrei lo hanno sempre fatto, contro i pregiudizi del mondo circostante. Al Padiglione Armenia, presento il mio libro Lettera a Hitler (Mondadori), che narra della figura di un Giusto tra le Nazioni come Armin Wegner, un tedesco sposato con Lola Landau, ebrea, personaggio coraggioso che prima cercò di combattere il Male contro gli ebrei e poi si battè contro il massacro degli armeni. Divenne ambasciatore di entrambe le cause, spiegando l’universalità del Bene e del rispetto fra culture e popoli».

Barbara Nachmad Artista
«Expo è un’opportunità per presentarsi al mondo con la nostra doppia realtà identitaria, di ebrei italiani e di milanesi. Nei prossimi mesi ci saranno due iniziative importanti legate al discorso identitario: l’Accademia di Brera e il Memoriale della Shoah ospiteranno la mostra sul grande pittore Alberto Carpi che negli anni Trenta fu direttore dell’Accademia, prima della tragedia delle Leggi razziali. Fervente antifascista, legato alle proprie radici ebraiche, Carpi, finì in campo di concentramento a Gusen e poi venne dimenticato, nonostante il valore artistico delle sue opere e il suo impegno per Milano. Poi, dal 12 giugno, a Como, la mostra “Como 2015”, con quadri provenienti da Tel Aviv. La mia identità ebraica? È legata a doppio filo alla mia ossatura morale, mi tiene in piedi per affrontare il futuro. Senza di essa questo non esisterebbe».

Massimo Kaufmann Pittore e artista
«La mia identità ebraica? Per me è qualcosa di molto forte e complesso, che supera qualsiasi altra cosa. La chiave di tutto sta nella metempsicosi, nel cammino delle nostre anime verso quelle dei nostri antenati. La mia identità non si limita alla mia famiglia, alla Shoah, ma cerco di viverla in maniera più aperta possibile, senza appartenere a nessuna comunità. In Expo, sono coinvolto con due mostre, una alla Fabbrica del Vapore (fine maggio), con due miei dipinti e poi anche alla Galleria Colombo. Da settembre a ottobre, sarò con una mostra che ha un titolo che mi ha molto divertito, L’arrivo degli artisti extraterrestri a Milano e prende ispirazione dal racconto del grande Dino Buzzati. La mostra si svolgerà a Palazzo Cusani, per un mese e mezzo».